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Mangiare (e bere) lungo il Naviglio Pavese

Mangiare (e bere) lungo il Naviglio Pavese

L’altro naviglio sta tornando a nuova vita. Ecco i nostri locali del cuore, in un viaggio seguendo la corrente dalla Darsena ai confini della città. Bar, ristoranti, pizzerie (street food e cantine urbane) e tutti gli indirizzi lungo il Naviglio Pavese

Il Naviglio a Milano lo si chiama al singolare perché quasi tutti si riversano lungo il Naviglio Grande, gremito di locali e ristoranti (alcuni ottimi, la maggior parte a uso e consumo dei turisti). Ma anche sull’altro Naviglio, quello Pavese, gli indirizzi non mancano. Ecco la nostra lista, dal fast food cinese alla pizzeria, passando per il ristorante stellato e le nuove aperture. Dalla Darsena, seguendo la corrente, verso la periferia e i confini della città.

Mini Maoji
Fratello minore di Maoji, in piazza Aspromonte, questo fast food cinese è specializzato in street food dallo Hunan. Ottimi bao, ravioli, melanzane, scodelle di lamian e poche altre specialità per sfamarsi a meno di 4€. Self service e con pochi fronzoli, si può mangiare ai tavolini interni o fuori. In estate con una Tsingao ghiacciata è perfetto. Per chi ama i sapori decisi.
Alzaia Naviglio Pavese 6

Nebbia
Appena dietro l’angolo, questo ristorante è stata una delle aperture più chiacchierate del 2019 (in bene). È tutto molto minimale, freddino e la nebbia la si respira dalle foto alle pareti e in una milanesità che sta tutta nell’approccio nordico alla ristorazione: menu breve, vini naturali, materie prime stagionali e scelte con attenzione, abbinamenti inconsueti su ingredienti della tradizione. Da provare il pan brioche con pâté d’anatra e cipolle caramellate, e i dessert. Sul resto si cade sempre in piedi con primi e quinto quarto (sui 50€). Per chi vuole dire: «Ci sono stato».
Via Evangelista Torricelli, 15

Osteria Grand Hotel
Se non ci vai da dieci anni, è ancora tutto uguale, per fortuna. L’Osteria Grand Hotel di Milano ha infatti una storia che parte da lontano, dai primi del 900, quando si chiamava El Gandin ed era conosciuta per i suoi campi di bocce e il terrazzo dove la sera si ballava. Nel 1981 diventa Grand Hotel Pub e inizia nel dopo cena una programmazione di spettacoli del nuovo cabaret milanese dove muovono i primi passi Lella Costa, Angela Finocchiaro, Aldo e Giovanni (allora senza Giacomo), Raul Cremona, Paolo Rossi e Claudio Bisio. C’è ancora un pianoforte e per anni si è suonato jazz e blues, con qualche apparizione di Enzo Jannacci. La cucina è quella lombarda, contemporanea, quindi non manca la testina, il brasato, la polenta e i piatti della tradizione, la carta dei vini sostanziosa. La sala interna è elegantemente decadente, ma nella bella stagione ci si siede ai tavoli all’aperto, bucolici. Per nostalgici.
Via Ascanio Sforza, 75

Chic’n Quick
La trattoria moderna firmata da Claudio Sadler, padre della ristorazione milanese. Più informale rispetto al ristorante stellato non si transige né sulle tecniche né sulla materia prima , il menu cambia ogni giorno e si spendono circa 30€ (per un’esperienza gastronomica che mette tutti d’accordo). Si va dalla Scaloppina di foie gras in padella con gel di zibibbo, cipolla rossa in agrodolce e mostarda di zucca ai classici della tradizione milanese magistralmente eseguiti: Riso giallo alla milanese al salto con Grana Padano 27 mesi Riserva (11€) e Costoletta di vitello alla milanese (alta o bassa), spinaci e patate ratte (23€). E, per chi vuole, Menu tandem, composto da un antipasto, un primo, un secondo e un dessert, per due persone a 100€. Per chi crede nel lusso democratico.
Via Ascanio Sforza, 77

Sadler
Il padre della cucina milanese contemporanea (con tanto di Ambrogino d’Oro), stanziale sui Navigli dal 1986 quanto prese la stella Michelin all’Osteria di Porta Cicca. A questo indirizzo c’è dal 2007 e grazie a lui il Naviglio Pavese è rimasto sulla mappa della ristorazione meneghina. Qui il Menu degustazione è ampiamente consigliato, ne ha diversi e con formule anche per i più giovani, proprio per avvicinare tutti all’alta cucina. Da provare almeno una volta uno dei suoi fois gras, come il Salamino di foie gras, uvetta, noci e frutta di stagione (in carta dal 1998) e i piatti nuovi, come il Cevice di “Porta Ticinese” con astice e nervetti. Per veri gourmet.
Via Ascanio Sforza, 77

Distreat
Il ristorante più milanese che ci sia: sul Naviglio, spazio ex industriale, aperto da tre giovani che facevano altro, in un’agenzia di comunicazione. Milanese, quindi dove si mangia, ma soprattutto si sta bene, dalle colazioni del mattino al cocktail del dopocena. Informale ma stiloso, la location fa la sua parte, ma il menu stupisce per offrire «piatti della cucina all’italiana arricchiti da un tocco di novità», e senza eccessi di prezzo. Esempio, Maccheroncino con ragù di rigaglie di pollo, zenzero e nepetella a15€ (o mezza porzione a 11). Non mancano mai il baccalà mantecato, risotto alla milanese con o senza ragù di ossobuco, trippa e tartare. E per chi non sa scegliere, il menu degustazione sta a 45€. Per milanesi di oggi.
Alzaia Naviglio Pavese, 78 / Via Imperia 3

Cantina Urbana
La prima cantina che produce vino a Milano, pigia e affina in botte uve provenienti dai dintorni e dal resto d’Italia, imbottiglia vino dai nomi divertenti come Naviglio Rosso. Ambiente ampio, ex industriale e luminoso, è il primo wine bar di nuova generazione: ossia un locale specializzato in vino che piace anche a chi non è appassionato di vino. Perché loro ne sanno, ma non se la menano, hanno un vino sfuso che spillano dai tank in acciaio a un ottimo rapporto qualità/prezzo (4€ al calice) e bottiglie per intenditori come il loro  Vulk ‘ Kaniko dell’Etna. L’aperitivo lo si fa con (ottimi) salumi e formaggi, organizzano concerti, degustazioni e persino la vendemmia. Per chi ama il vino o vuole capirci semplicemente qualcosa di più.
Via Ascanio Sforza, 87

Motelombroso
Un luogo ameno, nascosto alla vista, che come vuole Milano oggi riunisce tante cose in sé: ristorante, locale, libreria o “motel” per affittare a ore una sala-enoteca. Di super design, ma senza essere per questo freddo e bucolico pur essendo a Milano, questa ex casa cantoniera è diventata il luogo perfetto per il brunch della domenica, un aperitivo al tramonto, un maritozzo salato da sbocconcellare o una cena degustazione fatta e finita. Per i maniaci del dettaglio.
Alzaia Naviglio Pavese, 256

Erba Brusca
Il primo ristorante con orto di Milano è la meta giusta per una gita fuori porta in bicicletta (a 10 minuti dalla circonvallazione). È un luogo incantato, milanese per location ma internazionale per vocazione. La chef Alice Delcourt è per metà francese, metà inglese, cresciuta negli Stati Uniti e italiana di fatto e ha creato questo luogo a sua immagine e somiglianza. Lo definiscono anello di congiunzione fra campagna e città, e lo è nell’approccio alla materia prima, alla ricerca dei prodotti delle cascine che circondano Milano e di presidi Slow Food e nel rispetto (quasi nordico) con cui vengono lavorati. Influenze internazionali attraversano i piatti; nella bella stagione si mangia sotto il portico con vista sull’orto, ma bisogna temere le zanzare. Si può ordinare anche un degustazione di 4 portate a 34€, 6 per 45€. Sunday Roast a 38€ (altro che brunch!). Per sentirsi in vacanza.
Alzaia Naviglio Pavese, 286

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Agriristoro a Milano, da T’imo pranzo aromatico in cascina

Agriristoro a Milano, da T'imo pranzo aromatico in cascina

Il primo agriristoro di Milano si chiama T’imo, si trova all’interno di Cascina Sant’Ambrogio ed è perfetto per un pranzo (aromatico) in compagnia degli amici

Tra l’Ortica e Forlanini, da qualche giorno è nato T’imo. Il primo agriristoro di Milano si trova all’interno della fattoria urbana di CasciNet, nel quartiere Cavriana. I palazzi a specchio in stile anni 80 rimangono sullo sfondo insieme al gasometro, simboli del passato di una città lontana dal centro, ma altamente produttiva, sotto i quali oggi invece dominano il verde e i rumori della campagna. Perché agriristoro non un bar o un ristorante? Perché è un posto dove non si va solo per mangiare, ma anche per ristorarsi, riposarsi, rilassarsi. E perché quello che si assaggia viene in parte prodotto nella Food Forest che circonda Cascina Sant’Ambrogio, soprattutto le erbe aromatiche, le stesse che risuonano nel nome.

Agriristoro in città perfetto per un pranzo con gli amici

Man mano che si “segue il sentiero”, si ha la sensazione di essere arrivati a casa di amici o di essere capitati nel bel mezzo di una festa contadina, di quelle che forse non si trovano più così facilmente neanche in campagna. Se vi sentite persi, fatevi guidare dalla musica. Se dovete decidere come andare, scegliete la bicicletta: il piacere di sedersi all’ombra di un fico sarà maggiore. Se siete amanti dello yoga, programmate la vostra visita in concomitanza con una delle tante attività che popolano il calendario estivo. Se ricongiungervi con degli amici che non vedete da tanto tempo questo è il posto ideale per una bella tavolata.

Cos’è una Food Forest (e perché è importante saperlo)?

Se vi siete chiesti cos’è una Food Forest, la risposta è più semplice di quanto si possa immaginare: si tratta di un ecosistema di alberi, arbusti da piccoli frutti, erbe officinali, acqua, api, insetti, piccole strutture realizzate con materiali naturali. Un bosco sviluppato seguendo i principi della permacultura che i ragazzi di CasciNet hanno scelto come opzione per rigenerare uno spazio semi-abbandonato della città.

Agriristoro, per CasciNet T’imo punto d’arrivo e non di partenza

CasciNet nasce infatti come associazione senza scopo di lucro per generare un ambiente in cui cultura, comunità e agricoltura siano in sinergia. Al fianco dell’associazione è stata poi costituita anche la Società agricola di Impresa Sociale. L’agriristoro è l’esito di un percorso che non aveva come obiettivo l’inaugurazione di un locale, ma il desiderio di costruire per Milano un punto di incontro con profonde radici storiche (anche se può sembrare strano, Milano è sempre stata una città fortemente votata all’agricoltura e oggi è il secondo comune agricolo d’Italia dopo Roma). Le persone che ne fanno parte si stanno prendendo cura dell’edificio e del suo circondario da ormai diversi anni. Tra i vari progetti, oltre alla Food Forest e l’Agriristoro ci sono anche una community garden di ortisti, l’Asilo nel Bosco e un apiario condiviso.

T’imo in Cascina Sant’Ambrogio

Da monastero a cascina agricola, la Cascina Sant’Ambrogio ha una storia millenaria. Nel tempo ha ospitato monache e agricoltori, famiglie e migranti. Mai abbandonata, agli inizi del 2000 le attività agricole si erano interrotte e la cascina ha iniziato a soffrire la mancanza di energia nuova così, nel maggio 2012, dieci giovani milanesi, tra cui il nipote di uno storico abitante, hanno iniziato a ripulire ed aprire al pubblico gli spazi cascinali: l’aia, il porticato, l’ex fienile. Gli stessi dove oggi si può venire a pranzo all’ombra di alcune vele issate a mo’ di ombrelloni o delle fronde degli alberi (dalle 12.00 alle 14.30). Dalle 18 alle 22.30 è il momento dell’aperitivo, tranne il venerdì perché quello è il giorno della cena sociale (al momento, per evitare assembramenti, è sempre necessario prenotare).

Il pranzo aromatico è servito

Da T’imo il pranzo aromatico è fatto con ingredienti stagionali e valorizzati dalla selezione di odori che arrivano direttamente dall’orto: santoreggia, santolina, levistico, timo arancio, dragoncello e tante altre. A comporre i piatti sarete voi, scegliendo un carboidrato (riso Carnaroli Classico della Cascina Battivacco), due verdure di stagione, e due proteine (c’è anche l’opzione vegetariana). All’aperitivo, insieme alla birra artigianale o ai cocktail si possono ordinare dei piattini misti con assaggi dell’orto e della fattoria oppure panini farciti fatti con un pane casereccio croccante fuori ma morbido dentro, perfetto per assorbire gli umori dei suoi ingredienti. A chi partecipa alla cena sociale (un “buon” modo per sostenere le attività di CasciNet) vengono proposti piatti vegetariani con verdure dell’azienda Agricola Vitalba o dei campi di Vettabbia coltivati direttamente dai soci. Per quanto riguarda le materie prime animali, ci tengono a far sapere che provengono esclusivamente da allevamenti etici.

» Gateau di zucchine – Ricetta Gateau di zucchine di Misya

Misya.info

Innanzitutto lavate le patate, quindi mettetele in una pentola piena di acqua fredda e cuocete per circa 40 minuti o fin quando le patate non risulteranno morbide infilzandole con una forchetta.
A questo punto scolatele e pelatele, quindi schiacciatele con un passaverdure o uno schiacciapatate (oppure frullatele con un minipimer, se non avete altro) finché sono ancora calde.

Nel frattempo lavate le zucchine, spuntatele e grattugiatele con una grattugia a fori larghi, quindi strizzatele delicatamente per eliminare l’acqua in eccesso.

Mescolate quindi le patate con sale, zucchine, uovo e grana fino ad ottenere un composto omogeneo.
In ultimo incorporate anche la scamorza a cubetti (o qualsiasi altro formaggio o salume abbiate deciso di usare).

Imburrate uno stampo da 24 cm, cospargetelo di pangrattato e versateci dentro il composto, livellando bene la superficie.
Cospargete con pangrattato e con piccoli fiocchetti di burro, quindi cuocete per circa 20-30 minuti o fino a doratura in forno ventilato preriscaldato a 200 °C.

Il gateau di zucchine è pronto: lasciatelo riposare per almeno 15 minuti prima di servirlo.

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