Tag: primi di pesce

Il miglior pandoro artigianale: la selezione per Natale 2023

Il miglior pandoro artigianale: la selezione per Natale 2023

Qual è il miglior pandoro artigianale del 2023? Ecco – finalmente – la nostra selezione!

Il mondo, almeno a Natale, si divide in due categorie: gli oltranzisti del panettone e i fan del pandoro. Quest’ultimo è stato per lungo tempo sottovalutato, ma oggi non è più così. Il pandoro, come lo conosciamo, ha una tradizione relativamente recente: il dolce ha un anno di nascita, il 1894, e un “padre”, il pasticciere Domenico Melegatti, che “brevettò” la ricetta di un dolce fatto di farina, lievito, uova e tanto, tantissimo burro.

Quello del pandoro artigianale era ed è tuttora un impasto ricchissimo, per nulla facile da lavorare. Per questo non tutti i pasticcieri che producono panettone si cimentano nella lavorazione del dolce tipico di Verona, e per questo è considerato una sorta di banco di prova per i migliori.

Non solo: se l’impasto, così ricco, deve essere perfettamente lavorato per crescere in altezza ad assumere la forma che tutti conosciamo, le fasi successive non sono meno impegnative – dalla lievitazione lunghissima alla cottura, che deve avvenire in un apposito stampo, fino al riposo dopo la cottura. E sono i dettagli a fare la differenza: l’influenza delle temperature, la capacità manuale dell’artigiano pasticcere, la scelta delle materie prime che devono essere di primissima qualità.

E se realizzare un buon pandoro artigianale è una faccenda complicata, anche sceglierlo non è facilissimo. Se decidiamo di uscire dagli schemi e dagli scaffali del supermercato, dobbiamo farci guidare non più dalle pubblicità, ma dalle etichette e dai nostri sensi: all’assaggio il pandoro deve essere soffice, non stopposo o elastico, e deve avere un profumo di burro che avvolge e conquista. Questo è l’ingrediente chiave, che deve essere freschissimo, e possibilmente di centrifuga. Non ci sono orpelli nel pandoro, niente canditi, uva passa o frutta secca: la sua caratteristica è la semplicità, e per questo, come tutte le cose semplici, deve essere perfetto.

Differenze tra pandoro artigianale e pandoro della grande distribuzione

Come dicevamo, le differenze tra un pandoro artigianale e uno della grande distribuzione possono riguardare diversi aspetti – a partire dagli ingredienti fino al processo di produzione, passando per qualità e tradizione. Ecco alcune differenze che solitamente si riscontrano:

Lidia Bastianich: «Le ricette e i ricordi più belli della mia vita in Italia»

Lidia Bastianich: «Le ricette e i ricordi più belli della mia vita in Italia»

Lidia Bastianich è cuoca, personaggio televisivo, scrittrice italiana naturalizzata statunitense. Non in ultimo mamma e nonna, premurosa, talvolta severa, ma sempre rispettosa delle sue radici italiane. Già, perché le origini di Lidia Bastianich sono istriane, quando ancora l’Istria apparteneva all’Italia, almeno fino al 1975, quando il nostro Paese – con il discusso Trattato di Osimo – rinunciò definitivamente e senza contropartite, al suo diritto su quei territori. Le abbiamo chiesto qualche aneddoto di quando viveva in Istria, con i suoi genitori e tutti i parenti, molti dei quali oggi non ci sono più. Ma anche cosa si è portata dietro, per ridare vita a quei ricordi con il pensiero e con i fatti.

Questo tema importante di commistione tra ricordi e cucina è il fulcro del progetto I Racconti delle Radici, creato in collaborazione con il MAECI, che è stato presentato alla Farnesina di recente alla presenza dei Ministri Tajani e Lollobrigida durante il lancio dell’ottava edizione della SCIM – Settimana della Cucina Italiana nel Mondo 2023. Naturalmente, Lidia Bastianich non poteva non far parte di questo magnifico racconto dell’immigrazione italiana nel mondo, e qui vi raccontiamo già un primo assaggiato.

Nonna Rosa e gli animali da cortile

«Sono cresciuta con mia nonna Rosa in campagna, a Pola, in Istria, in mezzo agli animali, ai prodotti della terra. Ricordo ancora il cortile di casa e questa scena: i nonni, i loro fratelli, le varie zie, tutte con grembiule e fazzoletto legato in testa. Erano loro, le zie, che a tavola ci ricordavano di non sprecare mai il cibo, “ci son figliol che non dar da magnar”, dicevano. Oggi la cucina italiana per me è un ricordo, una nostalgia, una passione, un modo per ricevere e dare amore. È stata, a tutti gli effetti, non solo uno stimolo per quello che ho fatto e che sto facendo negli Stati Uniti ma anche una conferma di quello che sono. Da bambina son cresciuta in una comfort zone, in piena campagna, tra i polli, le caprette, i conigli a cui portavo da mangiare. Io ero la “runner”, la “helper”, l’aiutante di nonna Rosa in cucina, soprattutto il giorno della domenica. Ricordo ancora quegli odori inebrianti del sugo che bolliva per ore, lì dove c’era la stufa, nella casetta “nera”, accanto al pollaio. Ma anche il profumo del lauro, del rosmarino, della conserva di pomodoro, che mi piaceva “tocciare”, un po’ furtivamente, con un pezzo di pane».

L’addio all’Italia, senza preavviso

«Quando sono emigrata negli Stati Uniti, nel 1958, avevo 12 anni, è stato il cibo a ricordarmi la mia infanzia: cucinare mi faceva stare bene perché mi riportava a quel periodo andato. Una volta arrivata a New York mi sono chiesta: “Perché amo così tanto la cucina?”. Credo che sia stato l’istinto a farmi tornare alle origini: ero bambina e all’epoca non avrei mai immaginato che non avrei più visto casa, poi nel tempo l’ho capito e, con dispiacere, ho pensato che non ero riuscita a salutare mia nonna Rosa, le mie caprette, le mie zie… Ecco, con la cucina ho portato la mia terra, la mia famiglia, in America».

Quella cucina piccola, ma piccola… così

«Una tradizione tenuta viva con passione, entusiasmo e amore da quattro generazioni, persino quando, appena arrivati Oltreoceano, la Caritas ci aveva assegnato un appartamentino con una cucina piccola quanto uno sgabuzzino. Lì abbiamo, comunque, fatto tavolate con la famiglia e gli amici, non senza difficoltà: ci passavamo il cibo di mano in mano, visto che non c’era spazio a sufficienza Poi, appena ho potuto, per reazione, mi sono regalata una grande cucina! Tra i piatti che preparavamo più spesso c’erano risi e patate, la polenta con il formaggio, le verze in padella e, soprattutto, gli gnocchi, che ancora oggi, quando li mangio, sono una carezza interna, mi trasmettono una “sensation” unica. Una tradizione che continua anche a New York e che ho trasmesso anche ai miei nipoti.

Attorno al tavolo a impastare gli gnocchi

Da piccoli i miei nipoti si mettevano tutti attorno al tavolo a impastare, proprio come faceva mia nonna con me; adesso sono adulti, vanno all’università, ma mi chiamano per chiedere consigli: “Come si fa il sugo, quanto deve bollire il brodo ecc.”. Sono felicissima che anche loro, oltre ai miei figli, possano portare con sé le loro origini, nonostante siano nati in America. La cultura del cibo trascende dalla nascita, ma appartiene alle origini della famiglia. Anche perché c’è una differenza sostanziale tra gli italiani e gli americani, noi ci portiamo dietro sempre il cibo. Per quello la cucina italiana negli Stati Uniti è la più apprezzata, anche grazie ai primi italoamericani che nel 1800 erano venuti qui a cercare fortuna, portando con sé le tradizioni regionali. Ben diverse dalle mie istriane, perché le loro erano del sud Italia. Così, in età adulta, ho cominciato a viaggiare in lungo e in largo per il Belpaese, così ho scoperti i piatti regionali e li ho portati negli States. Questa è stata la mia fortuna, questa la mia scelta, questa la mia vita».

SCIM 2023: Federcuochi sigla nuova convenzione con MAECI

La Cucina Italiana

Venerdì 10 novembre 2023 è una data da ricordare per la Federcuochi, che porta a casa due risultati molto importanti. Da una parte, la vittoria della Nazionale Italiana Cuochi all’International Culinary Championship di Shanghai, dall’altra la nuova convenzione con il Ministero degli Esteri firmata in occasione del lancio dell’ottava edizione della SCIM – Settimana della Cucina Italiana nel Mondo.

Sotto gli occhi testimoni del nostro Direttore, Maddalena Fossati Dondero, presente in Farnesina per presentare il progetto “I Racconti delle Radici”, il Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli affari esteri e la cooperazione internazionale, Antonio Tajani, ha rinnovato la collaborazione con la Federazione Italiana Cuochi firmando un protocollo «per rafforzare ulteriormente il sostegno alla filiera enogastronomica,» con la quale, spiega, «andremo a realizzare iniziative sempre più mirate per la promozione di prodotti e ricette. Questo accordo rappresenta per noi un elemento che punta sulle professioni e sul lavoro di qualità,» ha aggiunto, e serve a promuovere «il nostro modello non solo alimentare ma anche culturale. Noi difendiamo la dieta mediterranea perché è parte della nostra identità. La dieta mediterranea significa salute». 

Dando la parola al Presidente FIC Rocco Pozzulo, il Ministro ha voluto congratularsi per il trionfo riportato a Shanghai dai giovani del Team azzurro (accompagnato dal General Manager Gianluca Tomasi e composto dai giovani chef Francesco Locorotondo, Luigi D’Antonio e Luca Bnà) nell’International Culinary Championship, tra le più importanti manifestazioni del settore. 

«Oggi siamo qui alla Farnesina – ha dichiarato Rocco Pozzulo – per dar vita ad un accordo che valorizzi al meglio le nostre tipicità, attraverso gli chef della Federazione sparsi in tutto il mondo. La nostra Nazionale Italiana Cuochi è presente in tutte le principali competizioni mondiali dove, sempre più spesso, conquista i primi posti del podio davanti a nazioni che brillano per l’altissima preparazione tecnica. Questo è reso possibile non solo grazie a mesi di duro allenamento ma anche da una varietà di eccellenze agroalimentari che rende il nostro territorio e i nostri piatti assolutamente unici».

Alla presentazione è intervenuto anche il Ministro dell’Agricoltura, Sovranità Alimentare e Foreste Francesco Lollobrigida. «Vogliamo aprire il nostro mercato e con la nostra offerta di qualità aprire a nuove occasioni per le nostre imprese di fare business – ha spiegato – l’Italia ha una storia millenaria e in un piccolo territorio ha avuto la capacità di fare sintesi tra diverse esperienze culturali, religiose, che vedono oggi la nostra cucina essere forse il miglior biglietto da visita per presentare l’insieme dell’offerta che l’Italia può produrre. Per noi la cucina italiana non è solo il prodotto e la trasformazione, dentro c’è la nostra storia, il nostro ambiente e la nostra biodiversità».

Proudly powered by WordPress