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Dieci ristoranti nell’entroterra per scoprire la vera cucina ligure

Dieci ristoranti nell'entroterra per scoprire la vera cucina ligure

Prodotti unici, ricette antichissime, sapori semplici: l’essenza della cucina ligure si gusta allontanandosi dal mare e dai piatti che si trovano ovunque. Ecco i posti per goderla al top

Uno dice Liguria e pensa al mare, al Levante e al Ponente, al pesce. In effetti, i gamberi rossi di Santa Margherita e di Sanremo sono sempre più rari, ma restano al vertice nel Mediterraneo, le acciughe di Monterosso – fritte, con un filo d’olio o nel famoso bagnun – sono eccezionali, i gianchetti (in stagione) preparati a frittella fanno girare la testa. E ci sono ricette tradizionali di grande impatto: il ciupin (la zuppa di pesce), il brandacujun del Ponente a base di patate e stoccafisso, il ricco cappon magro con le verdure, i golosi frisceu di baccalà. Tutto a esaltare i prodotti ittici e la tradizione legata al mar Ligure.

Pasqualina, torta salata per eccellenza

Ma la Liguria a tavola è storia diversa: una cucina di terra, sostanzialmente povera, che sfrutta al meglio le verdure con l’asparago e il carciofo su tutti, le erbe (maggiorana, boraggine, basilico e quelle selvatiche per il preboggion), i formaggi tipici come il Brussu della Valle Arroscia e la Prescinseua destinata alla focaccia di Recco, il coniglio e la selvaggina in stagione. Non c’è sontuosità o abbondanza, semmai semplicità e gusto diretto nelle preparazioni con più di una contaminazione con la vicina Provenza. Una cucina dove un ruolo importante è giocato dalle torte salate, da consumare anche giorni dopo la preparazione. La Pasqualina è il vertice per storia (leggenda, forse) e fama, anche fuori dalla Liguria. Ma la regione è ricchissima: ci sono quelle ripiene ai carciofi, bietole, zucca, cipolle; quelle a base di riso e verdure di ogni tipo; quelle con le patate, con specialità antichissime come la frandura imperiese o la baciocca genovese. E ancora le torte verdi, con peculiarità locali come il turtun dell’Alta Val Nervia che sembra una ruota.

Focaccia padrona

Lo street food per antonomasia è la focaccia: quella di Recco al formaggio, la fugassa genovese, quella con le patate o la cipolla. L’ultima nasce come alimento dei quartieri più popolari di Genova dove è chiamata a fugàssa co-e çiòule. Era la colazione usuale degli scaricatori del porto, molto economica e capace di saziare molto, in quanto la cipolla blocca i recettori dello stimolo della fame. Con un calice di vino bianco – u gianchettu – regala il massimo. Non ha meno appassionati la farinata, a base di ceci, cibo diffuso in tutta Italia con vari nomi. Ma la leggenda vuole sia nata per puro caso nel 1284, quando Genova sconfisse Pisa nella battaglia della Meloria. Con gli stessi ingredienti della farinata, salvo l’olio extravergine ligure ovviamente, si prepara la panissa da non confondere con il piatto piemontese a base di riso. La farinata può essere arricchita con il rosmarino, il cipollotto, la zucca.

La poesia del pesto

I primi piatti hanno nelle trofie al pesto (altra tipicità ligure, che più terricola non si può) e nei pansotti al sugo di noci i piatti cult. Ma ci sono altre paste da assaggiare come le trenette – linguine a sezione ovoidale – o i corzetti genovesi, i testaieu della Val Graveglia e i testaroli della Lunigiana, la mescciua spezzina (zuppa di leguni e cereali) e il famoso minestrone alla genovese. C’è storia antica nel tuccu zeneize: il ragù preparato con un solo pezzo di carne – un tocco appunto – cotto per lungo tempo in (poca) salsa di pomodoro.  L’ideale è abbinarli ai mandilli, fazzoletti di pasta all’uovo, importati dagli Arabi con cui i genovesi intrattenevano rapporti commerciali. Se il coniglio è il re delle carni, la ricetta più famosa della regione è la cima alla genovese che consiste in un pezzo di pancia di vitello, tagliata in modo da formarvi una tasca e farcito di numerosi e svariati ingredienti. Cucina povera che diventa ricca.

Dolci antichi

Al di là delle mille specialità locali, due sono i dolci simbolo della cucina ligure. Il primo è la Sacripantina, la torta soffice e liquorosa un tempo servita durante le festività e che deve i natali, nel 1851, alla rinomata pasticceria Preti. Delizia tutta genovese, è composta da ingredienti da pan di Spagna imbevuto di rum, marsala e zucchero e ricoperto da diverse creme al burro. Il Pandolce è nato intorno al ‘500 sotto la Lanterna, a seguito di una competizione tra maestri pasticcieri indetta dal doge Andrea Doria, interessato a trovare un dolce che fosse a lunga conservazione e rappresentativo della Repubblica di Genova. Sia lode all’anonimo vincitore e per aver trovato un dolce di cui non ci si stancherebbe mai: uva passa, finocchietto, pinoli e canditi abbracciano questo mattoncino di pasta, addolcendolo e ammorbidendone la consistenza. Rappresenta bene l’anima della cucina ligure, ruvida solo in apparenza, ma coinvolgente. Come le «lasagne da fiddià ai quattru tucchi» cantate nella meravigliosa Crêuza de mä dell’indimenticato Fabrizio De André. La ritroverete sicuramente nei locali della nostra personalissima selezione.

La Brinca – Ne

Per molti è la migliore trattoria ligure – è storica Chiocciola di Slow Food – favorita da una vista splendida. La famiglia Circella propone tutto il repertorio delle specialità, genovesi in primis. Famosa la cantina.

Da Fiorella – Ortonovo

I ravioli in varie ricette sono un punto di forza di un’osteria in stile anni Cinquanta, che si trova tra gli oliveti al confine tra Liguria e Toscana. Ma sono da assaggiare anche gli antipasti tipici e i secondi di carne.

Casa e Bottega – Dolceacqua

Un posto piacevole arredato con un mix curioso di pezzi vintage e moderni. La cucina non è esente dal pesce, ma propone tipicità uniche come il gran pistau – la zuppetta di grano – e il gelato di zabaione al Rossese.

Caccia C’a Bugge – Campo Ligure

Materie prime della zona e grande rispetto della tradizione in questo locale della Valle Stura. Tra i piatti migliori ci sono i mandilli al pesto, la cima alla genovese e le trippe accomodate con fagioli.

Antica Locanda Luigina – Carrodano

A pochi chilometri dalle Cinque Terre, una suggestiva locanda dove gustare tanti piatti locali, proposti anche in due degustazione. Da assaggiare salumi e formaggi della zona, i primi piatti e le proposte a base di agnello.

Gli Amici – Varese Ligure

In Val di Vara – zona bio per eccellenza – ci sono tanti locali validi. Il più famoso è quello della famiglia Marcone. Cucina super stagionale, a parte qualche classico come i corzetti con il battuto di pinoli.

Mse Tutta – Calizzano

È anche suggestiva l’osteria al primo piano del palazzo storico in centro. La cucina è brava nella rivisitazione dei piatti del Ponente, dalla polenta affumicata con formaggio alla mousse di ricotta di pecora.

Da Pippi – Masone

Istituzione della zona, con un secolo di attività, propone una cucina ligure con qualche contaminazione piemontese. Il coniglio alla ligure è imperdibile quanto i dolci della casa. Cantina di livello. Tel. 010.9269126.

Cian de Bià – Badalucco

Si raggiunge solo a piedi, ma ne vale la pena. Due sale rustiche dove gustare dopo un assaggio di brandaujun, i primi fatti in casa, la trippa in umido e il budino della nonna. Carta dei vini enciclopedica.

Il Castagneto – Castiglion Chiavarese

Un agriturismo in Val Petronio che propone una cucina di qualità, basata su materie prime tutte reperite in zona. Piatti diretti: prebuggion all’antica, risotto con Prescinseua, punta di vitello alle erbe aromatiche.

Come il Covid-19 ha cambiato i menu dei ristoranti, tra app e QR Code

Come il Covid-19 ha cambiato i menu dei ristoranti, tra app e QR Code

Le nuove norme sanitarie stanno obbligando molti locali ad archiviare i cari vecchi menu di carta. Ecco allora quali sono le alternative messe in campo dalla tecnologia

Il menu, in quanto oggetto, ha un suo fascino innegabile. I suoi dettagli, la sua carta, il carattere con cui è stato scritto e sì, anche il suo stato di conservazione ci possono dire molto del locale in cui ci accingiamo a mangiare, facendoci pregustare – o temere – l’imminente esperienza gastronomica. Vi immaginate, per esempio, un ristorante di alta cucina con menu scritto in Comic Sans su carta azzurrina stropicciata? No, ecco. C’è un problema, però, tutt’altro che marginale: l’emergenza sanitaria scatenata dal coronavirus ci sta costringendo a fare a meno di qualsivoglia esperienza tattile. Perché anche sfogliare un banalissimo elenco di primi, secondi e contorni – racchiuso all’interno della propria cartelletta in finta pelle – potrebbe trasformarsi in un’occasione di contagio. E no, in questo caso le eventuali chiazze di unto sulle pagine – che restano sempre e comunque imperdonabili – non c’entrano davvero nulla.

La verità è che purtroppo il virus può annidarsi sulle superfici, anche di carta o di plastica. E per questo scambiarsi il menu tra commensali o, ancora peggio, fra tavoli può comportare un rischio. È vero, basterebbe grossomodo igienizzare le pagine e dare ai clienti la possibilità di pulirsi le mani subito dopo aver ordinato la propria cena, magari con un gel gentilmente offerto dalla casa. Ma in molti hanno preferito evitare questa prassi un tantino ospedaliera, optando invece per la strada – sostenibile anche a livello ambientale – del digitale.

Foto: SafeTable.

La rivincita del QR Code

In molti avevano smesso di scommetterci. Quel quadratino arzigogolato in bianco e nero, che talvolta il nostro smartphone si rifiutava categoricamente di riconoscere, sembrava aver imboccato il viale di quelle innovazioni tecnologiche potenzialmente capaci di rivoluzioni epocali, ma sconfitte alla prova dei fatti. E invece il QR Code è diventato l’alleato ideale di tutti quei ristoratori che per precauzione hanno deciso di sospendere la distribuzione dei propri menu. Già, perché in fondo il problema menu può essere risolto disseminando qua e là nel locale qualche totem che il cliente possa inquadrare con il proprio smartphone per poi consultare con tutta calma la carta direttamente dallo schermo.

Certo, resta un problema di fondo, che è bene non sottovalutare: a quale pagina reindirizzare lo smartphone del cliente? Le soluzioni attuate sono le più fantasiose, e spaziano dalla foto pubblicata sulla pagina Facebook del locale – con scritte talmente sfocate da non riuscire a distinguere un “pasta alla carbonara” da un “il costo del coperto è di 1,50 euro” – a un qualche pdf. Talvolta ben fatto, talvolta tanto brutto da essere stato per forza di cose commissionato per pochi spiccioli al cugino del cugino del fornitore della salsa di pomodoro. Che però ha fatto un corso online di grafica, per cui se ne intende.

C’è però chi ha deciso di ricorrere a servizi un tantino più strutturati, come per esempio quelli di SafeTable. In questo caso il ristoratore ha la possibilità di scegliere fra tre diverse tipologie di menu, totalmente personalizzabili: solo con testo, con foto introduttive per ogni categoria, con foto per ogni singolo piatto. Il tutto traducibile in 12 lingue, per aiutare quella clientela internazionale che – speriamo – tornerà presto a popolare locali e localini delle nostre città. SafeTable offre inoltre piccoli totem in plexiglas con QR Code stampato, da distribuire sui vari tavoli, ed eventuali servizi fotografici realizzati ad hoc. Quindi no, niente foglietto di carta svolazzante che passa di cliente in cliente, e niente foto ambigue di calamari fritti scontornati con Paint.

Foto: Kill-Bill.

Dal menu alla comanda

È possibile, però, pensare di spingersi un tantino più in là, partendo sempre da un QR Code, ma rendendo il menu vagamente più interattivo. È il caso di Kill-Bill, servizio dal curioso nome tarantiniano che però non contempla duelli di forchette e spargimenti di sangue fra tavoli rivali al grido di: «Tu mi hai rubato l’ultimo tiramisù». No, tranquilli, l’idea escogitata da due giovani di Viterbo è più semplicemente quella di integrare al menu digitale anche la possibilità di ordinare in totale autonomia. Proprio come accade per le proposte del food delivery, insomma.

Ogni QR Code è in realtà collegato anche a un numero di tavolo e questo permette al cameriere di limitarsi a controllare la correttezza dell’ordine a distanza per poi passarlo in cucina. Il che rende tutto più sicuro e diminuisce ulteriormente le occasioni di contagio tra personale e clienti, anche se forse potrebbe rendere le dinamiche del ristorante un tantino troppo fredde e automatizzate. Quindi tutto perfetto per i locali più giovani e informali, un po’ meno per quelli che da sempre vedono nel servizio uno dei propri fiori all’occhiello. Anche se ai tempi del Covid-19 vale pur sempre la regola del «meno fronzoli e più Amuchina», al di là di ogni possibile carineria.

Foto: Burger King.

Tutto in un’app

Il QR Code, come abbiamo visto, è senza alcun dubbio l’alleato più immediato per trasportare il menu cartaceo nel mondo del digitale. Ma non è l’unico, ovviamente, tra le varie possibilità c’è anche quella dell’app da scaricare. Decisamente più invasiva, perché presuppone che il cliente investa parte del suo tempo e dei suoi Giga per il download, e soprattutto che abbia sufficiente spazio libero nella memoria del proprio smartphone, solitamente intasato da meme di gattini, screenshot degli stati di Facebook dell’ex e video non meglio identificati provenienti da una qualche chat di gruppo. Quella dei genitori della 4B, forse, ma chissà.

Chi ha deciso di scommettere sull’app, dunque, è soprattutto chi ha la forza, la portata e la diffusione sufficienti per giustificare un simile sforzo informatico. Come le grandi catene di fast food. Burger King, per esempio, ha deciso non solo di trasferire una buona parte dei propri servizi su smartphone, ma di ampliarli ulteriormente sempre in ottica Covid Free.

La nuova app della catena americana di hamburgerie consente di sfogliare il menu delle proposte, effettuare l’ordinazione in totale autonomia e addirittura pagare, sempre via smartphone, riducendo così anche tutti i rischi legati in qualche modo al passaggio di denaro o all’utilizzo delle carte. Non solo: ai clienti è consentito addirittura di prenotare il proprio tavolo al fast food, per essere certi di trovare un posto libero senza dover girovagare per il locale bardati di mascherina con la disperazione di un milanese alla ricerca di un parcheggio in Porta Romana. Interessante, senza alcun dubbio.

i migliori ristoranti a nord di Milano

i migliori ristoranti a nord di Milano

Tra la metropoli e il lago di Como c’è un territorio sottovalutato dai gourmet, dove i piatti tipici sono ancora protagonisti, ma non mancano le nuove idee. Ecco i locali da visitare

Sentiamo già le perplessità: ma con tutti i locali, di ogni tipologia, che esistono sotto la Madonnina, ha ancora senso un fuori porta culinario? Assolutamente sì. In primis, perchè spesso tra Milano e il lago di Como passando per la Brianza, si trovano ancora delle belle zone – salvate dalla cementificazione – e circondate dal verde. Poi, l’offerta negli ultimi anni è migliorata proprio per la competività con Milano: per trovare nuovi clienti e mantenere lo zoccolo duro, bisogna lavorare bene e non stare fermi. E che ci sia un’aria favorevole, lo confermano il momento vivace lungo le coste lariane – in particolare quella comasca – che sono ancora più a nord e la decisione dei fratelli Cerea di seguire il progetto di ristorazione all’interno della Villa Reale di Monza. Un segnale importante, considerando l’esperienza in materia della famiglia.

Risotto alla Monzese, un must

Cosa di mangia a nord di Milano? Tanti, tanti piatti della tradizione innanzitutto: preparati in versione integralista o più meno rivisitata, soprattutto se a metterci mano ci sono cuochi d’eccellenza come Paolo Lopriore che trasformano il pesce di lago in poesia. Quindi, difficile non trovare i classici della Brianza dal Risotto alla monzese – con la luganega, salsiccia tipica della città – sino alla Torta paesana passando per la ricca Costoletta. Ma c’è anche tanto pesce nei ristoranti di livello o nei locali gestiti da cuochi del Sud. Comunque, nella nostra selezione, non c’è il pericolo di annoiarsi a tavola.

Pomiroeu – Seregno

Nel cuore della cittadina, lo storico approdo di Giancarlo Morelli, un locale tutto sale e salette ben arredate, con una bellissima cantina sotterranea. Nel menu i classici dello chef, quelli della tradizione ma anche tante proposte creative che toccano anche lidi lontani.

Pierino Penati -Viganò Brianza

Uno dei locali lombardi più famosi, oltre che consecutivamente stellato da più tempo. I risotti restano uno dei punti di forza: da quelli storici (foto) a quelli più moderni e con un tocco di creatività. Ma non ci sono debolezze, dall’antipasto al dolce, nel menu di Theo Penati, figlio del patron.

La Refezione – Garbagnate Milanese

Affidabilità e ospitalità ne fanno un approdo sempre gettonato non solo da chi abita in zona. Cucina semplice e curatissima, che guarda un po’ a tutte le regioni italiane, con prezzi competivi. Il posto, all’interno dello Sporting Club, è un piccolo museo di quadri e sculture.

La Piazzetta – Montevecchia

Posizione spaziale per questo locale, con tavoli all’aperto: nelle giornate luminose, si ammira gran parte della Brianza e lo skyline milanese. Rétro negli interni, ma non nella cucina, moderatamente creativa eppure sempre vivace. Famoso lo strudel della casa.

Osteria Il Gallo Nero – Vertemate con Minoprio

C’è tanta Toscana nella proposta di questo locale, molto curato, nascosto in mezzo al Parco dell’Abbazia e gestito da una giovane coppia. Grande cura alle materie prime (salumi e formaggi al top) e cucina diretta, dove la carne eccelle ma non è male anche il pesce.

Il Moro – Monza

Un piccolo tempio della cucina siciliana, grazie all’impegno dei fratelli Butticé. La carta invita a scoprire la cucina regionale, in un vortice di ricordi e suggestioni: da provare il menu Viaggio in Sicilia. Ma piace anche la proposta contemporanea.

Il Gusto della Vita – Meda

Finalmente un buon locale nella cittadina: design puro per due salette piacevoli, dove gustare la cucina dell’indiano Dhian Singh, cresciuto a Monza. Ci sono colori e profumi del suo Paese a arricchire piatti classici e italianissimi. E si beve bene.

La Buatta del Kangaroo – Cormano

Sorpresa appena a nord di Niguarda, doppia considerando che da fuori sembra un bar di periferia. Invece, dentro si gusta ottima carne, alla brace, partendo da quella australiana. Ma non mancano porchetta e arrosticini. Numerosi degustazione.

Derby Grill de l’Hotel de la Ville – Monza

Semplicemente l’Istituzione alberghiera e ristorativa della città, guidata in modo impeccabile dalla famiglia Nardi. La cucina è affidata al sempre più convincente Fabio Silva, che ha un’anima campana, ma è bravo in tutto. Servizio e cantina d’eccellenza.

Doma Nun – Carate Brianza

Non mancano talento, idee e coraggio a Luca Alfonso, giovane chef-patron di questa bomboniera in piena Brianza. Tutti i piatti giocano su abbinamenti imprevedibili, ma centrati. Consigliabili i menu degustazione. Curiosità: l’insegna, in dialetto, significa ‘solo noi’.

In Galera – Bollate

Il primo e unico ristorante in Italia, realizzato in un carcere, in cui lavorano i detenuti, seguiti da uno chef e un maître professionisti. Ma non è solo un bellissimo progetto di integrazione: l’ambiente è di design, il menu creativo. Un’esperienza sorprendente.

Il Portico – Appiano Gentile

Uno dei grandi allievi di Marchesi – per la cronaca il suo preferito – nel 2016 ha aperto un ‘posticino’ dove niente è banale, a partire dalla scelta di mettere a tavola gli elementi (perfetti) per crearsi il piatto. Solo degustazione, ma di livello assoluto.

Osteria Manzoni – Barzago

Una bella famiglia per un locale giovane, ma già a punto, in una casa ristrutturata con eleganza e vista panoramica. Menu in equilibrio tra tradizione e fantasia, che tocca un po’ tutte le regioni, e dove non manca il pesce d’acqua dolce.

Cantuccio – Albavilla

Un posto dove andare sul sicuro, che da quindici anni segue una linea di piatti essenziali, diretti, gustosi. Tradizione ben rivisitata e creatività sono affidate a Mauro Elli, pioniere della buona ristorazione nel Lecchese. La cantina è tra le migliori della zona.

Bianca al Lago – Oggiono

Nel nuovissimo relais affacciato sull’acqua, c’è un ristorante di grande eleganza dove l’esperto Fabrizio Albini propone una cucina italiana, contemporanea ed essenziale, a base di grandi prodotti. C’è anche una chef’s table per venti persone.

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