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MasterChef 13. Vince Eleonora: «Ma non ha senso!»

La Cucina Italiana

Creativa, naïve, estrosa e fuori dagli schemi: è Eleonora Riso la vincitrice di MasterChef 13. I giudici Bruno Barbieri, Antonino Cannavacciuolo e Giorgio Locatelli hanno emesso il loro verdetto: è la cameriera 27enne originaria di Livorno ad avere meritato l’ambitissimo titolo, stupita lei per prima tanto da esclamare «Ma non ha senso!» all’annuncio.

Chi è Eleonora Riso

La sua è una storia singolare: dopo due settimane trascorse in Francia a fare la vendemmia, è tornata a Firenze per vivere in mezzo alla natura: si stabilisce in una «casa nel bosco», una specie di comune, «un “coinquilinaggio” dove ognuno dà il suo apporto, così da essere autosufficienti». Infatti Eleonora non si tira mai indietro: taglia la legna, impara a fare il miele, coltiva l’orto, si prende cura delle galline.

Dopo la maturità scientifica, si era iscritta a Ingegneria Edile a Pisa e poi ad Architettura, ma la vita universitaria le metteva ansia, e non ha completato gli studi. Ha preferito iniziare a lavorare: da circa cinque anni fa la cameriera in un ristorante di Firenze.

La cucina la appassiona: predilige piatti vegani e vegetariani «per una questione etica e di salute», aborrisce lo spreco e prepara piatti legati alla tradizione, ricchi di sapori e spezie. Oltre alla cucina, ama «tutto quello che è arte»: la fotografia, la musica, il disegno. Ed è approdata a MasterChef perché «mi voglio divertire». Ma ha fatto molto di più: ha conquistato giudici e pubblico con le sue proposte originalissime e la capacità di interpretare e valorizzare anche gli ingredienti più semplici.

Chi sono i finalisti di MasterChef 13

A contendersi il titolo con Eleonora, nella finalissima, erano rimasti Antonio, 28 anni, residente a Monaco di Baviera ma con il sogno di tornare in Sicilia per aprire il suo ristorante, e Michela, personal trainer 45enne di Appiano sulla Strada del Vino (Bolzano), che si è fatta notare per il carattere combattivo.

Cosa si vince a MasterChef?

Oltre al titolo di tredicesimo MasterChef italiano, Eleonora vince anche 100 mila euro in gettoni d’oro, la possibilità di pubblicare il proprio primo libro di ricette con la casa editrice Baldini+Castoldi e l’accesso a un corso di alta formazione presso Alma – La Scuola Internazionale di Cucina Italiana.

Chi è Mauro Uliassi, lo chef stellato ospite a MasterChef 13

La Cucina Italiana

MasterChef 13 in dirittura di arrivo e Mauro Uliassi è ospite scelto per l’esterna. Scopriamo di più sullo chef stellato marchigiano.

Infatti, sono momenti decisivi, questi, per i cinque cuochi amatoriali impegnati nel penultimo round del cooking show. Questa sera Antonio, Eleonora, Michela, Niccolò e Sara faranno un passo ulteriore in direzione del traguardo, che comincia a intravedersi. Per loro si apriranno le porte della cucina di un ristorante tre stelle Michelin: gli aspiranti chef, nella prova in esterna più impegnativa, potranno cucinare ai fornelli del ristorante Uliassi, dello chef Mauro Uliassi, a Senigallia, in provincia di Ancona.

Chi è Mauro Uliassi?

Mauro Uliassi è uno dei più grandi chef italiani, e la sua abilità è stata confermata da tre stelle Michelin (l’ultima del 2019), 5 cappelli Espresso, 3 forchette del Gambero Rosso. Con la sua cucina esprime la sua personalità, la creatività e il suo grande amore per il mare. Nato a Senigallia nel 1958, dopo la scuola alberghiera ha esplorato il mondo della ristorazione facendo diversi stage in Italia e in Europa. Un’esperienza che gli è servita per conoscere altri cuochi, le loro proposte e i loro segreti, di cui ha saputo fare tesoro. Ha anche insegnato per 15 anni alla scuola alberghiera di Senigallia, trasmettendo la sua passione ai giovani allievi.

Nel 1990, insieme a sua sorella Catia, ha aperto il ristorante Uliassi, sul lungomare di Senigallia, tra il porto canale e la spiaggia, con una vista mozzafiato sul mare. Presto diventato un punto di riferimento per chi ama la cucina di qualità, Uliassi è un locale che propone piatti semplici e contemporanei, ma al tempo stesso innovativi. La sua cucina si fonda sulle tradizioni della riviera adriatica, ma è arricchita dalle contaminazioni e dalle influenze che Mauro Uliassi ha assimilato nei suoi viaggi e dalle sue esperienze. Il mare è la sua fonte di ispirazione principale, ma anche la selvaggina e i prodotti del territorio marchigiano, come la pesca saturnia, hanno un ampio spazio nella sua cucina.

Ogni anno, Mauro Uliassi presenta dieci piatti inediti, che si affiancano alle sue proposte classiche. Tra i suoi piatti più celebri, la scarpetta di brodetto, un pezzo di pane che intinge in un sugo di pesce concentrato, il cremoso di mozzarella, con acciughe, basilico, pomodori canditi e capperi fritti, la tagliatella di seppia e pesto di alga nori (un’idea nata dopo una visita a El Bulli di Ferran Adrià). E ancora, gli spaghetti affumicati con vongole e datterini alla griglia, rivisitazione del classico piatto di mare, e il gambero rosso, con acqua di limone, basilico e melone, in un contrasto di sapori. Ma Uliassi è riuscito a rendere gourmet anche la pasta in bianco, preparata con aringa dissalata e fumetto di pesce (qui la ricetta).

Lo chef è anche un autore di libri di cucina, in cui racconta la sua filosofia culinaria, le sue ricette e le sue storie. Ha pubblicato Sidecar nel 2005 e Mauro Uliassi incontra/meets Giovanni Gaggia nel 2021. È inoltre un relatore apprezzato nei più importanti congressi internazionali di gastronomia, dove porta la sua testimonianza e la sua innovativa visione.

cibi in bianco
La pasta in bianco da tre stelle Michelin di Mauro Uliassi: la ricetta

Puntarelle alla romana: tutti i segreti

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Puntarelle alla romana, il contorno per eccellenza nella Capitale Dal finire dell’autunno all’inizio della primavera, quando sono di stagione, nei mercati – e di conseguenza nei ristoranti – romani è tutto un arricciarsi di puntarelle. Perché la cosa più difficile, in realtà, non è renderle saporite, ma dar loro quella tipica forma a ricciolino che prendono solo se lavorate nel modo giusto. Abbiamo chiesto come le prepara alla cuoca di un ristorante di Trastevere fra i più veraci di Roma. Lei è Stefania Porcelli, cuoca e nipote di Checco er Carettiere, in cucina da quarant’anni, dove dice di aver imparato tutto rubando con gli occhi. Compreso il mondare e condire alla perfezione le puntarelle, che sono quelle che, in tanti anni di assaggi, abbiamo trovato fra le più equilibrate in sapidità e acidità, oltre che perfette nella consistenza. Per la cronaca: Checco er Carettiere, che dà il nome al ristorante, è un mitologico personaggio trasteverino realmente esistito. Ha iniziato la carriera portando in città il vino più buono dei Castelli, poi è diventato oste e poi… la moglie era brava a cucinare e da lì è nato tutto.

Da cicoria catalogna a puntarella alla romana: «Ci vuole pazienza!»

Per prima cosa, le puntarelle sono la parte più tenera della cicoria catalogna. Si usa il cuore della pianta e qualche fogliolina esterna più morbida, ma nient’altro. La lavorazione è una vera e propria arte: a Roma è facile trovare e acquistare l’apposito attrezzo, una specie di griglia con cui incidere dall’alto il cuore della catalogna e zac! si formano i fili. Difficilissimo, peraltro, trovarlo per esempio nel Nord Italia. Anche se, come dice Stefania, «è meglio sfilarle a mano, come si dice a Roma, così da togliere pure i fili esterni, che se no vanno fra i denti. Ci vuole tanta pazienza, ma la differenza si sente eccome». E in effetti, dal momento che si mangiano crude, è facile che qualche fibra causi il fastidioso inconveniente, salvo essere così precisi da mondarle correttamente.

Per arricciarle: acqua, ghiaccio e limone

Appena mondate si mettono a bagno in acqua, ghiaccio e limone. È il freddo che, grazie allo choc termico, aiuta a farle arricciare alla perfezione. La funzione del limone è invece di non farle annerire, in modo da conservare quella bella palette di verdi che va dal chiarissimo dei fili che vengono dal cuore della catalogna al più scuro delle foglioline.

Il condimento: un’emulsione che sa di mare

L’aglio nel condimento delle puntarelle alla romana c’è e ci deve essere, per Stefania, «ma deve essere solo un lontano ricordo perché non piace a tutti». Fondamentale il ruolo delle alici, che danno il sapore e anche la giusta componente di sale. Da Checco comprano rigorosamente quelle sotto sale e poi provvedono loro a dissalarle: «Devo vedere che cosa mi hanno portato, quando sono già in olio a stento riconosci che pesce è», commenta Stefania, che ha negli anni ha consolidato l’arte della selezione della materia prima. Quindi si fa l’emulsione con abbondante olio e aceto. «Le alici si schiacciano nel mortaio fin quasi a scioglierle, insieme all’aglio, che non deve essere presente nel piatto, ma solo al palato, poi con olio e aceto si crea l’emulsione». Volendo dare una proporzione, l’aceto è un quarto dell’olio: «Schiacciate al mortaio una decina di alici dissalate, sciacquate e asciugate bene, insieme all’aglio e, se piace, a una puntina di peperoncino. Una volta che sono diventate una poltiglia, cominciate ad aggiungere l’olio, almeno due cucchiai, e un cucchiaino di aceto. Naturalmente non serve sale perché le alici già danno il loro contributo di sapidità», avverte infine Stefania.

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