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» Focaccine di patate – Ricetta Focaccine di patate di Misya

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Innanzitutto lavate bene le patate sotto acqua corrente, quindi lessatele per circa 35 minuti o finché non saranno ben cotte (infilzatene una con una forchetta, se i rebbi entrano ed escono con facilità, le patate sono pronte).
Mentre sono ancora calde, pelate le patate.

Schiacciate le patate, quindi unite tuorlo, parmigiano, sale e farina e amalgamate fino ad ottenere un composto omogeneo.

Stendete l’impasto aiutandovi con un po’ di farina, quindi ricavate dei cerchi con un coppapasta da 8 cm (vi serviranno 2 cerchi per ogni focaccina).
Farcite la metà dei cerchi con formaggio e prosciutto, quindi chiudete ogni focaccina con un secondo cerchio e sigillate bene i bordi.

Fate scaldare una padella antiaderente con poco olio e cuocete le focaccine a fiamma media, pochi minuti per lato, giusto il tempo perché il formaggio all’interno si sciolga e all’esterno si crei una crosticina dorata.

Le focaccine di patate sono pronte, lasciatele intiepidire appena (giusto per non ustionarvi con il formaggio) e servite.

Fermentare a casa: cosa, come e perché

Fermentare a casa: cosa, come e perché

Asparagi e cavolo cappuccio rosso: due ricette per conservarli a lungo con la fermentazione

Il mondo delle fermentazioni è tanto antico quanto vasto, impossibile da riassumere in poche parole. I testi che affrontano l’argomento, infatti, sono spesso enciclopedici, anche perché si tratta di un tema di vitale importanza, soprattutto per la nostra salute. Le fermentazioni sono una tecnica di conservazione degli alimenti, che apporta un gran beneficio all’uomo, in particolare al sistema immunitario: questo è correlato alle popolazioni batteriche dell’intestino, quelle stesse che vengono arricchite dai cibi fermentati. Prepararli a casa non è impossibile, ma richiede tanto studio e numerose conoscenze: per questo abbiamo chiesto a un esperto in materia, il dottor Maurizio Mazzocchi.

Togliere o aggiungere?

Per conservare i cibi ci sono principalmente due filosofie: in una si toglie, nell’altra si aggiunge. La prima, più diffusa in Occidente, è quella della sanificazione e della sterilizzazione; ne sono esempi il latte pastorizzato, il tonno in scatola o l’ossessione di plastificare frutta e verdura secondo l’equazione chiuso quindi sicuro. In quest’ottica tutto ciò che è esterno viene ritenuto pericoloso, ma in realtà non è sempre così: l’importante è saper utilizzare i corpi esterni nel modo corretto, proprio come accade con le fermentazioni. Nella seconda ottica, infatti, si aggiungono alimenti o sostanze che, grazie a un processo di digestione dei microrganismi, evitano il prolificare di altri organismi potenzialmente pericolosi, come ad esempio il sale, ingrediente primordiale dell’umanità, da cui parte tutto, perfetto per conservare; o l’aglio che contiene l’allicina, un composto a base di zolfo che è funghicida, cioè che uccide possibili funghi.

Una storia antica

Oggi le fermentazioni ci sembrano un mondo lontano, una tecnica più orientale, ma in realtà non è proprio così. Le fermentazioni fanno parte «di noi» da sempre, ci spiega Maurizio Mazzocchi; «basti pensare alla birra degli egizi oppure ai cartaginesi e ai romani con i loro garum, non solo al katzubushi giapponese. Già 2500 anni fa, infatti, i Fenici fermentavano gli scarti di pesce in grandi vasche al sole, sfruttando gli enzimi del pesce stesso per trasformarli in un potente condimento. Così come lo jiang, un tipo di condimento fermentato, precursore del miso e della salsa di soia, a base di carne, pesce e verdure, anziché fagioli, molto diffuso in Cina da più di 2000 anni. Inoltre, i dialoghi di Confucio, riportano che lui mangiava solo cibo accompagnato dal suo jiang, come si evince in Il grande libro delle fermentazioni, la bibbia delle fermentazioni casalinghe da tutto il mondo, un libro che chiunque dovrebbe leggere se interessato a questo tema». Cita poi l’eucarestia cristiana nella quale sono pane e vino (due alimenti fermentati) a essere protagonisti. Insomma, è impossibile trovare l’origine delle fermentazioni poiché avvengono in moltissimi cibi dagli albori dell’umanità, per altro in tantissimi modi differenti.

Tipologie di fermentazione

Ci sono vari tipi di fermentazione. La più famosa è quella alcolica che come prodotti finali ha ad esempio il vino, il pane o la birra; poi c’è quella acetica, con aceto appunto, pozol o sidro; o, ancora, quella enzimatica, come avviene nel formaggio, nella frollatura della carne o nella colatura di alici. Un’altra fermentazione interessante è quella provocata da funghi e muffe, come con koji e kombucha. Infine c’è quella lattica di yogurt o del noto kimchi coreano, da cui prenderemo ispirazione per prepararlo all’italiana. «Infatti non siamo qui per laurearci in biologia», scherza Maurizio Mazzocchi, «quanto per preparare qualcosa di buono. Quindi, se seguirete tutti i passaggi con precisione e cognizione di causa, il risultato sarà sorprendente, altrimenti potrebbe essere anche pericoloso, poiché ricordatevi che stiamo parlando di alimenti, batteri e organismi vivi, che spesso intercorrono insieme tra loro, giocando in un equilibrio sottile». Il nostro consiglio è quello di procedere con la fermentazioni di verdure stagionali; per questo vi proponiamo la ricetta del cavolo per l’inverno (in caso trovaste ancora gli ultimi in questo periodo); oppure gli asparagi in primavera, da consumare poi d’estate o fino all’autunno successivo.

La ricetta del kimchi “all’italiana”

Per questa ricetta abbiamo scelto il cavolo cappuccio rosso (bellissimo anche cromaticamente), con una preparazione che si ispira a quella del kimchi tradizionale coreano, così come abbiamo sostituito la salsa di pesce con la pasta di acciughe o la colatura di alici, per un kimchi all’italiana.

Ingredienti

1 cavolo cappuccio rosso
200 g farina di frumento
100 g zucchero di canna
qb sale
150 g aglio
200 g peperoncino in polvere (variabile a seconda dei gusti)
qb pasta di acciughe o colatura di alici
acqua (per le quantità vedi nel procedimento)

Procedimento

Tagliare il cavolo cappuccio alla julienne, poi lavarlo molto bene.
Preparare una salamoia con acqua e 30 grammi di sale per ogni litro d’acqua.
Immergere il cavolo nella salamoia, in modo che sia del tutto coperto e lasciare a temperatura ambiente per una notte. Da questo momento siate consapevoli che il kimchi inizierà a emanare un forte odore, che potrebbe non piacere a tutti.
Successivamente sciacquare il cavolo e scolare. In una pentola scaldare un litro d’acqua con la farina e mescolare con una frusta; dopo pochi minuti, quando raggiunge una densità simile alla besciamella, aggiungere lo zucchero e continuare a mescolare. Spegnere il fuoco e raffreddare.
Nel frattempo preparare un composto di aglio schiacciato, peperoncino, pasta d’acciughe o colatura di alici. Unire con acqua, zucchero e farina e amalgamare bene tutti gli ingredienti.
Ricoprire il cavolo con il composto e metterlo in un contenitore, facendo attenzione a pressare bene in modo che non ci siano bolle d’aria.
Lasciare in frigo tre giorni, poi assaggiare il nostro kimchi italiano: se pronto, potrà conservarsi per mesi, anzi più passa il tempo più sarà buono, perfetto come accompagnamento di bruschette o altre pietanze.

La ricetta degli asparagi fermentati

Questa ricetta è stata presa dal libro The Noma Guide to Fermentation del noto ristorante Noma di Copenhagen, esperti e precursori in quanto a fermentazioni (e non solo). Anche in questo caso meglio procedere con una bilancia digitale.

Ingredienti

500 g di cime di asparagi bianchi
acqua
sale non iodato, 3 per cento del peso dell’acqua
mezzo limone tagliato a fettine

Procedimento

Mettere sulla bilancia un contenitore vuoto da due litri e azzerare.
Lavare gli asparagi e metterli nel contenitore completamente ricoperti di acqua.
In base a quel peso aggiungere il 3% di sale.
Togliere l’acqua dal contenitore e mischiare con il sale fino a scioglierlo.
Versare la salamoia ottenuta nel contenitore con gli asparagi e distribuire le fette di limone sulla superficie.
Lasciare gli asparagi sommersi completamente aiutandosi con un peso (va bene anche una bustina cookie riempita d’acqua).
Chiudere il coperchio, ma non ermeticamente in modo che il gas prodotto dalla fermentazione possa uscire.
Lasciare fermentare a temperatura ambiente per due settimane.
Dopo un paio di giorni assaggiare per controllare che il gusto sia di visto gradimento e in caso ripete l’operazione. Dopo due settimane sigillare il contenitore e conservarlo in frigo, dove durerà per mesi e mesi.

Siate clementi con voi stessi, la prima fermentazione fatta in casa potrebbe non essere un successo. Quindi, più che buon appetito, non ci resta che augurarvi buona fortuna!

Cornetti sfogliati all'acqua

Cornetti sfogliati all'acqua

Posso offrirvi un cornetto sfogliato super goloso, buono come quello del bar?

Ingredienti

Per l’impasto

250 g di farina 00

250 g di farina Manitoba

250 ml di acqua

70 g di zucchero semolato

1 bustina di lievito di birra in polvere

20 g di burro morbido

12 g di sale

1 cucchiaino di estratto di vaniglia

1 cucchiaino di pasta d’arancia o la scorza grattugiata di una arancia

Per le pieghe della sfogliatura

180 g di burro

Per la lucidatura

1 uovo

2 cucchiai di latte

Nell’esecuzione delle pieghe per la sfogliatura mi sono presa la libertà di fare a modo mio e di riportare delle vecchie fotografie per rendere più facile il procedimento.

Procedimento?

Mescolare il burro con il sale e tenere da parte.

Nella ciotola della planetaria, o, se preparate l’impasto a mano in una terrina abbastanza ampia, unire le farine, lo zucchero, il lievito, la vaniglia e la pasta d’arancia. Iniziare a mescolare e poca alla volta unire l’acqua fino a completo esaurimento. Una volta assorbita tutta l’acqua e ottenuto un impasto liscio, aggiungere il burro mescolato con il sale.

Quando l’impasto ha assunto una consistenza omogenea e il burro è stato completamente assorbito, trasferire l’impasto sul piano di lavoro e continuare a lavorarlo per una decina di minuti.

Una volta ottenuto un impasto omogeneo e liscio, formare un panetto, riporlo in un contenitore capiente, coprirlo con pellicola trasparente e metterlo a lievitare fino al raddoppio, io nel forno con la luce accesa.

Una volta che l’impasto ha raddoppiato il suo volume, riportarlo sulla spianatoia infarinata e stenderlo formando un rettangolo dallo spessore di circa 4-5 mm.

Stendere il panetto di burro morbido.

Trascorso il tempo di riposo, riprendere l’impasto e stenderlo su un foglio di carta forno fino allo spessore di circa mezzo cm.

Mettere al centro del rettangolo di sfoglia, il panetto di burro da 750 gr e chiudere la pasta coprendo il burro, come fosse un pacchetto regalo.

Stendere di nuovo e piegare il rettangolo in tre ( immaginate la sfoglia divisa in tre per la larghezza e piegate il lembo della parte sotto su quello centrale e sopra a questi due il lembo della parte sopra, ottenendo un rettangolo).

Mettere a riposare, coperto con pellicola trasparente, per 30 minuti in frigorifero; riprendere il rettangolo e piegate di nuovo in tre e fate riposare altri 30 minuti sempre in frigorifero. A questo punto procedere con un’altra piega del rettangolo in tre, per l’ultima volta. Il tutto per un totale di 3 volte.

Ponete di nuovo in frigorifero fino a completo raffreddamento del panetto.

Ora stendere con il mattarello il panetto fino ad uno spessore di 3 mm circa, cercando sempre di mantenere la forma rettangolare. Dalla sfoglia ottenuta ricavate tanti triangoli.

Iniziate ad allungare l’impasto prendendo il triangolo dalla parte larga, appoggiandolo sulla spianatoia e tirandoloiniziate ad arrotolare i croissant senza però schiacciare troppo l’impasto.

Arrotolare il croissant partendo dalla base e procedendo fino alla punta del triangolo.

Allineare i croissant su carta forno riponendoli in modo da avere la punta sotto, una volta appoggiati,

A questo punto potete decidere se congelarne una parte che scongelerete lasciandoli 12 ore in frigo e poi a lievitare fino al raddoppio, 



oppure appoggiare i croissant su una teglia leggermente unta o rivestita con carta forno e metteteli a lievitare in ambiente tiepido (circa 30°, io ho utilizzato il forno visto che il mio ha il programma lievitazione, ma va benissimo anche in forno con la luce accesa e coperti) per circa 2 ore.

Una volta raddoppiato il loro volume, molto delicatamente per non rovinare la lievitazione, spennellarli con l’uovo e il latte ben emulsionati.

Infornare a forno caldo a 180° per circa 15 minuti, fino a doratura.



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