Tag: tecnologia

Cibo, sostenibilità e lusso: l’anima green di BioQuitchen

La Cucina Italiana

È possibile unire cibo, sostenibilità e lusso ai grandi eventi? Sì, ed è il caso di un ambizioso progetto BioQitchen, l’anima green di HQ Food & Beverage, che punta non solo al gusto, ma anche alla sostenibilità. Un marchio scelto per eventi aziendali e privati, che utilizza prodotti biologici e da filiera sostenibile. Ma partiamo dall’inizio perché il progetto non nasce da un’idea sola, ma dall’insieme di pensieri, visioni e obiettivi che Mauro Benincasa, Ceo di HQ Food & Beverage ha avuto, usando come minimo comune denominatore l’innovazione. HQ è un azienda di catering del settore lusso divenuto incubatore di idee ed experience (come si chiamano oggi) modulate e incanalate su quattro brand specializzati: Hi Fly, specializzato in catering per jet privati; BioQitchen, il catering oltre il biologico; Dream Eat, il catering per la moda e le produzioni cinematografiche; HangarQ, sede in via Tertulliano n. 68, per eventi privati e aziendali.

Cibo, sostenibilità e lusso: insieme per gli eventi

È proprio questo brand di catering che nel 2023 ha fatto una scelta di campo, cambiando pelle e trasformandosi in un laboratorio integrato di co-ricerca e realizzazione del Food Design Sostenibile, assieme ad altri importanti partner del settore food come Pastificio Felicetti, AlceNero, L’Agricologica. Un vero laboratorio sperimentale, dove la sostenibilità è legata e interconnessa alle fasi del ciclo di lavorazione alimentare, come impegno etico e produttivo nei confronti dell’ambiente e del futuro del pianeta.
Insomma, un progetto virtuoso e ambizioso che riesce a tenere insieme cibo, sostenibilità e lusso. Come? Grazie a 5 pilastri e un forte credo nell’innovazione.

Andrea Stillone

Il Manifesto “Fair Food Innovation Lab”

Quando si parla di innovazione si parla di investimento sul lavoro, dice Mauro. È vero, perché per innovare bisogna investire ed essere lungimiranti e sostenibili verso ciò che si sta facendo e con le persone con cui lo si sta facendo. Il mondo di BioQitchen ha avviato una vera e propria rivoluzione green dall’impronta inclusiva, che parte da un’idea di sostenibilità ragionata, lontana anni luce da qualsiasi tipo di ideologia culinaria. Il punto di partenza, sia pragmatico sia concettuale, è il “Fair Food Innovation Lab”, una Carta di Intenti, che pone le basi di riconoscimento reciproco coi partner che lavorano con BioQitchen, e che vuole alimentare un confronto onesto sul tema della sostenibilità, anche con le Istituzioni.

Ecco che BioQitchen ha pensato e stilato un Manifesto ragionato inclusivo, che si fonda su cinque capisaldi: Gustoso, Sostenibile, Bello, Sano e Accessibile. Un approccio olistico, dove in ogni parola i contenuti sono interconnessi con gli altri, per far funzionare il ciclo produttivo alimentare.

Gustoso. Si parte dal rispetto dell’animale e delle stagioni, per arrivare alle papille gustative, non viceversa. Per potersi rimpadronire della consapevolezza dei cicli naturali, per riscoprire il sapore naturale delle cose.
Sostenibile. È un termine ampio, che parte dal biologico come prerequisito, passa attraverso la lotta agli sprechi (scarti, rifiuti, imballi e trasporti), all’utilizzo circoscritto di terra e acqua, ma che va oltre per diventare una sostenibilità economica e sociale, nel rispetto delle persone che lavorano tutti i giorni nella filiera, oltre che della natura.
Bello. Va oltre il concetto di estetica da cui naturalmente parte, per incontrare la bellezza dell’esperienza culinaria e del made in Italy, che sottintende anche il fascino attrattivo di un paesaggio pienamente rispettato e accudito da chi lo vive, lo coltiva e dove si allevano e si rispettano gli animali.
Sano. L’alimentazione è vita, e quindi mangiare bene significa stare bene mangiando. Questo concetto ancora una volta olistico si integra con la salute pubblica, ma anche con quella degli ecosistemi, la cui fragilità è oggi ragione di enormi disequilibri ambientali e sociali.
Accessibile. È tra i punti più sfidanti: rendere democratico il cibo buono e rispettoso degli equilibri naturali, affinché sia accessibile, e far sì che il suo giusto prezzo retribuisca tutti i livelli del comparto è una sfida complessa ma che vale la pena affrontare.

Food Design Sostenibile Lab: scardinare gli schemi

BioQuitchen diventa un aggregatore di partner qualificati con cui iniziare a porre le basi di quello che vuole essere un laboratorio di Food Design Sostenibile.

Samantha Cristoforetti: la cover di fine anno di Vanity Fair

La Cucina Italiana

È tornata sulla Terra dopo 200 giorni nello spazio. Samantha Cristoforetti, la prima astronauta italiana ed europea a diventare comandante della ISS, la Stazione Spaziale Internazionale e una degli astronauti più celebri del nostro tempo, si racconta a Vanity Fair intervistata dal direttore Simone Marchetti, con cui ha parlato della sua vita «senza confini»: dalla sua ultima missione alla passeggiata spaziale (in realtà, spiega, si fa con le mani), la paura, i suoi genitori, i figli, TikTok, l’importanza del rapporto umano per gli astronauti e i Terrapiattisti. Chi è, che cosa cerca nello spazio infinito (la sua valle sulle Alpi, per esempio) e che cosa si prova  a viaggiare a 28mila km all’ora e atterrare «in una palla di fuoco».

Intervista a Samantha Cristoforetti

Ha mai avuto paura lassù?
«No. O meglio, una sola volta. La sera prima della passeggiata spaziale, fuori dalla stazione, qualche pensiero me lo sono fatto. Ma non era paura. Piuttosto la consapevolezza di correre un rischio significativamente più grande di quello a bordo».

Com’è camminare nello spazio?
«Beh, intanto non si cammina ma ci si muove con le mani. Tutti parliamo di camminata spaziale, ma sono le mani a farti muovere. Diciamo che si provano due sensazioni opposte. La prima è famigliare ed è data dall’odore della tuta spaziale: ti ci addestri per anni e il suo odore ti regala una sensazione di memoria, sensazione amplificata dal fatto che tutti i rumori e i suoni vengono attutiti. (…) L’altra sensazione è quella del pericolo e della relativa attenzione che devi prestare nel muoverti: il rischio più grosso, infatti, è staccarsi dalla stazione. La tuta americana è dotata di un cavo che ti tiene sempre ancorata. Quella russa, invece, che ho usato io, funziona come una via ferrata e sta a te staccarti e attaccarti a ogni movimento».

Cosa si prova ad ammirare la Terra e lo Spazio profondo?
«Quando ci hanno chiesto di rientrare, dopo circa sette ore, il mio collega sembrava quasi non voler terminare l’uscita. Ci siamo trattenuti per un tempo che mi è sembrato infinito, forse 15 minuti. E lì non avevo più nulla da fare e mi sono davvero goduta tutta quella bellezza».

Il suo curriculum, parla chiaro: passione, dedizione, scelte, promozioni, crescite…
«Lo sa, spesso le persone guardano il mio curriculum e pensano: chissà quanti sacrifici, quanta sofferenza! In realtà ho sempre fatto quello che istintivamente mi veniva di fare, quello che mi faceva stare bene. Ho una personalità che sente il bisogno di cercare nuove sfide, di fare esperienze nuove. Quindi non ci sono motivi segreti o sacrifici estremi: sono fatta così. Per stare bene, ho dovuto fare quello che ho fatto».

Anthony Lops: un nuovo modello di sostenibilità agricola

La Cucina Italiana

Per Anthony Lops, ventiquattro anni, cresciuto sul Lago di Garda, studi economici in Svizzera, la pandemia è stata un’occasione di riflessione. Nel marzo del 2020 era a Dimora delle Balze, la tenuta-albergo di famiglia in Val di Noto circondata da campi di proprietà. «L’agricoltura era una delle poche attività che si potevano svolgere in quei mesi di lockdown e ho voluto provarci», racconta. «Tra l’altro, ho scoperto che in Sicilia c’è un grave problema di abbandono delle terre. Se andiamo avanti così, tra qualche anno non avremo niente da mangiare».

L’azienda di Anthony Lops, Passo Ladro, è nata per rimettere in produzione i campi attorno all’hotel, impresa non semplice data l’irregolarità dei terreni, e per creare una rete di imprese con gli stessi valori, dai salari decorosi alla certificazione bio. Uno degli obiettivi è far tornare i giovani a coltivare in modo tradizionale, senza meccanizzazione, offrendo però formazione e tecniche innovative, come il sistema di microirrigazione a goccia per ridurre il consumo di acqua. Inoltre, facendo rete con altre aziende simili, si ottiene una maggiore diversificazione di prodotti e si condividono alcuni servizi come la consulenza di finanza agevolata e il laboratorio per la trasformazione in loco degli ortaggi. Dopo due anni, Passo Ladro è un esempio di sostenibilità, in attesa di certificazione di tracciabilità e ai primi passi verso la produzione carbon neutral in collaborazione con ZeroCO2, che pianta alberi per compensare il consumo di anidride carbonica. «La parola d’ordine per il futuro è: agricoltura rigenerativa», spiega Anthony. «Ovvero produrre quanto serve, con il minore impatto possibile».

Proudly powered by WordPress