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Coronavirus, i negozi e le attività che riaprono da oggi

Coronavirus, i negozi e le attività che riaprono da oggi
Coronavirus, i prodotti alimentari più acquistati dagli italiani
Coronavirus, i prodotti alimentari più acquistati dagli italiani
Coronavirus, i prodotti alimentari più acquistati dagli italiani
Coronavirus, i prodotti alimentari più acquistati dagli italiani
Coronavirus, i prodotti alimentari più acquistati dagli italiani
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Coronavirus, i prodotti alimentari più acquistati dagli italiani
Coronavirus, i prodotti alimentari più acquistati dagli italiani
Coronavirus, i prodotti alimentari più acquistati dagli italiani
Coronavirus, i prodotti alimentari più acquistati dagli italiani

La “fase due” non è ancora iniziata. Ma, da oggi, come prevede il decreto della Presidenza del Consiglio, riparte qualche attività e riapre qualche negozio. Le regole, però, non sono valide in tutta l’Italia: ci sono diverse eccezioni regionali.

I negozi

È prevista la riapertura di librerie, cartolibrerie e negozi di abbigliamento per neonati e bambini. Ma non dappertutto: in Piemonte la ripresa di queste attività non è permessa. In Lombardia non è concessa la riapertura di librerie e cartolerie: la vendita di libri, quaderni e pennarelli “è consentita esclusivamente negli ipermercati e nei supermercati”, e possono riaprire “con le consuete regole relative a igiene e distanziamento, i negozi per la vendita di articoli per neonati e bambini”, mentre è confermata, fino al 3 maggio, “la chiusura degli alberghi (con alcune eccezioni: gli hotel utilizzati per la degenza dei malati), degli studi professionali (che proseguono l’attività in smart working, salvo eccezioni per particolari scadenze) dei mercati all’aperto e di tutte le attività non essenziali”. Anche in Emilia-Romagna, nelle province Piacenza e Rimini, a Medicina e nella frazione di Ganzanigo, rimangono “sospese le attività di commercio al dettaglio di carta, cartone e articoli di cartoleria, di libri, di vestiti per bambini e neonati”. In Lazio è stata posticipata l’apertura delle librerie al 20 aprile per dare il tempo agli esercenti di poter organizzare le misure di sicurezza. Nemmeno in Campania riaprono librerie e cartolerie, e i negozi di abbigliamento per bimbi potranno rimanere in attività solo due mattine alla settimana, il martedì e il venerdì, dalle 8 alle 14. La produzione e la consegna del cibo da asporto rimangono bloccate.

Le attività produttive

Hanno il permesso di riprendere: l’uso delle aree forestali e la silvicoltura, la fabbricazione dei computer, la cura e la manutenzione del paesaggio, le opere idrauliche, il commercio all’ingrosso di carta e cartone. Alle aziende che non possono lavorare è consentita «la spedizione della merce in giacenza, l’accesso ai locali aziendali di personale dipendente o terzi delegati per lo svolgimento di attività di vigilanza, attività conservative e di manutenzione, gestione dei pagamenti nonché attività di pulizia e sanificazione».

Le regole per chi riapre

I negozi e le aziende dovranno rispettare il distanziamento, provvedere alla pulizia due volte al giorno, all’aerazione naturale e al ricambio d’aria, rendere disponibili e accessibili i sistemi per la disinfezione delle mani accanto a tastiere, schermi touch e sistemi di pagamento, garantire l’uso di mascherine negli ambienti chiusi e dove non si può garantire il distanziamento e l’uso dei guanti «usa e getta» nelle attività di vendita di alimenti e bevande. Nei locali fino a quaranta metri quadrati potrà accedere una persona alla volta, oltre a due operatori (al massimo), mentre in quelli di dimensioni superiori l’ingresso è regolamentato in base agli spazi disponibili, e, dove possibile, i percorsi di entrata e di uscita vengono differenziati.

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Franco Pepe in campo contro il coronavirus

Franco Pepe in campo contro il coronavirus

Il pizzaiolo di Caiazzo ha dato vita a due iniziative di solidarietà, da un lato una raccolta fondi per l’Ospedale di Caserta, dall’altro tiene il forno della pizzeria Pepe in Grani acceso per preparare pizza, pane e dolci da donare a chi ne ha bisogno

“Abbiamo cominciato regalando prodotti preparati con tutto ciò che avevamo di deperibile in cucina e poi abbiamo continuato a tenere un forno acceso per donare a chi ne ha bisogno”. Che Franco Pepe avesse un cuore d’oro chi lo conosce, anche da prima dell’emergenza Coronavirus, lo sapeva già. Come dice lui, ce l’ha nel Dna: il nonno, panificatore al tempo della Seconda guerra mondiale, imbrogliava a fin di bene sui quantitativi di pane da distribuire con la tessera annonaria. “Nonno rischiava, perché gli controllavano perfino i quantitativi di farina utilizzati, ma lui, una volta dati i 150 g di pane a chi la tessera ce l’aveva, riusciva sempre a tenere da parte un po’ di pane per chi aveva bisogno”.

Franco, dal canto suo, non appena la situazione ha cominciato a diventare più tesa, si è informato sui bisogni dell’Ospedale di Caserta. Per prima cosa si è messo in contatto con il sindaco di Castel Campagnano, Giuseppe Di Sorbo, che ha una fabbrica che produce ventilatori polmonari. “Da lui abbiamo acquistato praticamente a prezzo di costo un ventilatore polmonare e le prime 40 mascherine per l’Ospedale di Caserta. Questa prima operazione l’ho fatta come Franco Pepe e Pepe in Grani, ma anche i piccoli produttori della zona, con cui collaboro da anni, hanno voluto partecipare all’iniziativa”.

Intanto Franco, per proseguire la sua attività benefica a favore dell’ospedale, si è messo in contatto con un’associazione e ha lanciato una raccolta fondi su una nota piattaforma. Il secondo obiettivo di donare altre 500 mascherine è già stato raggiunto e Pepe è al lavoro per questo, anche se non mancano i problemi. “Stiamo capendo se sono certificate, se vanno bene per l’ospedale, certo non è facile per me, io faccio il pizzaiolo, ma tenermi impegnato mi tiene vivo. Inoltre ci tengo a specificare di essere convinto che ha ragione chi dice che la beneficenza si fa in silenzio, ma se ho comunicato le mie iniziative è per farmi promotore di un bisogno vero della sanità campana e casertana in particolare, con la consapevolezza che questo male si vince solo unendo le forze e facendo squadra”.

Ugualmente Franco Pepe ammette di tenersi impegnato tenendo il forno acceso. “Siamo io e tre miei collaboratori, due ragazzi egiziani e un ucraino, abitiamo uno accanto all’altro e praticamente siamo una piccola famiglia, pranziamo insieme, oggi ho fatto pasta e piselli”. La giornata, afferma Franco, è strutturata così: un po’ di tempo si dedica alla sperimentazione in vista di un’agognata riapertura, il resto del tempo si producono lievitati per chi ne ha bisogno con uno dei due forni che è rimasto acceso nonostante sia chiusa la pizzeria.

Il pane, la pizza, la pizza fritta, i biscotti, la brioche che faceva mio nonno: stiamo facendo i nostri lievitati da donare ad associazioni come L’Angelo degli ultimi di Caserta, che si occupa di portare un pasto caldo ai clochard della stazione di Caserta, che sono 70-80 persone in seria difficoltà”. Oppure ai centri anziani della zona, dove Franco Pepe manda le sue prelibatezze per dare una giornata di gioia a chi si sente solo in questo momento. Un impegno che gli è valso il plauso via social anche di esponenti del Governo, come la ministra Teresa Bellanova.

Anche in questa iniziativa sono tanti gli amici di Franco Pepe che si stanno facendo avanti per collaborare. “Per adesso”, “ce la facciamo con il nostro magazzino e stiamo dicendo di no alle offerte di prodotti per evitare troppi spostamenti, ma chiaramente tutto dipende da quanto sarà lunga l’emergenza”. E a proposito di magazzino, Franco ammette che il fermo forzato gli ha dato l’opportunità di scavare nella sua dispensa alla scoperta di tutti i prodotti che nel tempo gli avevano mandato da testare. “Di solito siamo troppo affannati per aver tempo di prendere in considerazione questi prodotti, ma adesso stiamo approfittando di questo tempo libero per tirare tutto fuori dagli scaffali e fare una riflessione sulle materie prime”.

Non manca la riflessione anche sugli accorgimenti del post-emergenza. “Stiamo studiando quali altri accorgimenti possiamo mettere in campo per far tornare il pubblico in sicurezza, quando sarà possibile. Tuttavia, l’attenzione all’igiene è un tema che non mi coglie impreparato. Avevamo le colonnine di Amuchina già dal 2012, sanificavamo i tavoli di marmo a ogni cambio già con molta attenzione e già utilizzavamo mascherine e guanti per manipolare gli ingredienti. Adesso voglio intervenire con ulteriori dispositivi di sicurezza, diminuiremo certamente i tavoli e lavoreremo sul problema della fila nel vicolo, che bisogna azzerare per evitare gli assembramenti”.

Franco non nasconde di essere il primo ad avere paura del Coronavirus. “Fino a pochi giorni fa, prima del lockdown, siamo stati tutti a contatto con 200-300 persone a sera e abbiamo dato vita a una chat con tutti i dipendenti per dirci se qualcosa non va bene. Personalmente, anche io ho paura, ma mi arrivano da tutto il mondo un sacco di messaggi che mi dicono di tenere duro e questo mi fa forza”.

Per partecipare alla raccolta fondi clicca su Raccolta per Az. Osp. S.Anna e S. Seb. Caserta.

Coronavirus, vietato vendere la pastiera in Campania

Coronavirus, vietato vendere la pastiera in Campania

Scafati è stato il primo comune a proibirne la commercializzazione da parte dei panifici e dei negozi di generi alimentari. È successo anche per le zeppole

Quest’anno la pastiera toccherà imparare a farla in casa: a Scafati, in provincia di Salerno, così come in altri Comuni campani che hanno seguito il suo esempio, è stata vietata la vendita del dolce simbolo della Pasqua e della tradizione partenopea. Le pasticcerie (così come i ristoranti, i bar, i pub e le gelaterie) sono chiuse per l’emergenza coronavirus? E allora il sindaco Cristoforo Salvati ha deciso che «panifici, salumerie e i negozi di generi alimentari» (rimasti aperti perché vendono merce di prima necessità) non faranno loro concorrenza: non potranno commercializzare «prodotti di pasticceria fresca».

«Il provvedimento si è reso necessario alla luce di numerose richieste pervenute alla mia attenzione circa la possibilità di vendita da parte dei panifici di dolci con crema ed altri prodotti di pasticceria», ha spiegato il primo cittadino nella sua ordinanza, «considerando che, con l’approssimarsi delle festività della Santa Pasqua, è tradizione consumare particolari tipi di dolci come zeppole e pastiere di grano». I panifici, le salumerie e i negozi di generi alimentari sono autorizzati a produrre solo pane, grissini, pane biscottato, taralli: tutti i prodotti, insomma, considerati di prima necessità. E i trasgressori potranno essere puniti con una sanzione fino a 500 euro.

La Campania, rispetto al resto dell’Italia, ha una diversa posizione, più rigida, riguardo alle consegne a domicilio: secondo Vincenzo De Luca, presidente della Regione, possono essere «strumenti di diffusione del contagio».

Gli altri cibi vietati

Il divieto aveva già colpito le famose zeppole di San Giuseppe, che vengono preparate per la festa del papà e che sono state dichiarate «non di prima necessità» in diversi comuni campani: quattro pasticcieri di Marano di Napoli sono stati denunciati dai carabinieri, che hanno scoperto il laboratorio di pasticceria aperto e una rete di vendita a domicilio.

D’altra parte, a Roma la stretta riguarda la pizza: i fornai non dovrebbero commercializzare quella farcita, ma solo la semplice pizza rossa (con pomodoro e olio) e quella bianca (condita con olio e rosmarino), almeno in base alla circolare inviata agli agenti della Polizia Locale di Roma Capitale. Non si tratterebbe di una vera e propria imposizione, ma di un “consiglio” per evitare assembramenti: secondo l’ufficio di Studi Normativi, infatti, un certo tipo di pizza, quella con la mozzarella, la verdura, i formaggi, il prosciutto, le patate, ad esempio, potrebbe invogliare le persone a consumare all’interno del locale e a creare pericolosi assembramenti.

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