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Boston cream pie – Ricetta di Misya

Boston cream pie - Ricetta di Misya

Innanzitutto preparate la base: montate il burro con lo zucchero fino ad ottenere un composto spumoso.
Quando sarà ben montato aggiungete 1 uovo per volta, facendolo incorporare completamente prima di aggiungere il successivo.

Aggiungete poco per volta farina, maizena e lievito setacciati, e in ultimo incorporate anche la vaniglia.

Imburrate e infarinate i 2 stampi, dividete il composto a metà tra i due stampi, livellate le superfici e cuocete per 25-30 minuti a 170-180°C in forno statico già caldo.
Potete anche usare 1 unico stampo dai bordi alti da 22 cm e cuocere tutto insieme a 170°C per 40-45 minuti per poi tagliare in 2 dischi dopo la cottura.
Una volta cotto lasciate raffreddare.

Intanto preparate la crema: sbattete i tuorli con lo zucchero, poi incorporate la farina.

Incorporate il latte dopo averlo scaldato, quindi trasferite nel pentolino usato per il latte e cuocete a fiamma bassa, mescolando costantemente, fino ad ottenere una crema densa.
Rimettete nella ciotola e fate raffreddare con pellicola per alimenti a contatto.

Preparate la bagna portando a ebollizione l’acqua con zucchero, rum e limone.
Posizionate il primo disco sul piatto da portata, bagnatelo con un po’ di bagna e copritelo con la crema, quindi chiudete con il secondo disco, dopo aver bagnato leggermente anche questo.
Per facilitarmi le cose ho usato un cerchio regolabile, in modo da tenere il dolce insieme senza sporcare nulla.
Fate riposare in frigo per almeno 30 minuti.

Infine procedete con la decorazione: tritate grossolanamente (o spezzettate) il cioccolato, portate la panna quasi ad ebollizione, versatela sul cioccolato e mescolate fino a farlo sciogliere completamente.

Riprendete la torta e versateci sopra la ganache, ricoprendo tutta la superficie superiore e facendola colare un po’ lungo i bordi, poi rimettete in frigo per altri 30 minuti.

La Boston cream pie è pronta, non vi resta che servirla.

Filiera del miele: il mondo segreto degli apicoltori italiani

La Cucina Italiana

La regista del documentario, Rosy Sinicropi, condivide il suo punto di vista sulla vita degli apicoltori: «Da quando ho cominciato a raccontare, attraverso le immagini, le storie degli apicoltori ho percepito un’umanità “invisibile”, quasi sempre dietro le quinte, ma risoluta nella sua presenza. Fin dall’inizio ho visto forza, stanchezza, resistenza, passione, anche un po’ di follia. Ho sentito storie di padri, di amori, di sconfitte, di cambiamenti, di dolori e di soddisfazioni e, inaspettatamente, nell’epilogo di questi racconti, ho trovato la “poesia”. È come se le api fossero delle compagne di viaggio che hanno permesso a chi ho incontrato di guardare sé e il mondo con una prospettiva sempre nuova».

Il documentario Voci di gente invisibile ci offre una prospettiva unica sulla vita degli apicoltori in Italia. Sono 15 video testimonianze che ci guidano attraverso ambienti diversi in diverse regioni della Penisola, dal Piemonte alla Sicilia. Queste testimonianze ci mostrano anche il lavoro dei “raccoglitori nomadi”, che seguono le fioriture per consentire alle api di produrre mieli pregiati e unici. Il documentario è un autentico reportage che racconta le sfide quotidiane che gli apicoltori affrontano mentre convivono in armonia con la natura, cercando di proteggere le api e il nostro benessere in ogni ecosistema.

Voci di gente invisibile è disponibile in versione integrale sul sito www.storiediapicoltori.it, offrendo un’opportunità unica di scoprire le vite e le storie dei “custodi della natura” che mantengono viva la tradizione apistica italiana. Questo documentario è un omaggio alla dedizione di chi ha scelto di dedicare la propria vita alle api e alla promozione di una cultura del miele sostenibile.

Cos’è CONAPI e cosa fa

CONAPI è la più grande cooperativa apistica in Europa, con circa 600 apicoltori, 100mila alveari, di cui quasi la metà sono biologici, e ben 5 miliardi di api in tutta Italia. Questa cooperativa ha una sede a Monterenzio, in provincia di Bologna, ed è un punto di riferimento per la produzione e la promozione del miele di alta qualità. CONAPI si impegna a connettere l’apicoltura con le persone attraverso iniziative innovative e culturali.

Il Conegliano Valdobbiadene raccontato da 5 giovani scrittori

La Cucina Italiana

Giovanissimi davvero e un po’ intimiditi, i cinque finalisti del premio Campiello Giovani sono arrivati tra le colline del Conegliano Valdobbiadene per visitare il territorio protetto dall’Unesco e per trovare nuovi ispirazioni per i loro scritti, che confluiranno poi nel volume Trame di vite. Si tratta di una bella iniziativa progettata dal Consorzio di Tutela e giunta quest’anno alla seconda edizione, poiché permette di raccontare il territorio con un punto di vista diverso e originale. Il momento della loro visita ha coinciso con quello della vendemmia, che da queste parti non è esagerato definire eroica: le pendenze sulle Rive sono vertiginose, le vigne ricoprono le colline e si intervallano a fitti boschi, le strade sono strettissime e spesso sterrate. Non c’è altro modo di raccogliere l’uva se non a mano, in equilibrio precario, al massimo con il solo aiuto di ingegnose carrucole che trasportano i grappoli verso un punto di raccolta vagamente pianeggiante. 

Alla scoperta del territorio

I ragazzi – Elisabetta Fontana, Valeria Lanza, Ester Mennella, Chiara Miscali ed Emanuele Tomasoni – sono arrivati direttamente da Venezia, freschi della serata di incoronazione (la vincitrice dell’edizione 2023 è stata Elisabetta Fontana, con il racconto Sotto la pelle) e hanno trascorso tre giorni nella zona del Conegliano Valdobbiadene, durante i quali hanno visitato i luoghi più significativi della Denominazione, provato ristoranti e trattorie e incontrato alcuni personaggi e personalità, particolarmente significativi per il territorio, come lo storico locale Miro Graziotin e il docente di Storia dell’agricoltura e Storia dell’alimentazione Danilo Gasparini, in questa occasione nelle vesti di due Virgilio narratori di usanze e tradizioni.

Dopo avere incontrato i ragazzi al loro arrivo, durante un pranzo nella cantina della presidente del Consorzio del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg Elvira Bortolomiol, ho chiesto loro di raccontarmi le prime impressioni e suggestioni che hanno ricavato dal soggiorno. In attesa dei loro racconti per Trame di vite, ecco cosa mi hanno risposto.

I finalisti di Campiello Giovani 2023.

La parola ai “Campiellini”

I primi aggettivi che vengono in mente a Chiara Miscali per descrivere il territorio sono «bello e profondo», un aggettivo, quest’ultimo, che si lega alla storia del luogo, alle radici, al duro lavoro necessario per renderlo così, anche a livello estetico. Fa eco Elisabetta Fontana, che definisce la zona del Conegliano Valdobbiadene «autentica, poetica e frizzante», mentre Valeria Lanza pone l’accento sull’accoglienza, la cordialità delle persone e l’attenzione che la comunità pone per il paesaggio e le tradizioni. L’accoglienza, insieme al «duro lavoro e alla dedizione» sono le caratteristiche che hanno colpito anche Ester Mennella, mentre Emanuele Tomasoni descrive l’area come «appassionante, unica e ricca di storia». In quest’ottica, per Elisabetta Fontana il riconoscimento Unesco è «assolutamente meritato. Sono felice che sia stato riconosciuto e che ci si prodighi a salvaguardare un territorio tanto spettacolare, che in qualche modo è anche riuscito a rimanere fedele a se stesso e alla propria storia». 
«Credo che la valorizzazione di un territorio simile sia importante oltre che dal punto di vista della bellezza oggettiva, lampante, a tratti disarmante, soprattutto perché ritengo gratifichi il lavoro di chi, ogni giorno, tutto l’anno, si impegna per raggiungere quel bello e quel buono» aggiunge Chiara Miscali. D’accordo anche Emanuele Tomasoni che sottolinea: «Penso che sia più che meritato, che oltre a dipendere solamente dalla bellezza estetica del territorio sia stato attribuito anche per via della filosofia di vita delle persone che lo abitano e che tutto sommato sia il modo migliore per tutelare un territorio di tale valore». Valeria Lanza conclude: «Ritengo che il riconoscimento Unesco per il paesaggio di Conegliano Valdobbiadene sia significativo per il messaggio che veicola: la coltivazione della vite e il territorio sono fortemente influenzati l’uno dall’altro. Di norma, l’azione dell’uomo che sfrutta la natura comporta la distruzione e la contaminazione dei paesaggi. Nell’area del Conegliano Valdobbiadene, tuttavia, la viticoltura tradizionale, definita eroica per la pendenza delle colline, contribuisce alla creazione di bellezza: le vigne sono spesso disposte simmetricamente, secondo disegni particolari, che, da lontano, paiono ricamare i colli. Pertanto, grazie all’attenzione per l’ambiente sorta negli ultimi anni e le scelte ecologiche operate dai singoli, tradizione e innovazione, uomo e natura, coesistono preservando negli anni un territorio particolare».

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