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la ricetta del “pane” senza farina e lievito | La Cucina Italiana

la ricetta del “pane” senza farina e lievito
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Il pane proteico è un pane speciale, che ricorda il classico pan bauletto anche se non ha nemmeno un ingrediente in comune con esso. È molto utilizzato da chi vuole seguire una dieta proteica o a basso contenuto di carboidrati come sostituto del classico pane a base di farina di grano tenero. Si prepara con due soli ingredienti, non contiene farina e lievito ed è sorprendentemente buono. Ecco la ricetta.

Pane proteico: la ricetta

Niente farina né lievito, per preparare questo pane avrete solo bisogno di albume d’uomo e semi di lino. Oltre che il sale, se lo gradite.

Ingredienti

200 ml di albume d’uovo
175 g di semi di lino
sale qb

Procedimento

Tritate molto finemente i semi di lino. Anche aiutandovi con un tritatutto se necessario, ma azionandolo a intermittenza: dovrete evitare che i semi si riducano in polvere.
Montate insieme albume e semi di lino fino a ottenere un composto spumoso e aggiungete un pizzico di sale. Se volete potete aggiungere a piacere anche altri semi o erbe aromatiche, per conferire al vostro pane un aroma più marcato.
Versate tutto in uno stampo da plumcake rivestito con carta forno e cuocete a 200° per 30 minuti.

Pane proteico: da colazione a cena

Chiaramente questo pane proteico ha una consistenza un po’ diversa dal solito.
È più umido, più spugnoso e delicato.
A colazione è ottimo tostato e accompagnato da burro di arachidi e confettura.
A pranzo e cena è perfetto al posto del classico pane. Per una dieta bilanciata, e per non far mancare la quota di carboidrati nei pasti, aggiungete un’altra fonte in abbinamento, per esempio le patate.
Per una dieta iperproteica invece questo pane è l’ideale e potete accompagnarlo con formaggi, salmone e affettati magri come la bresaola.

Pane fermentato al grano saraceno

Esiste anche un altro tipo di pane che si prepara con due ingredienti: il pane fermentato.
In questo caso però la farina c’è, o meglio il grano, e la lievitazione non manca pur trattandosi di un processo un po’ diverso.

Ingredienti

500 g di grano saraceno decorticato 
350 ml di acqua
sale qb
30 g di semi misti (girasole, zucca, sesamo)

Procedimento

Lavate sotto l’acqua corrente il grano saraceno e mettetelo in ammollo in un contenitore per tutta la notte.
Trascorso questo tempo scolatelo e frullatelo a bassa velocità con l’acqua pulita (350 ml) fino ad ottenere una crema omogenea biancastra.
Travasate il composto in un barattolo di vetro capiente e ricoprite con un panno pulito o con la pellicola.
Riponete il barattolo al caldo per altre 12 ore in modo tale da raggiungere il pieno stadio fermentativo.
Il processo di fermentazione giunge a termine quando si formano delle bollicine in superficie.
Aggiungete il sale e i semi, mescolate con un cucchiaio di legno con delicatezza e travasate il tutto in uno stampo da plumcake rivestito con carta forno.
Riponete di nuovo lo stampo al caldo per altre 2 ore e una volta trascorso questo tempo accendete il forno a 180° in modalità statica ed infornate subito senza attendere il raggiungimento della temperatura.
Cuocete per un’ora.

Altri consigli per fare il pane proteico in casa

Fulvio Marino, Pizza per tutti: intervista, 2 ricette e 5 consigli

Fulvio Marino, Pizza per tutti: intervista, 2 ricette e 5 consigli

L’entusiasmo di Fulvio Marino è contagioso e sfogliando il suo nuovo libro Pizza per tutti. Ricette impasto e metodo di cottura, (ed. Mondadori), la voglia di mettersi a impastare è difficile da contenere! 

L’abbiamo incontrato per voi, ecco l’intervista:

La pizza è per tutti?

«Certo, non ho dubbi in proposito. Sono un mugnaio panificatore. Nasco nel mulino di famiglia fondato da mio nonno nel 1956, il Mulino Marino, e rappresento la terza generazione». Così si presenta Fulvio Marino e continua: «Invece dei castelli di sabbia facevo montagne di farina, giravo in bicicletta dentro il mulino e consideravo la pizza una cosa buona e accessibile a tutti, qualcosa di cui non si poteva fare a meno. A casa mia nessuno impastava il pane o la pizza e così mi sono buttato: a 12 anni ho fatto il mio primo impasto, un vero disastro. A 14 anni ho preparato il mio primo lievito madre e da allora non ho più smesso. Essendo costantemente in contatto con chi usa le nostre farine, la grande passione per la panificazione è diventato un mestiere».

Che cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?

«Durante la pandemia tanti amici mi chiedevano consigli per fare il pane e la pizza a casa. Questo periodo così difficile ha riportato il pane al centro della tavola e la cucina è tornata a essere il cuore della casa. Così ho usato il  mio profilo Instagram per raggiungere più persone facendo tante dirette che provavano a spiegare come realizzare un lievitato buono anche nel forno di casa».

Già, il forno di casa… 

«Qui sta la vera sfida! Tanti pizzaioli professionisti fuori dal loro laboratorio avrebbero qualche difficoltà. Io stesso, prima di trovare le ricette giuste per gli strumenti domestici, ho fatto tanti errori. Ma è così che si arriva al risultato perfetto. Per questo nel mio libro sono indicate temperature diverse per strumenti diversi: fornetto, forno tradizionale, pietra refrattaria… C’è un mondo di possibilità, tutte affascinanti. Per questo la pizza è buona ed è per tutti, perché ciascuno può calibrare la ricetta a ciò che ha a disposizione, sia ingredienti, sia strumenti». 

Quante pizze ci sono allora? 

«Ognuno ha la sua, pensiamo in Italia quante versioni ne esistono: focaccia genovese, pizza napoletana, focaccia barese, pizza alla pala romana, solo per citare le più famose!».

Ricerche frequenti:

Inclusività: il maestro Tafuri e l’arte della pizza per tutti

La Cucina Italiana

Alcuni ragazzi, secondo lei, sono molto dotati.
«La precisione è una delle doti che noto di più in loro. È un aspetto che mi colpisce sempre, anche perché riescono a trasformare un deficit in un pregio. In cucina, in una pizzeria, in una panetteria, in una pasticceria, riuscire a garantire uguale standard, nel prodotto finito, è un pregio».

Si sente arricchito da questa esperienza?
«L’arricchimento, per me, è sicuramente umano. Lavorare con loro fa comprendere tante cose della vita, a cominciare dalla semplice constatazione della nostra fortuna. E c’è un altro aspetto che voglio sottolineare: ciò che per noi a volte può essere semplice, per loro è il frutto di un impegno notevole e rappresenta il raggiungimento di un grande obiettivo: fare 100 taralli è un traguardo significativo. Per me partecipare a tutto questo non nego che è emozionante».

Ci racconta un episodio che, durante il corso dello scorso anno, vi ha divertito?
«Un giorno, sapendo che avremmo preparato la pizza, un ragazzo, che si chiama Marco, si è portato il gorgonzola da casa, sua grande passione. Ma, durante il tempo trascorso insieme, se l’è mangiato quasi tutto. Così gliel’ho preso e nascosto, anche per evitare che si sentisse male. Ma alla fine ha vinto lui: ha trovato il nascondiglio e ha finito di gustarselo».

E un episodio che per lei è stato particolarmente significativo?
 «Un giorno vedo questo bambino che si sforza, si impegna, ma non vuole sporcarsi le mani e fa fatica anche ad arrivare comodamente al banco. Allora prendo uno sgabello di legno e lo metto sopra, in modo da farlo lavorare con tutti. Fatto questo, comincio ad osservare e vedo che tutti lo aiutano. Ecco, questa si chiama inclusione. Sono ragazzi straordinari, di grande sensibilità e capaci di mostrare e dare un affetto unico».

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