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Cioccolato: 20 torte golose per far tornare il buonumore

La Cucina Italiana

Se cercate un cubetto di cioccolato quando tornate dal lavoro, appena svegli la domenica o in quei pomeriggi dove tutto sembra nero, quando scende la pioggia e il lavoro vi stressa, tranquilli: fate bene, perché il cioccolato mette di buon umore.

E ogni morso è un abbraccio, un conforto, un sorriso. E se da una parte è l’effetto positivo di ogni comfort food che si rispetti, dall’altra non si può negare che quella del cioccolato è anche una questione di chimica.

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Si dice cioccolato o cioccolata?

La serotonina

Partiamo da qui, ovvero dall’ormone del buonumore. Uno dei principali motivi per cui ci sentiamo più felici quando mangiamo cioccolato è che è capace di alzare i livelli di serotonina. Ma all’interno di questo goloso elisir di felicità è presente anche il triptofano, ovvero la molecola utile al nostro corpo per sintetizzare la serotonina. Morso dopo morso, dunque, aumentiamo le nostre possibilità di aumentare la presenza dell’ormone del buonumore nel nostro organismo. E sorridere un po’ di più. Ma non solo. Il cacao contiene infatti anche modeste dosi di salsolinolo e salsolina ovvero degli alcaloidi dopamina-derivati che funzionano da antidepressivi naturali.

Bomba di grandine a Guarene, 24 ore per tornare in servizio | La Cucina Italiana

Bomba di grandine a Guarene, 24 ore per tornare in servizio
| La Cucina Italiana

È bastata una mezz’ora per rovinare il lavoro di mesi, di anni. Una vera e propria bomba di grandine si è abbattuta ieri pomeriggio intorno alle 15 su parte della zona collinare Langhe-Roero, Patrimonio Unesco con il Monferrato. Come spesso accade, questi nuovi fenomeni meteo dovuti al cambiamento climatico colpiscono a macchia di leopardo, salvando aree più o meno limitrofe, sconvolgendone invece altre. Il sindaco di Guarene, Simone Manzone, ha dichiarato al giornale locale di non aver mai visto una cosa simile: «Abbiamo assistito a una vera bomba d’acqua, in pochi minuti si è scatenato l’inferno». E proprio da Guarene abbiamo sentito la voce di Giuseppe D’Errico, executive chef a La Madernassa, ristorante & resort stellato immerso nella natura, tra i top 30 migliori ristoranti per la guida internazionale We’re Smart Green Guide. Sì perché a La Madernassa si seguono i tempi della natura, si coltiva l’orto, si impiega l’energia da fonti rinnovabili, si utilizza l’acqua sorgiva locale. In una manciata di minuti che è sembrata interminabile, l’inferno di ghiaccio ha spazzato via l’impegno di oltre una stagione. Senza indugi, l’intero staff si è rimboccato le maniche e nel giro di 24 ore tutto è tornato come prima – o quasi.

Ecco il racconto resiliente di chef Giuseppe D’Errico, pieno di emozioni contrastanti e tanta voglia di ricominciare senza lasciarsi abbattere.

Impegno VS Meteo: 1 a 0. Intervista a chef D’Errico

Il cambiamento climatico impatta molto sulla vostra realtà, dedicata alla sostenibilità. Come l’affrontate?

«Se l’anno scorso il nemico era la siccità, quest’anno tutto il contrario. Era stato molto secco, i raccolti non erano stati straordinari sempre per una questione idrica, perché noi lavoriamo la terra in maniera biologica, senza tipo nessun tipo di intervento. Quest’anno sembrava essere un’ottima stagione, iniziata bene, poi il disastro atmosferico».

La bomba di grandine vi ha colto impreparati, com’è andata?

«All’improvviso, è cambiato il tempo. Abbiamo dovuto sospendere il servizio che per fortuna era verso la fine, intorno alle due e mezza, tre meno un quarto, soprattutto per la sicurezza degli ospiti, dello staff. L’acqua arrivava da ogni lato, c’erano raffiche di vento oltre i 120 km all’ora. Per capire meglio, basta l’esempio delle chaise longue che abbiamo in piscina: per muoverle bisogna essere in due, eppure ieri sono volate in aria.

Guardare vicino per andare lontano o guardare lontano per tornare vicino?

Guardare vicino per andare lontano o guardare lontano per tornare vicino?

Ecco un nuovo modo di intendere la territorialità, la cultura e l’economia partendo dai tanti piccoli e preziosi borghi e villaggi italiani

Non è un gioco di parole, il titolo, ma un quesito nato dalla riflessione su come i mesi trascorsi ci abbiano lasciato in parte una nuova visione della realtà.

Ci siamo confrontati con due illustri interlocutori per affrontare tre grandi temi di cui molto si discute: sostenibilità, biodiversità e nuove forme di consumo. Per cercare di portare queste idee alla concretezza dei fatti.

Ne abbiamo discusso con Davide Rampello (curatore, manager, docente universitario e Direttore Artistico di Fidenza Village, parte di The Bicester Village Shopping Collection) e con Massimo Spigaroli, (chef e patron dell’Antica Corte Pallavicina a Polesine Parmense, una stella Michelin).

Da un anno a questa parte tutti noi abbiamo cambiato le nostre abitudini, siamo passati dall’iper-locale (casa nostra) al globale, tornando a viaggiare (quasi) in tutto il mondo.

Ma c’è una realtà che ha dimostrato di essere solida e solidale, custode della sostenibilità e della biodiversità e centro ideale per una nuova (antica) forma di economia e cultura.

«Ripartire dal villaggio», dice Davide Rampello «ha davvero senso, perché il nostro territorio con la sua varietà (ambientale e culturale) è la vera ricchezza del nostro Paese, e il villaggio è stato e torna più che mai a essere il centro custode e al tempo stesso propulsore di questa ricchezza. La pandemia ci ha insegnato a guardare di nuovo molto vicino rendendo necessario recuperare la memoria di questi luoghi».

«Se partiamo dalla memoria per arrivare alla sostenibilità», rilancia Massimo Spigaroli «potrei iniziare parlando del mio bisnonno che faceva il mezzadro nelle tenute del Maestro Giuseppe Verdi. Io conservo ancora il suo martello, perfettamente funzionante. Qui non si è mai sprecato niente e il modello della corte chiusa e autosufficiente, ma aperta verso il mondo con i commerci, è sostenibile e funzionale. Se dal pozzo fosse scaturita acqua salata, raccontava mia nonna, non ci sarebbe stato bisogno di comprare neanche il sale».

L’attenzione al territorio è uno dei punti chiave di Fidenza Village, un villaggio vero, che partecipa in molti modi alla vita comunitaria del luogo su cui nasce, per esempio proponendo una scelta gastronomica incentrata sulle ricchezze locali, formaggi, salumi, verdure, e sostenendo Parma Capitale della Cultura 2020-2021 attraverso attività che riguardano anche il turismo di prossimità, alla scoperta delle meraviglie sconosciute ai più.

Nel corso dei millenni abbiamo allargato sempre più le nostre conoscenze, quelle che ci hanno permesso di andare lontano, mossi dal desiderio di trovare sempre qualcosa di più interessante. Questa è la spinta evolutiva, la stessa che ci ha riportato da dove eravamo partiti per riscoprire i portenti del nostro Paese. Ma qual è il futuro che ci aspetta?

«Il futuro che ci aspetta non può prescindere dalle nuove tecnologie», dice Massimo Spigaroli. «La nostra sfida è riuscire a usarle per proteggere e mantenere i territori e i prodotti come sono, nella loro genuinità. Le nuove generazioni sentono e sostengono profondamente questa urgenza. Il futuro, così come deve essere, è nelle loro mani, speriamo più capaci delle nostre di combinare il passato con il presente tecnologico».

«Il futuro sarà quello che decideremo di progettare e di formare», conclude Davide Rampello, «consci della fortuna che abbiamo. Siamo nel momento di passaggio dall’era della meccanizzazione e della chimica a quella della digitalizzazione e nei giovani c’è il desiderio di salvaguardare l’ambiente che li circonda, inteso come natura, ma anche come cultura ed economia. In un certo senso tutto è ambiente».

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