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Store granny: nonna del Sud cercasi per lavoro al ristorante

La Cucina Italiana

Dolci, amorevoli e – non da ultimo – impareggiabili cuoche: chi, se non le nonne? Ora c’è chi ne cerca una particolarmente speciale: una «store granny», cioè una nonna che con la sua sola presenza porti calore e gioia. La cerca un ristorante di Milano, SlowSud, specializzato in cucina siciliana e pugliese, che ha pensato evidentemente mancasse un dettaglio decisivo per portare al nord l’accoglienza che ci fa tanto amare il sud. Una nonna, appunto, come quelle che tra le strade e i vicoli dei paesi e delle città del Meridione si mettono fuori dalla porta di casa con la loro sediolina e trascorrono giornate intere a chiacchierare tra loro e a passare il tempo guardando la strada e salutando i passanti.

Store granny: la novità

Può anche darsi sia una (bella) trovata di marketing dato che la «store granny» sarà la grande novità del secondo locale della catena (in via Luigi Sacco 3), ma l’annuncio è serio: sarà regolarmente assunta. SlowSud lo ha annunciato con un post su Facebook pubblicando peraltro proprio una foto dell’ingresso con un sediolina vuota: «Quella che vedete nell’angolo vuota, non è una sedia come le altre. È la sedia delle nonne del Sud, di quelle che tutto il giorno regalano un saluto ai passanti», ha scritto il locale nel post, spiegando nel dettaglio i requisiti della persona che cerca.

L’annuncio di lavoro

«Per ristorante di cucina meridionale in Milano, stiamo cercando una nonna abilissima a raccontare le nostre ricette “diversamente settentrionali”, in quanto solo una vera nonna meridionale è in grado di trasmettere lo spirito della cucina e l’atmosfera conviviale e genuina delle case del Sud Italia, quando ci si raccoglie tutti con le gambe sotto a un tavolo», recita l’annuncio. E poi elenca i requisiti nel dettaglio: la nonna meridionale deve avere esperienza ultradecennale tra i fornelli domestici, capacità di narrazione del menu e delle tradizioni culinarie del Sud, propensione ad accogliere e sfamare più di 200 nipoti al giorno. Il requisito preferenziale? Buona conoscenza del dialetto. 

Le mansione della store granny

Le mansioni non saranno troppe, complesse o pesanti. D’altronde non sarebbero adatte a una nonna. L’annuncio specifica infatti che la «store granny» non dovrà servire ai tavoli, né lavorare in cucina. Dovrà accogliere i clienti, magari accompagnarli ai tavoli, illustrare il menù in cui ci sono tutte le grandi specialità di Puglia e Sicilia, dalle panelle alla parmigiana passando per Norma e orecchiette alle cime di rapa. Ma soprattutto – unica mansione obbligatoria – la nonna dovrà sorridere. Essere felice, rendendo felici le persone che le sono attorno come solo una nonna può fare.

L’offerta di lavoro

In cambio la nonna potrà sottoscrivere un contratto con retribuzione in linea con quelle del Contratto Nazionale. Per candidarsi basta inviare via messaggio su Facebook oppure via email all’indirizzo storegranny@slowsud.it , entro il 18 giugno 2023, una breve presentazione (possibilmente in video) accompagnata dalla ricetta più amata dai nipoti (possibilmente in dialetto). 

Ricerche frequenti:

i segreti della nonna Riccarda | La Cucina Italiana

i segreti della nonna Riccarda
| La Cucina Italiana

Non penserete che preparare una polenta buona sia una cosa semplice? Secondo Riccarda Boroni, ex magliaia, single per scelta, nonna adottiva dei figli dei suoi cugini, ci sono alcuni segreti per farla perfetta: farina di qualità, paiolo in rame, mestolo di abete e, naturalmente, stufa a legna dove viene meglio perché cuoce direttamente sul fuoco. Facile per Riccarda, che abita a Bocenago, un paesino prima di Pinzolo in Val Rendena, dove la pregiata farina di Storo, ottenuta da pannocchie rosse, si trova in qualunque supermercato, e quasi tutti hanno in casa un paiolo e un bastone di legno per mescolare.

«Quando si addensa, bisogna girare vigorosamente per almeno quarantacinque minuti», spiega la signora. Una volta pronta, si versa su un tagliere e da lì si procede secondo ricetta. Un suo cavallo da battaglia è la polenta cunciada (da non confondere con quella concia): la divide in gnocchetti della dimensione di un cucchiaio, li mette a strati in una zuppiera con tanto formaggio grana in mezzo, e li condisce con abbondante burro fuso e salvia. Non leggerissima, ma squisita. Oppure la serve a fette con crauti, cotechino e pivarada, una crema di pane molto pepata che si fa da quelle parti. «Sa la cosa bella della polenta?», chiede. «Non se ne butta nemmeno una briciola. Quella avanzata si può abbrustolire e mangiare con il formaggio, oppure si rosola in padella con burro e zucchero, tagliata a fettine sottilissime. Una merenda deliziosa». Polenta a parte, Riccarda, depositaria di molte ricette trentine di una volta, è tra le poche che fanno ancora il patùgol, un pasticcio di patate e formaggio tipico delle Valli Giudicarie, e la torta di erbette (del suo orto) con uva sultanina e zucchero a velo, a dimostrare che nella cucina di casa e del riciclo tra dolce e salato non c’è confine.

Polenta buona, cotechino e crauti con la pivarada

«Per la polenta, porto a bollore nel paiolo messo sulla stufa (o in una casseruola con il fondo pesante, ndr) un litro e mezzo scarso di acqua con 1 cucchiaino di sale. Tuffo due farine di mais, una grossa e una fina, 150 grammi per tipo, e intanto mescolo velocemente con una frusta per non creare grumi; cuocio la polenta per 45 minuti circa senza smettere di rimestarla con il bastone o con un cucchiaio di legno. Il cotechino lo bucherello con uno stecchino e lo faccio sobbollire per un’ora e mezza, partendo da acqua fredda, poi cambio l’acqua e lo lesso ancora un’altra ora e mezza tenendo da parte un po’ di quest’ultima acqua. Cuocio i crauti in un soffritto di cipolla e pancetta per tre ore. Per la pivarada, stempero il pangrattato con poca acqua fredda, lo insaporisco con mezzo dado vegetale, un po’ di burro, un mestolino della seconda acqua del cotechino tenuta da parte e pepe macinato, poi la cuocio per 45 minuti e verso la fine aggiungo una bella manciata di grana grattugiato. La consistenza dovrà risultare cremosa, come quella del semolino».

Le ricette della nonna per la stagione invernale

La Cucina Italiana

In inverno la voglia di comfort food è inversamente proporzionale alla temperatura: più la seconda scende, più il desiderio di cibi confortevoli cresce. Le ricette della nonna appagano proprio questo desiderio di calore e intimità. La manualità, la dedizione e l’amore sono sono tre dei mille ingredienti che ogni nonna mette in una ricetta. Ed è proprio questo che permette ai piatti di sprigionare quell’inconfondibile aroma di bene profuso che si respira ogni volta che la “mamma bis” apre il forno, scoperchia la pentola o tira fuori il dolce dal canovaccio.

E poi ci dirà di mangiarlo tutto, che dobbiamo crescere, anche se abbiamo oramai quarant’anni suonati e siamo destinati a crescere solo in larghezza. Ma è bellissimo e soprattutto buonissimo nutrisrsi con un piatto preparato con gusto ed esperienza da chi ci vuole bene. E allora noi, per volerci un po’ di bene, perché non prepariamo ricette d’inverno buone e antiche, best of delle nonne di tutta Italia?

Le ricette della nonna per affrontare l’inverno

Le ricette della nonna

Le ricette della nonna in inverno

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