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Bambini al ristorante: si può vietare l’ingresso?

La Cucina Italiana

Il tema bambini al ristorante non passa mai di moda. C’è sempre un nuovo caso di cronaca che riporta al centro del dibattito l’eterna questione del se sia sempre opportuno portarli a pranzo o cena fuori, specie quando sono molto piccoli. Almeno due gli spunti eclatanti degli ultimi mesi: uno lo ha offerto un ristoratore spagnolo imponendo ai minori di 12 anni di rimanere seduti per tutta la durata del pasto, l’altro un hotel di lusso di Taormina che ha chiesto a una famiglia – arrivata per prendere un aperitivo al bar – di andare via perché con il passeggino del bimbo di sei mesi avrebbe intralciato il passaggio. Abbiamo parlato con l’avvocato Elia Ceriani per capire se certi divieti sono legali oppure no.

Si può impedire l’ingresso di bambini al ristorante?

«Impedire l’ingresso dei bambini al ristorante non è legale», chiarisce subito l’avvocato Ceriani. «Come un ristoratore non può impedire l’ingresso di un cliente per motivi come l’abbigliamento, così non può farlo per l’età. Non è un giustificato motivo, e cioè non è una ragione abbastanza valida». Cosa fare, allora, se capita di entrare in un ristorante ed essere messi alla porta per via di un bambino? «È uno di quei casi in cui richiedere l’intervento delle Forze dell’Ordine, che possono comminare una multa al ristoratore». E può essere anche molto salata: in questi casi, infatti, la sanzione amministrativa prevista va da 516 a 3098 euro.

Perché un ristoratore ha l’obbligo di ammettere sempre l’ingresso di bambini?

C’è un motivo ben preciso per cui un ristorante, ma anche un bar, ha sempre l’obbligo di accogliere i cliente: «È un locale pubblico e, in base all’articolo 187 del Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza, non può impedire l’accesso a chi paga per i suoi servizi, che sono considerati di prima necessità. L’unico divieto che un ristoratore può imporre ai minori è vendere alcolici: se hanno meno di 18 anni deve rifiutarsi di somministrarli», spiega ancora l’avvocato Ceriani.

È legale aprire un ristorante childfree?

«No, non è legale qui in Italia, sempre per i motivi stabiliti dal Testo Unico di Pubblica Sicurezza», dice Ceriani. Non di rado, però, i ristoratori, sui propri siti internet, specificano regole per l’ingresso dei bambini fissando fasce d’età al di sotto delle quali non è consentito entrare. Sono da considerare vincolanti? «Assolutamente no. Piuttosto sono raccomandazioni di buon senso». Indicazioni del genere, in effetti, riguardano spesso i ristoranti stellati, o comunque locali molto eleganti e poco adatti a un bambino. «Qui» fa notare l’avvocato Ceriani, «non c’entra la Giurisprudenza, ma l’educazione: bisogna sapere se il proprio bambino è in grado di non recare disturbo in locali di un certo tipo. È altrettanto vero, poi, che ci sono bimbi di 5 anni in grado di stare composti per tutta la cena e quarantenni con la voce troppo alta che possono disturbare molto di più di quanto farebbe un bambino».

Ci sono validi motivi per cui un ristoratore può decidere di far allontanare un bambino dal ristorante?

Abbiamo già fatto l’esempio del passeggino, che può essere ritenuto ingombrante, ma ci sono tanti altri motivi per cui un bambino potrebbe creare un  – vero o presunto  – fastidio al ristorante: banalmente, alzandosi continuamente da tavola, potrebbe intralciare il lavoro dei camerieri e, peggio, rischiare di farli cadere. In questi casi, il ristoratore può invitarlo ad uscire? «Un ristoratore può invitare un cliente a uscire solo se arreca un danno. Può esserlo il caso di un bambino che corre e schiamazza: oltre a disturbare i camerieri, può disturbare altri clienti, ma non è il caso del passeggino “ingombrante” o di un lattante che piange a squarciagola. Però anche l’utente ha dei diritti e doveri: bisogna sapersi comportare». 

Belle maniere a tavola: vecchio e nuovo a confronto

La Cucina Italiana

Quando si parla dell’inizio delle belle maniere a tavola e in cucina, uno dei momenti più significativi della ristorazione a Saint-Tropez è stato, negli anni Ottanta, l’approdo di Alain Ducasse al Byblos, il mitico hotel rifugio di nomi famosi nel cuore di quello che era stato un villaggio di pescatori. Il problema irrisolto era come creare un menù e arredare i tavoli in armonia con lo spirito del luogo. Apparentemente casuale, in realtà con precisi codici di eleganza. Ducasse si inventò un menù costruito su associazioni libere tra portate, contorni e salse e cancellò la complicazione del servizio inventando una posata unica, allo stesso tempo cucchiaio, coltello e forchetta. Una semplificazione geniale che ritorna attuale per un invito informale a casa che oggi deve snellirsi in armonia con l’imperativo di risparmiare energia (e energie!), di ridurre gli scarti e di abbreviare le preparazioni in cucina allungando il piacere di stare in compagnia.

Belle maniere a tavola

La tavola uno contro tre

L’idea di Spoon, la posata unica di Alain Ducasse, è stata ripresa da Davide Oldani nel suo percorso di semplificazione della tavola al D’O, il suo ristorante di Cornaredo. Si chiama Passepartout, è firmata da Schonhüber Franchi e, in versione simile, da altri produttori.

L’uovo a sorpresa

Chiuso, è un bellissimo uovo di metallo color argento da appoggiare al centro della tavola. Aperto, è un contenitore di posate infilate nei loro spazi su una base di legno. Si scoperchia, un oooh di stupore è garantito e tutti si servono man mano della posata utile. Lo produce Christofle.

La Lazy Susan

Si allineano le portate sulla superficie di questo speciale vassoio che ruota grazie a un meccanismo nascosto alla base. Posto al centro della tavola libera la padrona di casa dall’onere di servire gli ospiti. Vari i diametri e i materiali, dal legno al cristallo. Nei negozi di arredo cinese.

La tovaglia

A casa siamo restii a far sedere gli ospiti a un tavolo senza il suo vestito della festa: la tovaglia. Ma è ora di riservarla alle grandi occasioni. E di ispirarci ai tavoli nudi e lustri della Real Casa inglese, a quelli della Great Hall di Harry Potter, cioè dei College di Oxford, e a quelli dei molti grandi ristoranti che il salto l’hanno già fatto. Sì, certo, ci vuole un bel legno, come quello dei nostri nonni.

Cortesie per gli ospiti

Succede sempre più spesso di archiviare il piacere di invitare amici a casa davanti alla prospettiva del tempo da dedicare al prima, al dopo e al durante della cucina e della tavola. Anche se non si tratta di un pranzo formale. E si finisce per andare al ristorante. Ma c’è aria di rinnovamento. Il pranzo classico prevede quattro portate: un antipasto, un primo, un secondo e, in chiusura, un dolce. Ma partendo dall’idea che oggi stare a tavola più di un’ora e mezzo annoia quando non è addirittura ansiogeno, si possono accorciare i tempi promuovendo l’aperitivo ad antipasto. In questo caso sono imperativi prodotti di qualità assoluta in un insieme meditato. Per esempio cubetti di un salume raro, trancetti di salmone serviti con un bicchierino di Akvavit ghiacciata, frutta acida, verdure croccanti con salse ad hoc. Naturalmente piattino e tovagliolo sono d’obbligo. Più sorprendente (ma più laborioso)? C’è anche l’altra soluzione, più confidenziale, che prevede di far seguire un aperitivo rinforzato da un solo piatto e da un dolce leggero. Moltissimi piatti unici della cucina italiana contadina e di quella esotica sono una lezione di risparmio di tempo, stoviglie, ingredienti, denaro. Un cuscus di verdure, un curry di carne con riso Basmati, una vignarola romanesca con le primizie di primavera. E poi un gelato. Vogliamo scommettere che sarà un successo subito imitato?

Bambini al ristorante: è giusto obbligarli a stare seduti?

La Cucina Italiana

Bambini al ristorante: sì o no? Ma soprattutto, come e dove? A riaccendere l’eterno dibattito un nuovo caso che arriva dalla Spagna: a sollevarlo un «chiarimento» del ristorante O Fragón, celebre indirizzo di cucina tipica (anche segnato tra i Bib Gourmand Michelin) a Fisterra, in Galizia. Sul suo sito puntualizza nel dettaglio quali sono le (tante) condizioni che i clienti devono rispettare per prenotare, e quindi mangiare, nel ristorante. Una di queste riguarda i bambini: «Sotto i 12 anni devono rimanere sempre al tavolo accompagnati dai genitori, in caso contrario è necessario ripensare la prenotazione».

Apriti cielo: nel riprendere la frase un utente ha immediatamente (ri)scatenato la polemica social sui bambini al ristorante. E, come sempre succede, c’è chi ha dato ragione ai gestori e chi invece ha parlato di «discriminazioni». La verità? Può darsi sia nel mezzo, dato che la buona educazione impone sempre di adattarsi alla situazione. Ecco perché, con i consigli di Samuele Briatore, presidente dell’Accademia Italiana Galateo, coordinatore del Master in cerimoniale, galateo ed eventi istituzionali alla Sapienza di Roma, autore di numerosi libri sul tema. L’ultimo, appena uscito per Marsilio Editore, è Il Teatro del Lusso

Bambini al ristorante: sì o no?

«Un bambino va educato ad affrontare ogni situazione, inclusi quindi un pranzo o una cena al ristorante», dice l’esperto di galateo. «Poi bisogna valutare di caso in caso, anche in base al carattere del bambino: un conto è andare in pizzeria, un altro in un ristorante stellato, così come un conto è gestire un bambino molto vivace e un altro che lo è meno. In certi casi per i piccoli può essere una tortura andare al ristorante, perché è ovvio che abbiano vogliano di muoversi. Il punto è che, se cominciano a muoversi, possono creare fastidi e stress, ma anche esporsi a dei pericoli». 

Come comportarsi con i bambini a tavola?

«È abbastanza scontato che un bambino debba restare seduto in un posto in cui ci sono persone che lavorano e che si muovono portando in mano piatti bollenti e bibite: può essere rischioso intralciarli», fa notare ancora il presidente dell’Accademia Italiana Galateo. «Non credo perciò che una condizione come quella imposta dal ristoratore spagnolo vada intesa in senso discriminatorio: è anche un modo per accogliere meglio i bambini».

Bambini al ristorante: bisogna avvisare?

Che il bambino sia a proprio agio, del resto, è nell’interesse del ristoratore, e non solo dei genitori: per questo, come fa notare anche l’esperto di bon ton, è sempre buona norma avvisare se ci sono dei piccoli a tavola. «In questo modo il locale può individuare un posto più idoneo, per esempio prevedere seggioloni se servono, o altro che possa essere utile allo scopo, come i giochi», prosegue l’esperto. 

Come comportarsi con i bambini a tavola

Se il ristoratore fa di tutto per mettere il piccolo a proprio agio, poi però sta – ovviamente – noi genitori gestirlo. «Sia chiaro: a me non piace l’idea di un posto dove i bimbi non possono andare, credo piuttosto che i genitori debbano assumersene la responsabilità. Questo vuol dire evitare che il bambino scorrazzi, ma anche – nel rispetto del bambino – non obbligarlo a star seduto al tavolo annoiandosi o guardando i cartoni con l’iPad», dice Samuele Briatore. Insomma, andare al ristorante è un’esperienza: è compito di noi genitori fare in modo che i bambini la vivano.

Nel caso di cene organizzate da altri, si possono sempre portare i bambini?

Come comportarsi, invece, quando la cena o il pranzo non sono organizzati da noi? «I bimbi partecipano solo se espressamente invitati», chiarisce subito Samuele Briatore. «Se non sono invitati, normalmente è perché non è un’occasione adatta a loro. Se poi sono invitati, un po’ come il ristorante che cerca di metterli a loro agio, lo stesso deve fare chi organizza l’evento, che sia in casa ma anche al ristorante. Per esempio prevedendo un tavolo per i piccoli, che non vuol dire isolarli o discriminarli, ma creare uno spazio tutto loro dove possono parlare dei loro argomenti e giocare».

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