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Ricetta Arancina di riso con ragù di triglia e finocchietto selvatico

Ricetta Arancina di riso con ragù di triglia e finocchietto selvatico
  • PER IL RISO

    Step 1

    Tritate finemente la cipolla e fatela appassire in un tegame con poco olio, poi unite 1 litro di acqua, 20 g di sale e le bustine di zafferano. Mescolate per farlo sciogliere e portate al bollore. Versate nel tegame il riso e, mescolando, cuocetelo fino a completa evaporazione dell’acqua: ci vorranno 14-15 minuti.

    Step 2

    Togliete dal fuoco, unite una macinata di pepe, il burro a pezzetti, mantecate mescolando delicatamente il riso, poi allargatelo in un vassoio per farlo raffreddare.

  • PER IL RAGÙ DI TRIGLIA

    Step 3

    Scaldate 2-3 cucchiai di olio in una casseruola, unite la cipolla e il finocchietto tritati e 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro; rosolate dolcemente, mescolando di tanto in tanto. Unite lo zafferano, i filetti di triglia, sale, pepe, uvetta e pinoli e completate la cottura in pochi minuti. Spegnete e lasciate raffreddare.

  • PER LA ZUPPA DI TRIGLIE

    Step 4

    Separate le teste dalle lische. Essiccate le lische delle triglie nel forno a 60 °C tenendole d’occhio perché non si brucino (ci vorranno 10-15 minuti), poi friggetele nell’olio caldo finché non saranno croccanti. Scolatele su carta da cucina.

    Step 5

    Scaldate 2-3 cucchiai di olio in una casseruola e rosolatevi lo spicchio di aglio senza buccia. Unite un bel ciuffo di prezzemolo tritato, la passata di pomodoro e, dopo pochi minuti di leggero bollore, aggiungete le teste delle triglie, cuocete brevemente, poi spegnete. Filtrate, aggiungete le lische fritte (tenete da parte la coda che vi servirà per decorare le arancine) e frullate tutto. Filtrate di nuovo attraverso un colino a maglia fine e salate generosamente (servirà a esaltare il sapore di fritto della zuppa).

  • PER IMPANARE

    Step 6

    Riempite uno stampino semisferico con il riso freddo, premendo bene; formate al centro un incavo e riempitelo di ragù di triglia.

    Step 7

    Sformate e modellate l’arancina chiudendola bene. Spennellatela con albume, cospargetela con la mollica tostata e accomodatela su una placca foderata di carta da forno.

    Step 8

    Ripetete le operazioni per formare le altre arancine e infornatele tutte nel forno già caldo a 200 °C per 10 minuti.

    Step 9

    Accomodate le arancine nei piatti, decoratele con la coda di triglia fritta e completatele versandovi intorno la zuppa tiepida.

    Ricetta: Pino Cuttaia, Foto: Claudio Tajoli, Styling: Beatrice Prada

  • Il Mosciolo Selvatico di Portonovo, la “non cozza marchigiana”

    Il Mosciolo Selvatico di Portonovo, la "non cozza marchigiana"

    Non chiamatele cozze, se siete nella zona di Ancona! Sono i moscioli, crescono selvatici a ridosso del tratto costiero roccioso del monte Conero e li raccolgono solo otto uomini su tre barche. Ecco dove andarli a magiare, come farseli spedire a casa e le ricette tipiche della zona

    Può esistere un’annata Doc per un mollusco? La risposta è si, e si identifica nella consistenza del frutto e nell’aroma particolarmente intenso. Quest’anno l’annata è da incorniciare per il mosciolo selvatico di Portonovo (pronuncia “mòsciolo” con l’accento sulla prima “o”). Dopo un inverno mite e una qualità delle acque eccellente (categoria A), complice anche il fermo delle attività per il lockdown, sia a terra sia in mare, la cozza “selvaggia” dell’area prospiciente al monte Conero sta vivendo una stagione particolarmente felice.

    A raccogliere i mitili che si riproducono in maniera naturale a ridosso del tratto costiero roccioso marchigiano sono rimaste tre barche e otto uomini che pescano quantità contingentate che variano dai cinque ai dieci quintali al giorno per imbarcazione, condizioni meteo permettendo. Una vera perla gastronomica; per una sorta di edizione limitata che arriva sulle tavole dei consumatori al prezzo di quattro euro al chilo. Da ricordare che l’unica garanzia per essere sicuri che si tratti del prodotto selvatico è il marchio Mosciolo Selvatico di Portonovo.

    «Turisti italiani e abitanti del posto in fila davanti alla sede della cooperativa non ne vedevamo da tempo», racconta il presidente Sandro Rocchetti. «Con la riduzione delle attività dei ristoranti, c’è stata una voglia di libertà che si è riversata dall’inizio dell’estate sui prodotti del mare e in particolare del mosciolo».

    Certo, la cosa migliore sarebbe mangiarli nella splendida baia di Portonovo di Ancona, in riva al mare. Qui i ristoranti sono diversi, ognuno con una lunga storia alle spalle e ricette originali. Ma una volta acquisita la materia prima, ecco alcuni modi per valorizzarli al meglio anche a casa.

    Scottato “al naturale”: la differenza tra selvatico e coltivato

    Se comprate un sacchetto di moscioli selvatici il primo passo sarà quello di apprezzarne la differenza con le più diffuse cozze allevate. Il consiglio è quello di aprirle a fuoco vivo e mangiarle al naturale, senza aggiungere altro. La consistenza carnosa del frutto e il sapore sono unici. Una combinazione straordinaria di aromi dovuta alle micro alghe di questa zona di mare riparata dal monte. Le ricette per stuzzicare il palato sono tante: dalla moda di Portonovo, con la scorza del limone, il prezzemolo e l’aglio, fino al mosciolo arrosto, dove le molliche del pane sono aromatizzate da un trito di prezzemolo bagnato con olio extravergine d’oliva.

    Il segreto dello chef Moreno Cedroni e la sua personale ricetta casalinga

    Tra gli chef che hanno contribuito alla promozione di questo prodotto c’è Moreno Cedroni, che a Portonovo è il patron del Clandestino Susci Bar, chalet in riva al mare, luogo imperdibile della baia. Famoso l’accostamento con la selvaggina che Cedroni celebrò tempo fa con il suo “Cinghiale e mosciolo”. Un omaggio a un territorio integro e selvaggio. E in effetti fino agli Sessanta questi mitili erano l’unico pasto a base di pesce dei contadini del Conero che scendevano dal sovrastante Poggio per raccoglierli. Da vero addict del mosciolo di Portonovo, Cedroni ci confida come lo prepara a casa: «Si aprono a bollore, con una cottura velocissima e si gustano cosparsi con un sughetto di cipolla tagliata a fettine sottili, stufata con olio, poco peperoncino e con l’aggiunta di pomodoro fresco». Un intingolo che va messo sopra i moscioli, e si gusta tiepido o, ancora meglio, a temperatura ambiente. «Quest’anno», ci racconta Cedroni, «c’è stato un aumento dei turisti italiani. Le poche ore di auto che fino a oggi erano sempre state un deterrente, ora sono un pregio. Il mosciolo rappresenta un ingrediente del quale molti hanno sentito parlare, vogliono provare la differenza. E poi questa è un’annata davvero speciale».

    “L’ufficio turistico” del mosciolo è da Miscia

    Una volta scesi alla stazione ferroviaria di Ancona, in pieno centro, bastano pochi passi e una breve pausa per gustare un menu a base di mosciolo selvatico di Portonovo. Vino e Cucina da Miscia è una specie di punto informativo gourmet per chi arriva in città. Il menu parla chiaro e ad Ancona Miscia evoca uno dei personaggi storici del porto dorico: Umberto, cuoco ed ex campione italiano di boxe nel 1952, che cucinava il mosciolo “schioppato”, ovvero “scoppiato”. Il figlio Andrea ha seguito le orme del padre e ricorda la ricetta storica: in una padella alta si gettano i moscioli freschi, cosparsi di prezzemolo, olio extravergine d’oliva, aglio e pepe, e una “svaporata” di vino bianco. Si mette il coperchio e si lasciano aprire a fuoco vivo. Si gustano con un bicchiere di buon vino bianco e si fa la scarpetta nella saporita acqua prodotta durante la cottura. Ma anche nei primi piatti il mosciolo regna sovrano: lo spaghettone viene proposto con un sugo di moscioli battuti al coltello, con l’aggiunta di pomodoro fresco, olio, peperoncino e, naturalmente, l’acqua di cottura filtrata.

    Il Mosciolo a domicilio? Arriva in giornata con Pesce Nostro… in tutta Italia

    Distanziamento sociale e timore di frequentare posti affollati stanno portato turisti anche nei piccoli borghi, specie in zone dell’entroterra finora considerate marginali per i grandi flussi. Per chi già conosce le Marche, un’idea accattivante è gustare un buon calice di Verdicchio dei Castelli di Jesi, accompagnato a prodotti marinari. Un piccolo lusso da concedersi ovunque. Proprio durante il lockdown ha preso campo l’idea imprenditoriale di una start up che porta il pesce fresco di giornata fino a centinaia di chilometri di distanza. Si chiama Pesce Nostro ed è la pescheria marchigiana online. Tramite il suo sito web si può ordinare direttamente un quantitativo minimo di spesa o un ordine cumulativo per ottenere la consegna gratuita e il Mosciolo Selvatico è uno dei protagonisti del pescato locale. Ogni notte l’azienda si fa carico di reperire all’asta del mercato ittico di Ancona il pesce freschissimo e di consegnarlo entro le ventiquattrore a destinazione. Il pesce arriva sulla tavola di casa già pulito nei grandi e nei piccoli centri del centro nord: da Roma a Milano, da Verona fino al Piemonte.

    Liquore al finocchietto selvatico: profumato e digestivo

    Liquore al finocchietto selvatico: profumato e digestivo

    Non tutti lo conoscono, eppure è un digestivo delizioso e dal gusto delicato che si prepara anche in casa. Ecco come farlo

    C’è un liquore dal gusto fresco e dal profumo di erba appena tagliata, che ha un effetto super digestivo.
    Non tutti lo conoscono, forse perchè si prepara con un ingrediente insolito che è il finocchio selvatico.
    Provate a farlo in casa. Vi conquisterà!

    Origini del liquore al finocchio

    Il liquore al finocchio ha origini molto antiche ed è un prodotto tipico dell’Italia meridionale, in particolare della Puglia.
    Probabilmente questa è una ricetta contadina tramandata da generazioni che si prepara con prodotti naturali, selvatici, che crescono spontaneamente nei campi.
    Secondo altre fonti avrebbe invece origini ecclesiastiche. Quel che è certo è che si tratta di una ricetta tipica del sud Italia perché è qui che il clima è più favorevole alla crescita di queste piante.

    Come riconoscere il finocchio selvatico

    Il finocchio selvatico è una pianta spontanea dai fiori molto profumati.
    Presenta un lungo fusto molto ramificato nella parte superiore che può arrivare ad un’altezza di 2 metri. È di colore verde chiaro e ha fiori gialli raggruppati in mucchietti.
    Cresce in collina, ma solo dove il clima è mite, in genere vicino al mare.
    Per preparare il liquore al finocchio vengono utilizzate le barbette, cioè le foglie dei finocchi, raccolte e poi lasciate essiccare.
    Si possono utilizzare anche quelle fresche però, ed è proprio quello che vi suggeriamo di fare.
    Ecco la ricetta.

    Come fare il liquore al finocchietto selvatico

    Ingredienti

    300 g di foglie di finocchi selvatici
    700 g di zucchero
    1 l di alcol 95°
    800 ml di acqua
    1 cucchiaino di semi di finocchietto
    1 limone non trattato

    Procedimento

    Mettete in infusione per almeno 10 giorni all’interno di un contenitore a chiusura ermetica l’alcol con le foglie di finocchio selvatico e i suoi semi schiacciati in un mortaio.
    Ogni due giorni scuotete velocemente per mescolare bene i sapori.
    Terminata la fase della macerazione, sciogliete lo zucchero in un pentolino con l’acqua fino ad ottenere uno sciroppo. Filtrate con un colino o una garza la parte alcolica per eliminare semi e foglie e mescolate tutto con lo sciroppo di zucchero, una volta freddo.
    Chiudete il tutto ermeticamente per circa un giorno.
    Imbottigliate in bottiglie di vetro e conservate per circa due-tre mesi.

    Variante con i fiori

    Esiste anche una variante di questo liquore che si prepara con i fiori della piante di finocchietto selvatico e non con le foglie.
    Il profumo e il gusto sono leggermente più intensi, ma il sapore è molto simile.
    Per prepararla basta sostituire le foglie con 150-200 g di di fiori e steli di finocchietto selvatico.

    Conservazione del liquore

    Come tutte le preparazioni alcoliche, anche il liquore al finocchio richiede un tempo di riposo.
    Una volta pronto e imbottigliato, infatti, conservatelo in un luogo fresco e asciutto, non necessariamente in frigorifero, e consumatelo dopo circa due mesi in modo da far sedimentare bene tutti i profumi e i sapori.

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