Tag: aperitivo

Aperitivi natalizi: 5 idee di sfiziose e originali?

Aperitivi natalizi: 5 idee di sfiziose e originali?

Il Natale è alle porte, e quale migliore occasione degli aperitivi natalizi per ritrovarsi con amici, colleghi e parenti, scambiarsi i regali e farsi gli auguri?
Il clima festoso diventa la perfetta circostanza per mangiare e bere qualcosa in compagnia, ovviamente di goloso e sfizioso. In cerca di idee? Qui trovate una serie di idee per stuzzichini e antipasti perfetti per accompagnare le bollicine che riempiranno i vostri calici durante gli aperitivi natalizi.

5 aperitivi natalizi da provare

Albero di pasta sfoglia

Occorrono due rotoli di pasta sfoglia, un po’ di manualità e gli ingredienti che più amate per il ripieno. L’effetto scenografico è garantito. Con eventuali avanzi di pasta sfoglia potete fare girelle, pizzette o grissini.

Ingredienti per 4 persone

  • 200 g di prosciutto cotto a fette
  • 60 g di parmigiano grattugiato
  • 2 rotoli di pasta sfoglia
  • 1 tuorlo per spennellare
  • semi di sesamo q.b.

Procedimento

  1. Srotolate il primo rotolo di pasta sfoglia e disponetelo su un foglio di carta da forno.
  2. Con i rebbi di una forchetta fate tanti fori. Ritagliate la sagoma di un albero completo di tronco e adagiatevi sopra le fette di prosciutto cotto. Spolverizzate con il parmigiano grattugiato.
  3. Srotolate il secondo rotolo di sfoglia ritagliate la sagoma di un albero e bucate la pasta con i rebbi della forchetta. Adagiatela sopra l’altra facendo combaciare tutte le estremità.
  4. A questo punto ritagliate i rami facendo dei tagli orizzontali alti circa 2cm (lasciando intatti la base e il tronco centrale) e arrotolate ogni ramo su se stesso chiudendo bene le estremità.
  5. Lasciate riposare in frigo per circa 20 minuti. Preriscaldate il forno a 180°C in modalità statica. In una ciotola sbattete l’uovo e spennellatevi la superficie dell’albero.
  6. Aggiungete i semi di sesamo e infornate per circa 20 minuti. Quando l’albero di sfoglia sarà dorato sfornatelo e lasciatelo intiepidire prima di servirlo.

Mangiare in via Veneto, aspettando la rinascita della dolce vita

Mangiare in via Veneto, aspettando la rinascita della dolce vita

Mangiare in via Veneto a Roma, la via più famosa della Capitale, non era cosa facile. Ma qualcosa sta cambiando. Perché via Veneto sta rinascendo dopo anni di oblio e lo sta facendo proprio a partire dalla cucina. Romana e italo-americana.

Il primo scandaloso spogliarello

Tutto era cominciato, ufficialmente, il 5 novembre del 1958, con la festa per il ventiquattresimo compleanno della contessina Olghina di Robilant al Rugantino di Trastevere: qui si esibì nel celebre spogliarello la ballerina turco-armena Aïché Nana, finendo mezza nuda su tutti i giornali dell’epoca. Roma era diventata la capitale internazionale del divertimento e della mondanità, e il suo epicentro era proprio via Veneto. Per la presenza degli hotel più lussuosi e dei locali aperti fino all’alba, via Veneto è stata per un ventennio il punto di ritrovo di vip, attori, nottambuli e paparazzi. Qui soggiornavano e passavano le serate, fra i bar, le lobby e le camere degli hotel che hanno fatto la storia della via. All’Harry’s Bar Frank Sinatra suonava il pianoforte e ancora oggi la sera si cena con il sottofondo del piano bar. Dal 1962 ha animato la Roma by Night e ospitato gli attori di Hollywood in visita alla Capitale, ma non c’entra nulla con quello di Venezia, quindi inutile cercare un piatto di carpaccio.

La grande bellezza: un cantiere

Nel 2013 è stato il set di La grande bellezza di Paolo Sorrentino, film che ha fotografato la upper class dei salotti romani, buoni e anche decadenti. «La grande bellezza sta a La dolce vita come la via Veneto di oggi sta alla via Veneto del 1959. Adesso è solo una strada di hotel di lusso dove è vano ricercare il clima notturno di un tempo» aveva scritto Alessandra Levantesi Kezich, critica cinematografica per “La Stampa”, in occasione della sua uscita. Ebbene sì, perché è davvero inutile venire in via Veneto alla ricerca di caffè affollati di artisti, intellettuali, divi e fotografi. Negli anni altri quartieri si sono fatti largo nelle preferenze di romani e turisti e via Veneto è rimasta accomodata sugli allori. Oggi via Veneto è un cantiere.

Fra pubblico e privato, c’è il progetto (già avviato) di riqualificare l’aspetto urbanistico e di rilanciare i locali storici per riportare via Veneto great again. Molti hotel prestigiosi sono attualmente chiusi o in ristrutturazione: il primo hotel di via Veneto, l’Hotel Majestic, inaugurato nel 1889 e progettato dall’architetto Gaetano Koch, autore tra gli altri del vicino palazzo dell’ambasciata americana e del palazzo della Banca d’Italia (Palazzo Koch), ha chiuso i battenti ed è stato acquisito da Boscalt Hospitality (Rothschild) e verrà ristrutturato. Il Westin Excelsior Rome, disegnato dall’architetto Otto Mariani ai primi del Novecento in stile neobarocco, è stato comprato e chiuderà a breve per lavori. Il Grand Hotel Via Veneto si trasformerà in un Nobu Hotel and Restaurant, anche se non si sa ancora quando. Poco distante, in via Boncompagni, sono iniziati i lavori per il nuovo Mandarin Oriental. Unica nota stonata, per il Cafè de Paris invece dopo il sequestro e dieci anni di chiusura, la serranda resta ancora abbassata e tutto tace. La via è ancora divisa in due, a sud a parte Signorvino è ancora tutto un cantiere o bar che servono American Breakfast a pochi euro, verso nord invece la rinascita è già cominciata.

Make dolce vita Great Again

Primo a guidare la cordata della rinascita, l’InterContinental Rome Ambasciatori Palace, così chiamato proprio in onore della vicina ambasciata americana. Costruito come residenza dell’ambasciatore, poi trasformato in biblioteca, è il primo cinque stelle a inaugurare il nuovo corso della via più famosa della capitale. Centosessanta camere a pura vocazione leisure, un design che riprende gli stilemi della romanità, un rooftop con vista e il ristorante Scarpetta NYC che attrae un pubblico di turisti americani e local; che in via Veneto significa ancora americani. Scarpetta NYC è un cortocircuito: un ristorante di cucina italo-americana, voluto da un newyorkese, ispirato al concetto di La dolce vita, da cui il nome del gruppo LDV Hospitality. Un format foresto che incarna l’italianità all’estero, e non un tentativo di imbastardire la cucina italiana per incontrare i gusti altrui. Pasta e pane fatto in casa, spaghetti al pomodoro (e burro, cremosissimi) e menù da steak house, proprio come negli Stati Uniti. Amatissimo dagli expat, dai diplomatici, dai cittadini americani di Roma e persino dai turisti in viaggio che ritrovano così i sapori di casa e un locale in cui sentirsi trasportati a New York. Via Veneto è infatti un avamposto americano in Italia, non a caso il primo Hard Rock Cafe italiano aveva aperto qui, nel lontano 1998, e una delle discoteche più famose della capitale (aperta nel 1972) è proprio in zona e si chiama Jackie O’, intitolata all’iconica Jacqueline Kennedy, vedova di JFK, divenuta nel 1968 la signora Onassis.

Amari, piccola guida al nuovo bon ton

La Cucina Italiana

Fiori? Una buona etichetta? L’ultimo libro di successo? Di recente il mio regalo più indovinato per un invito a cena è stato un set di sei bicchierini da amaro in vetro molato. Erano l’ornamento delle credenze nelle case delle signorine Felicita gozzaniane e, tuttora, delle vecchie trattorie di provincia. Trovarli non è stato facile perché oggi sono tra gli oggetti più ricercati sui banchi dei mercatini. Ed è diventato un gioco elegante andare il fine settimana in quelli di provincia prima che arrivino a prezzi triplicati in città.

È un segnale del grande ritorno degli amari, adesso protagonisti di nuovi modi di pensarli, berli e offrirli. Una piccola rivoluzione provocata da un pubblico giovane che li ha riscoperti perché esprimono l’aspirazione a vivere e pensare in modo nuovo il territorio da cui provengono, la sua storia, il suo paesaggio. Sono almeno 150 le etichette note, ma, assicurano i barman, in Italia ogni campanile ha la sua. Piene di medaglie, di scenari, di vegetazione montana o marina, invitano a prendersi il proprio tempo, a respirare, a rallentare, a percorrere sentieri lunghi e faticosi anziché comode scorciatoie. Ecco allora una piccola guida al nuovo bon ton degli amari.

Aperitivo

L’aperitivo più amato, lo Spritz, si avvantaggia di una sfumatura corroborante sostituendo ai tradizionali Aperol e Campari un amaro. A casa, ma non solo, la scelta va accompagnata dal piccolo racconto del luogo d’origine e del suo universo vegetale. Calice a stelo, bel cubetto di ghiaccio, di qualità senza essere troppo impegnativa la bollicina. Per i classici 4‐5 centilitri, i gradi sono circa 15. Insieme: acciughe del Cantabrico su trancetti di pane grigliato spalmato di burro.

Dopocena

Si serve a fine pasto per sottolineare un momento di convivialità intima. Il suo significato rituale aumenta se l’amaro è fatto in casa seguendo collaudate ricette familiari. Dalle noci alla genziana. Per un servizio impeccabile i bicchierini d’antan, adatti ad accogliere circa 4‐5 centilitri. Vanno presentati su un vassoietto coperto da un centrino ricamato. Unica variante rispetto alla tradizione, è servirlo freddo. Insieme: cioccolato fondente.

In degustazione

Dopocena, invece del distillato. In base alla sua peculiarità ed eccellenza, può essere servito con o senza cubetto di ghiaccio. Senz’altro liscio un amaro invecchiato in botti di rovere di Slavonia per anni, che merita di essere sorseggiato con concentrazione per invogliare alla ricerca delle erbe, delle radici, delle cortecce che lo compongono. Canonico il bicchiere cilindrico o tronco conico. Insieme: niente!

Miscelato

I bartender cavalcano nuove interpretazioni di grandi cocktail classici sostituendo amari di carattere ai distillati. Dal Moscow Mule al Gin Sour. Con templi dedicati. A New York: Amor Y Amargo; a Roma: Amaro Lobby Bar & Lounge. Il vantaggio, oltre al profilo gustativo originale, è che la gradazione alcolica si aggira sui 30 gradi anziché sui 40‐45. Ogni preparazione esige il bicchiere tradizionalmente dedicato e un rametto di una delle erbe aromatiche che compongono l’amaro. Insieme, tartine di consistenza morbida: avocado con una punta di salmone o di bottarga o con un boccone di ceviche.

Dissetante

In piscina, dopo la partita di tennis, in alta quota dopo una camminata. Qui gioca benissimo la versione leggera che può andare dall’abbinamento con un’acqua minerale molto frizzante fino a scelte sofisticate. Per esempio: un amaro agrumato calabrese o siciliano, un’acqua tonica mediterranea, uno splash di succo di pompelmo, la sua scorzetta. Insieme: niente!

In pairing

Abbinare un amaro a una delle portate di una cena non è facile. O meglio: per i dolci le nozze col cioccolato sono una garanzia. Ma per il resto? Eccellente: melanzane al forno o alla griglia con aglietto e scorza di limone. Facile: una frittata farcita di erbe amare, dall’ortica alla cicoria. Audace: risotto, mela e peperone verde.

Proudly powered by WordPress