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Il Cilento a Milano, nuova apertura

La Cucina Italiana

Finalmente il momento è arrivato: ad aprile aprirà Modus, che porterà per la prima volta a Milano il Cilento più autentico. E a farlo non poteva che essere lui, il panificatore e pizzaiolo cilentano per eccellenza, Paolo De Simone, già creatore e ideatore delle pizzerie Da Zero, ormai sul podio delle migliori in città. 

Ma questa volta le cose sono un po’ cambiate: nel nuovo locale di Paolo, infatti, convergerà sì tutta la parte più genuina di una terra come il Cilento, patria della Dieta Mediterranea, ma in una veste tutta nuova ed elegante.  

Il Cilento, patria della Dieta Mediterranea

Nel 2010 il Cilento è diventato Patrimonio Unesco per la Dieta Mediterranea, in quanto luogo ricco di storia e leggende, natura e sapori antichi. Insomma, un vero e proprio modello paradigmatico di biodiversità ambientale e culturale. Non a caso, il Cilento è stata anche la prima area italiana protetta e, per il suo valore naturalistico e antropico, già l’Unesco lo inserì nella prestigiosa rete delle riserve della biosfera, nella rete europea dei geoparchi e tra i siti Patrimonio mondiale dell’umanità. Molti gli studiosi che in Cilento hanno riconosciuto la salubrità e l’alto valore culturale delle pratiche locali, in primis Ancel Keys, medico nutrizionista americano che per anni visse qui, riconoscendo nello stile di vita cilentano qualcosa di unico e speciale, ma soprattutto sostenibile, forse ancor prima che questa parole esistesse.

Infatti, la tanto citata dieta mediterranea non è riducibile a un mero piatto di spaghetti al pomodoro o banalmente a ciò che mangiamo, ma riguarda proprio il come lo mangiamo: dieta deriva dal greco dìaita che significa proprio stile di vita e si rifà proprio a quello cilentano che colpì il medico americano. Nello stile di vita dei cilentani, infatti, oltre alla coltivazione dei propri terreni e al consumo dei propri prodotti, c’è un’attenzione quasi inconscia alla qualità del tempo con cui si trascorrono pranzi e cene: sono momenti conviviali di dialetto e piaceri salutari, di musica e distensione, dove l’ospitalità è di casa, dove la stagionalità è una forma di vita scontata e dove ci si scambia prodotti prima di comprarli. E poi, tutti a tavola non per mangiare, ma per mangiare insieme. Ed è proprio questa attenzione alla convivialità e alla materia prima, da sempre fondamentale per Paolo, quella che troverete da Modus. 

Chi è Paolo De Simone 

Paolo nasce il 26 aprile del 1980 a Vallo della Lucania, in Cilento. Fin da piccolo cresce a contatto con la terra e si abitua a lavorare sia in campagna che in cucina. «Per questo conosco bene le materie prime, da come si coltivano a come si cucinano». 

Paolo De Simone

Gusto! La mostra che racconta le tavole degli italiani dal 1970 al 2050

La Cucina Italiana

Non solo cibo e chef dunque, come spiegano i curatori, Montanari e Lazzaroni: «Quando abbiamo progettato questa mostra, che inaugura la trilogia italiana di M9, non abbiamo pensato solo al cibo o agli chef. Abbiamo costruito una grande casa fatta di stanze che raccontano il gusto degli italiani attraverso il paesaggio agricolo, la biodiversità dei prodotti, la cucina di casa, i ristoranti e i mercati, le tavolate e il cibo di strada, il design e i flussi migratori, le sfide dell’ambiente e della salute, l’ingegneria spaziale e le nuove filiere, la progettualità delle scuole».

Cosa vedere

Il percorso espositivo, che può contare su oggetti fisici, installazioni, video, immagini (alcuni dei quali esposti in pubblico per la prima volta e forniti da una serie di fonti e partner d’eccezione) e attività esperienziali, si apre con uno spazio introduttivo che guida i visitatori a incontrare luoghi e persone che ancora oggi rappresentano iconicamente l’Italia, facendoci viaggiare dai tempi di Pellegrino Artusi fino alle soglie della contemporaneità. Grande importanza assume il «lessico del cibo»:  per aiutare il percorso del visitatore infatti si è accompagnati da una divertente segnaletica e un “glossario” di parole chiave legate all’universo del mangiare italiano, utili per orientarsi tra le sfumature di significato dei termini cardine della mostra.

Il cibo, in tre tempi

Il cuore della mostra si snoda, attraverso un viaggio simultaneo tra presente, passato e futuro,  in tre macro aree:

Pre-Anni 70 

Si delineano i caratteri originali della cultura gastronomica italiana così come si è sviluppata nei secoli: caratteri che ancora lasciano il segno nonostante le profonde trasformazioni in corso.

Le Stanze del gusto italiano

Qui convivono narrazioni e storie che declinano il gusto attraverso immagini, oggetti, giochi e storie emblematiche (Il gusto italiano; Il gusto della casa; Il gusto fuori casa; Il gusto dell’industria; Il gusto dell’incontro; Il gusto del viaggio; Il gusto di oggi; Il racconto del gusto).

La sezione “Futuro”

A conclusione del percorso espositivo, dove si riflette sulle tendenze in atto attraverso un duplice sguardo: da un lato quello rivolto verso le innovazioni tecnologiche, dall’altro quello che abbraccia la trasformazione delle abitudini alimentari. Ecco allora che si parla di coltivazioni sperimentali avveniristiche sulla terra e su pianeti lontani, del cibo degli astronauti, di cucine di domani e di prototipi delle scuole di design. 

Gli spaghetti che verranno

La mostra si conclude con una riflessione sugli “spaghetti del futuro”, un simbolo a sintesi di ciò che cambierà sulle nostre tavole. Volete sperimentare? Sono previsti workshop, eventi e incontri che coinvolgeranno il pubblico con il contributo di cuochi, scienziati e artisti.

Ricerche frequenti:

Il latte giallo è più buono

La Cucina Italiana

Il latte Salvaderi è intero, non omogenizzato, pastorizzato giusto il minimo indispensabile (72°, 15 secondi) per poterlo distribuire in tutta Italia e grazie alla sua delicatezza, alla dolcezza, al profumo di panna ha già conquistato diversi ristoranti di livello, anche stellati: da Il Luogo Aimo e Nadia di Milano al Dal Pescatore Santini di Canneto sull’Olio. 

Il segreto del latte giallo

Il segreto, ovviamente, non sta solo nel tipo di razza scelta – che per altro non digerisce il betacarotene, e quindi produce un latte particolarmente giallo – ma nella cura estrema con cui vengono allevati gli animali. «Da marzo a fine ottobre stanno al pascolo tutto il giorno, liberi di muoversi e anche di dormire all’aperto durante le notti estive più calde», riprende Damayanthie Barbieri. «Nei mesi freddi, invece, vengono nutriti con il fieno prodotto dalla nostra erba essicata». L’obiettivo è quello di garantire loro la salute, garantendo anche la fase di riposo – a inizio anno – quando nascono i cuccioli. Dopo un piccolo stop, da metà febbraio la produzione prosegue con un latte che assume via via caratteristiche diverse. «Quello a inizio lattazione è ricco di zuccheri, alla fine invece di grassi (dal 3% al 6%). Inoltre, l’aroma cambia con le stagioni e quindi in base all’alimentazione: il più intenso coincide con i pascoli estivi».

Bere bene il latte giallo

Quanto al modo più corretto di gustarlo: «Liscio e a temperatura ambiente, riempiendo una tazza
e lasciandola trenta minuti fuori dal frigorifero. Per chi non vuole rinunciare a macchiarlo con il
caffè: l’abbinamento migliore, consigliato dal Bugan Coffee Lab di Bergamo, è con il Brasile Rhio
Brilhante».

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