Banana flambè – Ricetta di Misya
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Aggregatore contenente tutte le ricette andate in onda di Benedetta Parodi da Cotto e Mangiato
Quando le temperature impazziscono, si è alla ricerca della ricetta contro il caldo che ci aiuti a superare la giornata, magari anche a dormire meglio. Questa ricetta che vi propongo oggi è ispirata a un piatto diventato virale su TikTok, un passepartout per l’estate che ha tutte le caratteristiche per diventare imprescindibile in questi mesi di afa senza tregua: è veloce da fare, richiede poco calore, è nutriente, fresca, dolce, leggermente amara e leggermente piccante.
In ogni angolo di mondo dove si sperimentano le quattro stagioni, esiste almeno un piatto associato all’estate. I motivi sono ovvi: il caldo ci rende più inappetenti, ma per vivere dobbiamo mangiare, così è importante che il nostro cibo sia particolarmente funzionale. Nei paesi tropicali, ad esempio, si consumano molte bevande calde e pietanze piccanti, nonostante possa sembrare controintuitivo; in realtà in questo modo si stimola la dilatazione dei vasi periferici, favorendo la dispersione del calore e la sudorazione. Nella medicina cinese, invece, si ritiene che i sapori amari eliminino o purifichino l’eccesso di calore, e la raccomandazione è di consumare alimenti rinfrescanti che nutrono lo Yin (il principio femminile passivo dell’universo) e generano liquidi corporei, riducendo le tossine e mantenendo il corpo fresco.
In Italia abbiamo una pletora di ricette estive, per lo più fredde — per una questione logica e che affonda le radici nei principi dietetici di Galeno, medico greco estremamente influente del II secolo d.C. — e piene di ortaggi, ma questo piatto che vi proponiamo è fusion e siamo sicuri che entrerà subito nel vostro ricettario per i mesi roventi.
La ricetta si ispira, come dicevamo, a un piatto virale di TikTok che non prevede i cetrioli (che abbiamo aggiunto per dare un tocco di freschezza croccante e una punta di amaro) e utilizza i noodles cinesi. Per la mia versione italianizzata ho scelto di utilizzare gli strangozzi, una pasta lunga a sezione rettangolare tipica dell’Umbria e di buona parte del Centro Italia, ma potete scegliere anche le tagliatelline senza uova o, all’occorrenza, gli spaghetti. È velocissima da fare ed è incredibilmente cremosa e rinfrescante.
Quanto ghiaccio si mette in un drink? Ce lo siamo domandati guardando il video su TikTok in cui l’influencer Giulia Salemi chiede al cameriere di portare via il suo cocktail e farne un altro «con più drink e meno ghiaccio». Un video virale, che ha scatenato centinaia di commenti, pro e contro, come sempre. La questione in effetti è spinosa: qual è la differenza tra un cocktail annacquato e un cocktail freddo al punto giusto? Ne abbiamo parlato con Giorgio Facchinetti, flair bartender (cioè specializzato in cocktail preparati con tecniche acrobatiche), consulente di diverse grandi aziende nel settore degli spirit e non solo, che ha anche lavorato con Giulia Salemi in tv.
«Dipende: ci sono cocktail che vanno serviti caldi, altri freddi ma senza ghiaccio e altri full of ice, con un quantitativo di ghiaccio tale da riempire tutto il bicchiere. Per esempio nel Margarita il ghiaccio si usa solo nella preparazione ma non si mette nel bicchiere. Il Martini cocktail, invece, se preparato secondo la procedura classica, va servito in un bicchiere ghiacciato con gin e vodka ghiacciati. Il Negroni, per fare l’ultimo esempio, va stirrato (cioè mixato e mescolato ndr) e poi servito in un bicchiere pieno di ghiaccio per la cosiddetta «diluizione secondaria»: in sostanza il ghiaccio assorbe il calore del cocktail e rilascia acqua in modo da raffreddarlo. Due cubetti non basterebbero: impiegherebbero troppo tempo. Perciò ne serve di più. A mio parere è anche il caso del cocktail protagonista del video in questione: senza tutto quel ghiaccio il drink non si sarebbe raffreddato e non sarebbe stato altrettanto buono. Era necessario».
«Questi cubi si chiamano «chunk», e hanno diversi vantaggi. Anzitutto mantengono la temperatura del drink costante, perché si sciolgono più lentamente e la superficie di contatto è una sola. Oltre a questo rendono il cocktail esteticamente più invitante, anche perché si possono personalizzare con loghi e disegni. Dal punto di vista organolettico, non cambia nulla: che si usi un chunk o dei cubetti, la ricetta del drink – e quindi anche le quantità – resta la stessa»
«Basta guardare i cubetti di ghiaccio: se galleggiano è un cocktail annacquato. Vuol dire che il ghiaccio non è adatto. Quando non è uniforme, si scioglie molto velocemente, e «annacqua» appunto: così ne va della qualità del cocktail. Per questa ragione il primo segreto di un ottimo drink è avere un ottimo ghiaccio. Per noi bartender il ghiaccio è come il fuoco per uno chef».
«Il mio consiglio è farlo con acqua demineralizzata (o comunque con un residuo fisso molto basso, ndr), in forme un po’ più grandi dei cubetti standard da freezer. Quando sono piccoli si diluiscono subito, non hanno la forza di raffreddare».