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Venezia: alla scoperta della città autentica con i migliori bacari

La Cucina Italiana

Qui ogni volta è tutto diverso: dagli incontri casuali, di solito il venerdì che è il giorno di punta (si fanno le scorte di pesce per il weekend), alle disponibilità del pescato a seconda della stagione; quello che non cambia mai è il suo modo di farvi vivere questa esperienza nel modo più reale possibile, spiegandovi anche alcuni dati storici importanti. Ad esempio, sulla facciata all’entrata del mercato, c’è un antico cartello in marmo bianco con il nome di alcuni pesci e il relativo peso: si tratta delle leggi che un tempo stabilivano il peso minimo che dovevano avere alcune varietà, in modo da evitare che venissero venduti pesci troppo piccoli o giovani, per una questione di sostenibilità. «La Serenissima era molto severa con chi vendeva il pesce sotto misura». Anche oggi c’è una certa selezione nell’offerta che trovate sui banconi e che sceglierete insieme a lei per il pranzo da preparare poi insieme a casa sua; ma non senza aver fatto prima una tappa obbligatoria a suon di cicchetti. A Venezia, infatti, ogni vicolo è scandito dalla presenza di un bacaro, dove fermarsi per una cicchettata.

Due. I migliori bacari a Venezia

“Andiamo a farci una cicchettata” o “a berci un gotto de vin, o n’ombra de vin”. Sono queste le frasi che sentirete più spesso passeggiando per i quartieri meno noti della città, dove vigono alcuni obblighi morali, come le varie tappe nei bacari. I bacari non sono dei bar, ci spiega sempre Barbara, ma delle piccole trattorie, delle osterie dove si va a mangiare un cicchetto con il solo ed unico scopo di berci insieme del vino. «È un concetto di cibo molto simile alle tapas», continua, «infatti i cicchetti di base sono pezzi di pane diversi con sopra del cibo sfizioso». Trovarli non è difficile, la città ne è piena; ma trovarli buoni, fatti come si deve, con materie prime fresche e di qualità, è un’altra cosa. Per questo, meglio affidarsi a chi in merito ne sa.

A due passi del mercato c’è All’Arco, dove trovare i cicchetti sempre con ingredienti impeccabili, come quello indimenticabile con l’ombrina o altri pesci crudi; non da meno da Fiore dove provare tutte le versioni con il baccalà mantecato, fresco, al pomodoro; o ancora al Bottegon, Cantine del Vino già Schiavi; poi c’è Dalla Vedova, tra le migliori cicchetteria che ci sia, dove invece andate di polpette. In zona Cannaregio alle Fondamenta dei Ormesini c’è solo l’imbarazzo della scelta, con bacari che si susseguono uno dopo l’altro; tra questi non perdetevi la bella atmosfera dello storico Al Timon, soprattutto per gli amanti della carne; e in assoluto Vino Vero, tra i primi ad aver portato la cultura dei vini naturali in città, dove per altro lavorava Barbara. Cicchetti a parte, per un pasto completo più classico c’è il nuovissimo Stappo, dove meritano assolutamente i loro spaghetti alle vongole, con una serie di etichette in abbinamento ben selezionate dal personale. Ora, una volta espletati i doveri della città, cioè una serie di cicchetti e gotti (altro che ombre!) de vin, siete pronti per un pasto a casa della Madame.

Tre. La cucina di Madame Barbara

Dopo gli studi in lettere indirizzo archeologico, che l’hanno portata irrimediabilmente a Venezia, Barbara ha sempre lavorato nel mondo della ristorazione, sia in sala che in cucina. Da vera viveur, non le sono mancate esperienze anche all’estero, come ad esempio un periodo a Formentera; ma poi è sempre tornata qui a casa, dove oggi vive nella splendida Campo Balastro (cioè una piazza), insieme al compagno fotografo.

La piadina romagnola autentica come insegna uno chef di zona

La Cucina Italiana

In vacanza per la prima volta a Cesenatico (località consigliatissima) ho deciso di assaggiare la deliziosa piadina romagnola, che conoscevo solo per averla assaggiata in qualche chioschetto a Milano, la mia città. Lasciatevi dire che servita da uno chef del posto, la piadina ha tutto un altro sapore. Ma non si sono limitata all’appagante esperienza gustativa. Curiosa come sono di conoscere tutto ciò che riguarda la tradizione gastronomica locale, ho chiesto allo chef Thomas Spinelli di Valverde Ricci Hotel di Cesenatico di spiegarmi per filo e per segno come si prepara la piadina romagnola. Prima di addentrarmi nella parte pratica, vi racconto alcune curiosità che ho appreso chiacchierando con lo chef. 
In primis che la piadina romagnola ha origini antichissime: pensate che sono state rinvenute tracce dell’utilizzo da parte dei popoli Etruschi insediati in quella che oggi conosciamo come Romagna di un sostituto del pane. Consisteva in un preparato rotondo di farina grezza e cereali. 
In un salto temporale in avanti, ho scoperto dallo chef che alla fine degli anni Venti la piadina è entrata nella quotidianità delle famiglie locali. La piada (come viene chiamata in Romagna) veniva preparata tutte le sere dalle donne di casa al rientro dai campi, rapidamente impastata, cotta al forno in un contenitore di argilla e subito mangiata in maniera conviviale. 
Per arrivare ai tipici chioschi di piadine sul lungomare occorre attendere gli anni Cinquanta. E se avete notato differenze in termini di spessore a seconda della località di villeggiatura non c’è da sorprendersi: nella Romagna settentrionale la piadina è più spessa, mentre più ci si sposta in direzione sud, più diventa sottile.

Ricci Hotels: la piadina. Foto Francesca Bocchia

Francesca Bocchia

Quello che ho imparato sulla preparazione della piadina romagnola originale

Iniziamo dagli ingredienti da procurarsi. Considerando il quantitativo per 5 piadine, ponete sul piano di lavoro 500 grammi di farina di grano tenero dell’Emilia Romagna tipo 1M; 70 grammi di strutto di mora romagnola (salume presidio Slow Food); 2 pizzichi di bicarbonato di sodio oppure 10 grammi di lievito in polvere per torte salate; 8 grammi di sale dolce di Cervia; acqua quanto basta. Mettete la farina su una spianatoia, create un cratere con al centro un buco ben largo. Aggiungete ora sale di Cervia, lievito e lo strutto di mora romagnola. Solo alla fine, versate dell’acqua, andando a occhio e senza esagerare. Lavorate il cratere, avendo l’accortezza di impastare dall’esterno verso l’interno. Terminata la fase di impasto, occupatevi di formare delle palline di circa 120/140 grammi ciascuna (ricordando che, come già detto, la piadina cambia il suo spessore in base alla zona in cui ci si trova, dunque non esiste una regola stringente). 
Importante: la piadina si tira solo da un verso con il matterello e si gira in modo che sia rotonda. Ponetela sulla teglia a cuocere per qualche minuto, forandola prima da un lato e poi dall’altro. Ricordate di non lasciarla all’aria, altrimenti rischiate di seccare l’impasto e renderla la piada meno morbida. Quando inizia a dorare si gira una volta sola, ma sappiate che non c’è un tempo standard di cottura (anche se in Romagna non la fanno mai troppo cotta). 
Come farcirla? Dallo chef Thomas Spinelli ho imparato che la combinazione di prosciutto crudo, rucola, pomodori estivi tagliati a fette e squacquerone è imbattibile, anche se in origine si utilizzavano erbe di campo. Fresca e saporita, deliziosa e saziante, consiglio la piada per pranzi e cene estive, da soli e in compagnia. Mangiarla con le mani aggiungerà un ulteriore elemento godereccio all’esperienza gustativa.

L’insalata di fagioli alla romana, una ricetta autentica

L'insalata di fagioli alla romana, una ricetta autentica

Come preparare l’insalata di fagioli alla romana, un piatto unico estivo che si traveste da contorno

I fagioli alla romana sono una ricetta laziale semplice e ricca di gusto. Spesso proposti come contorno nelle trattorie, sono in realtà preparati in un’insalata perfetta per essere consumata come piatto unico o secondo. Come tutte le ricette rustiche, prevede l’uso di pochi e semplici ingredienti che devono essere scelti con cura per fare la differenza. Per preparare dei buonissimi fagioli alla romana è quindi bene scegliere dei fagioli freschi, una cipolla rossa profumata, un olio extravergine d’oliva saporito e piccantino e delle acciughe di qualità. Per dare una marcia in più al piatto, sono importanti anche gli odori: scegliere un timo appena colto e del pepe in grani da macinare al momento sono piccoli gesti importanti per trasformare una banale insalata di fagioli in un grande piatto.

Gli ingredienti dei fagioli alla romana

600 g fagioli borlotti e cannellini lessati, una cipolla rossa, 8 filetti di acciuga sott’olio, aglio, olio extravergine d’oliva, aceto di vino bianco, timo, pepe e sale

Come preparare l’insalata di fagioli

Affettare la cipolla rossa e metterla in ammollo con acqua e aceto per circa mezz’ora. Intanto sbucciare uno spicchio d’aglio, privarlo dell’anima e tritarlo finemente. Tritare anche le acciughe e metterle in una ciotolina con 4 cucchiai d’olio e uno di aceto, Unire l’aglio, mescolare bene e aggiungere il timo. Scolare bene le cipolle, unirle ai fagioli lessi in una ciotola e condire con l’olio con aglio, acciughe e timo. Mescolare bene e regolare di sale e pepe.

La variante vegetariana e vegana

Per trasformare la ricetta dei fagioli alla romana in un piatto vegano basterà eliminare le acciughe. La spinta sapida e di carattere delle acciughe può essere data da erbe intensamente aromatiche come la menta che è molto usata nella tradizione culinaria romana ed è perfetta per rinfrescare il palato sollecitato dall’aglio. Per creare un piatto unico vegano invece, è possibile aggiungere del tofu tagliato a cubetti.

 

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