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I pomodori secchi in 15 ricette

I pomodori secchi in 15 ricette

Profumati e dal gusto intenso, sono un ingrediente molto versatile che potete utilizzare per insaporire verdure, sughi, pesci o creme

Rossi, profumati e dal gusto pieno: i pomodori sono l’essenza dell’estate, l’ingrediente che dà sapore a tutto, il tocco insostituibile di ogni insalata. Ancora di più se fatti essiccare e utilizzati per insaporire una crema, un mix di verdure, o come ingrediente di un pesto. I pomodori secchi si prestano a mille utilizzi e sono un modo per prolungare nel tempo la piacevolezza di questo frutto della natura.

Pomodori secchi: come si preparano

Sui banchi dei mercati trovate sempre grandi ceste ricolme di pomodori secchi ma se volete prepararli a casa procuratevi 1 kg di San Marzano o ciliegini, come preferite, 250 g di sale grosso e un vassoio dove poterli lasciare successivamente. Lavateli e poi tagliateli a metà per la lunghezza. Distribuiteli sulla leccarda ricoperta da carta da forno con la parte tagliata rivolta verso l’alto. Cospargeteli di sale e infornateli a 100° per circa 8 ore. Trascorso metà tempo girateli e poi lasciateli essiccare ancora nel forno. Una volta pronti, toglieteli, lavateli in acqua e aceto e poi asciugateli lasciandoli distesi per un giorno intero su un vassoio, meglio se al sole. Una volta asciutti, potete chiuderli in un contenitore ermetico e utilizzarli all’occorrenza.

Se preferite, potete metteri i pomodorini sott’olio in un barattolo, aggiungendo foglioline di basilico e spicchi di aglio. Sistemateli in un barattolo precedentemente sterilizzato, pressateli bene perché non rimangano bolle di aria, versate l’olio e richiudete. A questo punto passate alla bollitura dei vasetti, lasciandoli in acqua bollente per circa 30 minuti. Se utilizzate barattoli con tappi a vite, una volta che questi si saranno raffreddati, verificate se il sottovuoto è avvenuto correttamente: potete premere al centro del tappo e, se non sentirete il classico “click-clack”, il sottovuoto sarà avvenuto.

15 ricette con i pomodori secchi

Come gustare i vostri pomodori secchi? Ecco dal nostro archivio 15 idee.

Sfogliate la gallery per scoprirle tutte!

Il gazpacho e cinque insolite varianti

Il gazpacho e cinque insolite varianti

La zuppa fredda più famosa al mondo: noi ve la proponiamo con avocado, con mandorle, alla barbabietola, all’anguria e al melone

Chi ha detto che le zuppe non si possono mangiare anche d’estate?
Avete mai sentito parlare del gazpacho? Si tratta di una zuppa tipicamente spagnola a base di verdure. Si mangia rigorosamente fredda e anzi qualcuno suggerisce nelle giornate più calde di servirla con cubetti di ghiaccio.

Il bello del gazpacho è che potete prepararlo davvero in pochi minuti perché gli ingredienti sono tutti crudi e potete servirlo in mono-porzioni o all’interno di una zuppiera o di una grande insalatiera.
Potete berlo in un bicchiere o assaporarlo con il cucchiaio e potete decidere che sapore e che consistenza dargli a seconda del vostro gusto.
Potete poi decorarlo con crostini di pane tostato o coriandoli di verdure crude, le stesse che avete frullato.

La ricetta del gazpacho

Gli ingredienti del gazpacho sono 600 g di pomodori rossi non troppo maturi, 2 peperoni rossi e verdi, 2 cipolle, 1 spicchio d’aglio, 2 cetrioli piccoli, 1 limone, 1 ciuffo di prezzemolo, olio extravergine d’oliva extravergine, sale, pepe.
Tritate finemente aglio e cipolla. Aggiungete i peperoni, i cetrioli a fettine, i pomodori sbucciati, un po’ di succo di limone, sale, pepe, il prezzemolo e mezzo bicchiere di olio e frullate ancora fino a che il composto non diventa cremoso.
Lasciate raffreddare in frigorifero per un paio di ore e poi servite con olio crudo e crostini di pane.

I consigli per prepararlo

Se desiderate una consistenza più densa un gusto meno intenso di verdure crude, aggiungete del pane ammollato in acqua e aceto e ben strizzato e frullatelo con il resto. In molti preferiscono questa versione.

Il gazpacho si conserva in frigorifero ben coperto per un massimo di tre giorni.

Per evitare che il gazpacho sia indigesto mondate e strofinate i cetrioli utilizzando il loro cappuccio ed eliminate la schiumata bianca.

Eliminate anche la pelle del peperone se non riuscite a digerirla.

Servite il gazpacho con dei cubetti di ghiaccio quando fa molto caldo, ma poi consumatelo subito altrimenti il ghiaccio si scioglierà alterando il sapore del piatto.

Se volete rendere diverso dal solito il vostro gazpacho ecco 5 alternative molto gustose: sfogliate il tutorial!

In Veneto tra le Ville del Palladio che ispirarono la Casa Bianca

In Veneto tra le Ville del Palladio che ispirarono la Casa Bianca

La più famosa è La Rotonda, ma tante sono le ville nobiliari che meritano una visita tra Padova e Vicenza. Da girare anche pedalando tra i vigneti

Sono tante, una più bella dell’altra e si fa davvero fatica a scegliere quale visitare. Parliamo delle Ville Palladiane del Veneto, patrimonio Unesco dal 1996, e tra i tesori più o meno nascosti del nostro Paese. La mano – o per meglio dire la testa – che le ha progettate nella maggior parte dei casi è la stessa (Palladio appunto), l’epoca in cui sono state costruite anche, eppure queste dimore sono molto diverse tra di loro, e risultano ognuna unica e speciale a modo suo.

Ci troviamo a pochi chilometri da Venezia, in un fortunato (tri)angolo di campagna padana tra Vicenza, Padova e Treviso, dove vigne e terra fanno l’amore per regalare al mondo il loro vino migliore. Qui, in un periodo di pace e di grande ricchezza (per alcuni), i nobili veneti del Rinascimento fecero edificare dimore di rappresentanza, presso cui sovrintendere al lavoro estivo nei campi. Colui che per primo ebbe il guizzo fu Andrea Palladio (Padova, 1508 – Maser, 1580), architetto ufficiale della Serenissima, a cui si deve l’invenzione della villa aperta come la conosciamo oggi. «Nel ‘500 non c’erano più le guerre che avevano caratterizzato il tempo precedente, il castello per difendersi non serviva più e la villa dava proprio l’idea di una struttura aperta al mondo e perfettamente integrata nel contesto naturalistico e paesaggistico circostante», spiega Tiziana Spinelli, segretaria della Fondazione La Rotonda, cui fa capo una delle ville più famose.

Villa La Rotonda

Venne eretta tra il 1560 e il 1565 e in realtà non si chiama così, bensì Villa Almerico Capra, come il cognome dei suoi primi proprietari: Paolo Almerico, il fondatore, e i marchesi Capra, a cui il figlio di Almerico vendette tutto dopo aver sperperato l’intero patrimonio di famiglia. L’appellativo più famoso lo deve alla forma circolare della cupola (e non solo di quella), che richiama chiaramente il Pantheon di Roma, di cui imita anche il buco alla sommità, ma anche il colle di San Sebastiano che la sovrasta. Tutto, per Palladio, doveva essere infatti armonioso e conforme alle regole e alla geometria, proprio come lo era stato per i greci e per i romani, da cui riprese anche le colonne e i timpani degli antichi templi. A sua volta, però, anche Palladio fu ripreso, addirittura esportato: la Casa Bianca con il lungo colonnato è ispirata proprio alle sue ville, così come il Campidoglio, sede del Congresso americano, che evoca le linee di La Rotonda. Fu il terzo presidente degli Stati Uniti Thomas Jefferson a prendere spunto dal Palladio per dare (anche) alla sua nazione una connotazione artistica, bella e culturale.

Oggi Villa La Rotonda appartiene ai conti Valmarana, che ogni tanto – beati! – trascorrono a palazzo i weekend. Curiosità: proprio come nel Rinascimento quando la villa era solo una dimora di rappresentanza, a La Rotonda il mobilio si scopre a metà marzo, «e a metà novembre si ricopre», racconta Tiziana Spinelli. Tra marzo e novembre, la struttura è aperta al pubblico tutti i venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18, e solo le visite guidate sono da prenotare.

Villa Valmarana “ai Nani”

È vicinissima a La Rotonda, ci si arriva attraversando la strada in pochi metri. Come suggerisce già il nome, anche questa appartiene ai conti Vismara e prende l’appellativo ai Nani per via delle statue di nani poste sul suo muro di cinta. Risale al Diciassettesimo secolo ed è opera dell’architetto Francesco Muttoni. Si narra che la figlia degli antichi proprietari, Layana, fosse nata piccolina e loro, per non farla sentire inferiore, decisero di costruirle attorno un mondo altrettanto piccolo, fatto di servitori ad altezza contenuta, barchesse mignon (ossia gli ambienti di servizio tipici di queste ville) e, appunto, nani di pietra. La storia fin qui è molto tenera, poi cambia registro e si trasforma in tragedia: la piccola s’innamora di un ragazzo alto, scopre che il mondo non è piccolo come lei e si toglie la vita. Sigh.

La Villa è formata da tre edifici – palazzina (1669), foresteria e scuderia (1720) – situati in un grande parco con giardino all’italiana e costruito in maniera perfettamente simmetrica. Qui, l’elemento di maggiore interesse è dato dagli affreschi di Giambattista e Giandomenico Tiepolo, chiamati nel 1757 dal proprietario Giustino Valmarana a decorare la palazzina e la foresteria. Villa Valmarana si può visitare tutte le domeniche alle 10:30 e alle 11:30 e, in questo caso, si consiglia di prenotare.

La Malcontenta

Torniamo a Palladio, che la progettò nel 1559, e ci troviamo a Mira, in provincia di Venezia. A rendere speciale questa villa, di proprietà dei Foscari di Venezia (che ne sono ancora oggi i custodi), è soprattutto il contesto naturale in cui si trova, proprio sulle rive del Naviglio del Brenta, che da Palladio fu perfettamente inglobato nella sua architettura. Prima di entrare, bisogna lasciare l’auto nel parcheggio del paese perché qui si arriva rigorosamente a piedi.

Una leggenda narra che la villa debba il soprannome di Malcontenta a una dama misteriosa di casa Foscari, che visse qui da sola per trenta lunghi anni, ma non venne mai vista uscire né affacciarsi dalle finestre. Più prosaicamente, è possibile che il nome derivi dall’espressione Brenta mal contenuta, dato che il fiume straripava spesso.

La villa è aperta tutti i fine settimana dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.30.

Tour in e-bike

Se oltre a visitare queste ville meravigliose desiderate perdervi – per modo di dire – tra stradine e filari, perlopiù ciclabili e pianeggianti, prenotate un’e-bike presso l’agenzia Palladian Routes: ogni bici – ce ne sono a disposizione 120 – è dotata di un Gps integrato che vi guiderà lungo le tappe principali del vostro tour palladiano. A voi non resterà solo che pedalare.

Per dormire

Non sarà stata disegnata dal Palladio, ma è comunque una villa ricca di fascino e storia. Circondata dal verde, è vicina alle uscite dell’autostrada Vicenza Est e Vicenza Ovest ed è un ottima base per tour palladiani, ciclabili ed enogastronomici: La Locanda degli Ulivi, dimora storica del Settecento, ha soltanto 10 camere, e offre un’ospitalità autentica. Oltre che una bella vista sul lago di Fimon.

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