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Food on the Edge: il futuro della ristorazione è sostenibile

La Cucina Italiana

Chef pluristellati, ristoratori, giornalisti e opinion leader insieme per la sostenibilità. È arrivato per la prima volta in Italia Food on the Edge, l’evento organizzato dal simposio irlandese omonimo in collaborazione con la comunità di ospitalità professionale Terroir Hospitality, all’agenzia di consulenza Collectibus e al pluripremiato pizzaiolo Denis Lovatel, che ha definito l’evento “l’occasione per ritrovarsi con colleghi internazionali, cercando di ispirarsi l’uno con l’altro per riflettere sul futuro del cibo”.

Con Lovatel, hanno parlato di sostenibilità Amanda Cohen, chef del ristorante Dirt Candy a New York City, Blanca Del Noval, chef del ristorante Dirt Candy a New York City, Jp McMahon, chef tra i più amati d’Irlanda e Matt Orlando, chef californiano di base a copenhagen, tra i maggiori rappresentanti dell’evoluzione della cucina scandinava.

Due giorni per confrontarsi sul tema della sostenibilità con focus su 3 macroargomenti, tema di altrettante tavole rotonde: food cost, costo della manodopera e community building.

Food cost

A moderare la tavola rotonda di Food on The Edge sul food cost, la giornalista, ricercatrice ed editor polacca Olga Bodowska: “Per risolvere il problema legato al food cost – racconta Olga Bodowska – si possono iniziare ad effettuare piccoli gesti quotidiani, come l’utilizzo di prodotti locali (per evitare l’inquinamento causato dai viaggi intercontinentali) o l’implementazione di servizi che possano salvare il cibo invenduto di ristoranti e locali alimentari. Il focus del nostro elaborato – prosegue la giornalista e ricercatrice polacca – è far sì che i ristoratori possano lavorare in collaborazione, creando un hub comune per diminuire il più possibile la percentuale di cibo sprecato”.

Costo della manodopera

L’elaborato prodotto dal gruppo legato al costo della manodopera è stato presentato dalla giornalista di Identità Golose Marialuisa Iannuzzi, che ha spiegato: “La domanda attorno alla quale è stata sviluppata la nostra tavola rotonda è stata come fidelizzare i lavoratori. Ci siamo cosi focalizzati su punti chiave come la definizione del business model, dei salari dei dipendenti, la conoscenza dei benefit e la messa a disposizione di un welfare, la formazione dello staff e infine il supporto da parte delle istituzioni – a partire dall’Italia – per creare una giornata a tutela dei ristoranti e dei ristoratori”.

Community building

Il risultato del brainstorming elaborato dalla tavola rotonda del community building – moderato dalla ricercatrice dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e del Politecnico di Torino Alessandra Savina – ha dimostrato come gli stakeholder (a partire dai produttori, chef e ristoratori, staff e cliente finale) debbano comunicare tra loro, al fine di creare una comunità. “Per poter dar vita ad una comunità – racconta Paul Moinea, fondatore di I.D.E.A.L. – è necessario diffondere consapevolezza tra le diverse parti coinvolte ed educare le nuove generazioni ad un’alimentazione sana, equilibrata e rispettosa dell’ambiente.”

Il contributo di chef Davide Oldani

Nel secondo giorno dell’evento, ha dato il suo contributo anche lo chef Davide Oldani, il cui Ristorante D’O vanta due stelle Michelin e la stella Verde Michelin per la sostenibilità: “Il mio storytelling si basa sul concetto di Cucina POP che ho iniziato a sviluppare più di 20 anni fa. Pop, per indicare un approccio umile al cibo ma anche per incarnare un senso di “appartenenza alle persone. Un approccio sostenibile – prosegue lo chef Oldani – significa per me, assicurarsi di porre le giuste radici per il futuro sulla base di un approccio circolare che comprende sia la cucina che la sala del ristorante, con l’obiettivo comune di accogliere al meglio i nostri ospiti”.

Uno scambio di idee importanti che possono confluire in un unico grande obiettivo da parte degli chef coinvolti in Food On The Edge Milano: la narrazione, dev’essere al centro. Bisogna attribuire un significato alle esperienze culinarie di ogni commensale, trasmettendo, tramite i piatti proposti, i concetti di sostenibilità e di valore delle materie prime.

Bruna Cerea, la lady di ferro della ristorazione italiana, compie 80 anni

Bruna Cerea, la lady di ferro della ristorazione italiana, compie 80 anni

La moglie di Vittorio del celebre ristorante tre stelle Michelin festeggia una vita votata all’ospitalità. Da quella volta che a casa cucinò i celebri cannoncini alla crema… ai viaggi a Shanghai

«Dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna». aveva detto Virginia Woolf. Non possiamo che darle ragione parlando del ristorante Da Vittorio, tre stelle Michelin a Brusaporto, Bergamo. Il ristorante della famiglia Cerea che porta il nome del suo fondatore, Vittorio, deve la sua fortuna anche a Bruna: moglie, madre e da 55 anni al timone del gruppo di famiglia. Oggi 16 marzo la matriarca di casa Cerea spegne 80 candeline, fra i festeggiamente di figli, collaboratori sparsi in giro per il mondo, e degli affezioni clienti. Perché la “lady di ferro” della ristorazione italiana la conoscono tutti, perché più che dietro le quinte è sempre in sala, a girare fra i tavoli e a bacchettare i figli. Un pranzo della domenica o una cena da Da Vittorio non sarebbero così speciali senza l’accoglienza del capofamiglia (e dei due inseparabili barboncini Gigi e Sissi)!

“Grazie mamma, per avermi fatto crescere con i tuoi preziosi insegnamenti, grazie per la tua costante presenza, grazie per l’esempio che mi hai lasciato per tutta la vita. Ti voglio bene” – Chicco Cerea

Due compleamnni per Da Vittorio

Il 6 aprile Da Vittorio compie 55 anni, ma è il 16 marzo la data che tutti – dai figli con le proprie famiglie per arrivare ai dipendenti e ai collaboratori sparsi per il mondo – hanno atteso. Bruna Cerea, madre, donna appassionata del proprio lavoro e imprenditrice illuminata, festeggia le sue prime 80 primavere. Bruna, il cui vero nome è Gioconda (in suo onore, al compimento dei 50 anni del ristorante nel 2016, i figli le hanno dedicato un lievitato che si chiama proprio così), ha indissolubilmente legato il proprio destino a quello di Vittorio Cerea, il grande amore con cui ha costruito quella che oggi è considerata una delle più importanti dinastie gastronomiche mondiali.

“Ieri sei stata la mia scuola, oggi se la mia guida, per sempre sarai il mio cuore che batte” – Francesco Cerea

Quando Bruna inventò i cannoncini

Bruna e Vittorio si conoscono nel 1960, entrambi residenti a Bergamo in due vie parallele del centro città. Vittorio gestisce un piccolo bar, lei si innamora dei suoi occhi celesti. Un colpo di fulmine, che cambierà la loro storia e anche quella della cucina italiana. Si sposano dopo 3 anni, durante i quali Bruna comincia a sperimentare nella cucina di casa idee, che poi Vittorio porta al locale e fa assaggiare ai clienti: tra questi torte e cannoli, cotti più volte al giorno, che ancora oggi fanno concludere in bellezza un pranzo al Da Vittorio. Nel 1964 nasce Chicco, primo di una genia di figli d’arte (seguiranno Francesco, Barbara, Roberto e infine Rossella) che oggi sono orgogliosi alfieri di un nuovo modo di concepire il fine dining e l’accoglienza.

Bruna Cerea è prima di tutto la mamma che con i suoi insegnamenti mi ha reso la donna che sono, è una compagna, un’amica e una sostenitrice e lo resterà sempre – Rossella Cerea

L’azzardo: il primo ristorante di pesce di Bergamo

La data da segnare negli annuali per Bruna e Vittorio è il 6 aprile 1966 quando a Bergamo, in viale Roma, dopo aver rilevato un ristorante in fallimento, apre Da Vittorio: un’avventura che i due non potevano ancora sapere sarebbe diventata la pietra di fondamento di un percorso unico, costellato di stelle Michelin. Il primo Da Vittorio combinava il talento, la passione e la genialità del patron con il rigore, la costanza, la dedizione della moglie. Non serve ricordare quanto l’intuizione di Vittorio si sia rivelata un azzardo vincente: portare la cucina di pesce in una città votata alla carne. Ma senza il sostegno di Bruna e la sua determinazione nel portare avanti un progetto all’epoca così all’avanguardia, sarebbe stato tutto più difficile.

“Mamma è la forza di credere in un sogno, con passione, volontà, audacia e un pizzico di incoscienza, è la sicurezza e la lucidità che ci tiene sempre uniti, è un futuro ricco di progetti, con grinta e determinazione. Lei non molla mai e noi non possiamo che esserne orgogliosi ” – Roberto Cerea

Da lì è stato un susseguirsi di tappe bruciate alla velocità della luce: il ristorante sempre pieno, la prima, inaspettata e felice stella guadagnata da Da Vittorio nel 1978, la seconda in tandem con i figli nel 1996, l’ultima, nel 2010, bellissima e insieme triste perché il patriarca era venuto a mancare 5 anni prima, poco dopo il trasferimento a Brusaporto. Ed è proprio in quel momento difficile per tutti, che emerge ancora più forte il carattere di Bruna, che prende per mano tutti, dai figli ai dipendenti, e li conduce verso nuove mete, infondendo coraggio e serenità. La famiglia è più unita che mai e tutti sono alla ricerca di nuovi orizzonti, in Europa come in Asia.

“Mia madre mi ha insegnato la professionalità e la determinazione, la dolcezza e il rigore e la ringrazio ogni giorno per non avermi mai giudicato nelle scelte che ho compiuto. Vorrei poterle stare accanto ogni giorno per ringraziarla della donna meravigliosa che è” – Barbara Cerea

«Ogni tanto penso che dovrei fermarmi, eppure non ne sono capace, sono troppo innamorata di quello che vedo qui e troppo grata per quello che qui ricevo», dice Bruna, sempre la prima ad arrivare al ristorante e sempre l’ultima a uscirne. E che non rinuncia mai, nel giorno di chiusura, a cucinare per la sua tribù di figli, nuore, generi, nipoti (sì, anche per i suoi due chef stellati, da cui ha carpito alcuni segreti, ma che continuano ad amare quello che lei prepara loro). Oggi però sono parenti, collaboratori e amici a invitare la signora Bruna a godersi la torta che le è stata preparata.

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