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La tavola si veste di solidarietà

La Cucina Italiana

C’è un progetto in centro a Milano che ci parla di solidarietà sociale, di qualità e bellezza. Tutti valori preziosi, che si possono far convivere in un prodotto, come ci dimostra Guri I Zi. Si tratta di un marchio di tessuti artigianali per la casa e la tavola, creato da Idee Migranti Onlus, ente fondato nel 2006 da Elena Galateri di Genola, con la mission di contrastare la povertà attraverso iniziative di imprenditorialità femminile.

Le donne tessitrici con i loro prodotti

Guido Caltabiano

Un progetto sociale

Nel 2009, Elena Galateri avvia a Guri I Zi, paese nel Nord dell’Albania, una microimpresa tessile con l’obiettivo di offrire un’opportunità di lavoro e reddito alle donne vulnerabili della zona.   Attraverso la realizzazione di 16  telai in legno, costruiti secondo le tradizioni tipiche locali, prende il via un’attività che, pian piano, cresce vino a occupare ben 40 donne. I prodotti, dal 2012, sono venduti in Italia, secondo i principi del commercio equo e solidale.

I telai artigianali in legno, tradizionali di Guri I Zi, Albania

Una replica italiana

In seguito alle conseguenze socioeconomiche della pandemia, Guri I Zi ha deciso di replicare il modello creato in Albania sul territorio nazionale, creando il nuovo progetto “Motivo Donna”, avviato in collaborazione con la Fondazione Snam, con lo scopo di garantire lavoro a tre giovani donne, coinvolte grazie al supporto di ActionAid e di Cadmi Milano, attraverso una formazione specializzata alla tessitura. Già avviata la produzione artigianale di una collezioni speciali, che si potranno acquistare presso lo show room a Milano oppure on line.

Valerio Braschi lancia la sfida: mangereste pene di toro?

Valerio Braschi lancia la sfida: mangereste pene di toro?

Valerio Braschi torna con una provocazione delle sue. Questa volta è una sfida alle ritrosie alimentari, perché nel piatto Scapece di toro, sotto l’aspetto innocente di una gelatina a forma di testolina stilizzata di torello, con un paio di salse a far da corredo e da contrasto cromatico, c’è una lunga lavorazione di pene di toro. «Collagene puro», dice il giovane chef vincitore di MasterChef 6, che racconta come ci vogliano 18 ore di trattamento agli ultrasuoni per lavorare «la virtù meno apparente», come la chiamava De Andrè. «Una volta cotto», spiega il giovane chef, «ne otteniamo una lastra gelatinosa da cui ricaviamo le porzioni a forma di testa di toro». 

Spritzerie: locali dove lo spritz è il protagonista

Spritzerie: locali dove lo spritz è il protagonista

Lo spritz è in assoluto l’aperitivo più venduto nel nostro paese, da Nord a Sud, e oramai non ci ricordiamo neppure come fosse prima che il cocktail tipico veneto invadesse l’Italia intera. Oramai spritz è sinonimo di dolcevita nel mondo e si comincia a parlare di una vera e propria spritz economy che nel 2019 ha toccato i 4,3 miliardi di euro (“Sole24Ore”) solo nel nostro Paese.   

Lo spritz è andato alla conquista oltre confine approdando a New York, ed è lì che ha scalzato il rosé negli aperitivi della Grande Mela. In Francia, invece, per stima e un po’ per invidia, ha ispirato la versione-copia a base di vino frizzante dall’Argentina e liquore di arance Valencia: lo Chandon Garden Spritz. Fieri dell’originale e senza temere rivali, in Italia navighiamo a tutta velocità dando vita alla startup Sprizzer per dosarlo alla spina, già miscelato, e al franchising Spritzzeria per raggiungere capillarmente ogni angolo del Bel Paese

Spritz mania: dai 2€ allo stellato

Lo spritz unisce intere generazioni, e non solo perché il costo è contenuto (solitamente, ma occhio al rincaro in arrivo): parte dai 2,5€ se bianco nel Veneto, mai sotto i 4 rigorosamente con fetta d’arancia in Emilia, fino a 15€ con vista Duomo a Milano. Lo spritz dà il via al pranzo stellato al D’O di Oldani (Cornaredo, due stelle Michelin), si sorseggia sui tetti della capitale quando cala il sole e si assapora, come se fosse il più buono di sempre, da neolaureato all’Inge Bar di Ferrara. La varietà è tale che sono nati persino dei locali specializzati, quelli che vanno a tutto spritz, che lo vendono economico e fanno la fortuna dell’universitario squattrinato, o che lo servono d’autore in location da urlo. Venezia resta fedele ai suoi bacari, mentre Milano modaiola si stacca dal trend del gin e omaggia lo spritz con un locale totalmente dedicato. 

Aperol, Select o Campari?

L’IBA (the International Bartenders’ Association) l’ha inserito tra i New Era drinks nel 2011, mentre la Mixology Academy ne ha fatto un Master ad hoc. Proprio perché gli ingredienti sono pochi: vino bianco, bitter e soda, devono essere di buona qualità e ben miscelati. I bartender si spingono a cercare varianti fantasiose oppure riscoprono antichi liquori e amari, di nicchia e locali (come il Centino o il Meletti). Ci sono però le dovute differenze: a Venezia il vino è fermo e si usa rigorosamente il Select, a Treviso si serve in caraffe unendolo all’Aperol o al Campari. A Udine è d’obbligo usare il Tocai friulano e una buccia di limone, a Trieste lo spritz è ancora quello austro-ungarico: vino e acqua gassata. Non chiamiamolo banale. 

 

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