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il miglior ristorante delle vie dei pastori della Barbagia

il miglior ristorante delle vie dei pastori della Barbagia

Pane frattau, culurgiones, pecora in cappotto, porceddu e seadas sono i piatti della tradizione barbaricina. E Alessandro Borghese è andato alla ricerca del ristorante che la interpreta meglio

Nell’ultima puntata di Alessandro Borghese 4 Ristoranti, andata in onda il 9 gennaio su Sky Uno, lo chef si è spinto fino in Barbagia, la vasta, misteriosa e affascinante zona montuosa della Sardegna centrale che sorge sui fianchi del massiccio del Gennargentu, alla ricerca del miglior ristorante delle vie dei pastori.

Nell’entroterra sardo, dove il numero delle pecore supera quello delle persone, i piatti protagonisti sono stati quelli a base di carne arrosto o bollita, formaggi come il pecorino e la ricotta, le erbe aromatiche della macchia mediterranea, dal finocchietto alla menta.

Anche questa volta, i quattro ristoratori in gara hanno votato – con un punteggio da 0 a 10 – locationmenùservizioconto del ristorante che di volta in volta li ha ospitati, oltre a una quinta categoria, lo Special, che in questo episodio è stata rappresentata dal pane frattau, specialità della zona.

I punteggi si sono sommati ai voti di chef Borghese che, in questo caso, ha confermato il risultato. Scopriamo i ristoranti che hanno partecipato alla puntata in Barbagia e la classifica finale.

4 Ristoranti: il miglior ristorante delle vie dei pastori della Barbagia

Ad aggiudicarsi il titolo di miglior ristorante delle vie dei pastori della Barbagia oltre ai premi in palio è stato Abbamele Osteria a Mamoiada (Nuoro), uno dei maggiori centri della pastorizia, celebre per i Mamuthones, le maschere del carnevale sardo. Il locale è stato aperto di recente da Mauro, 37 anni, un barbaricino doc che ha girato il mondo e poi è tornato nel suo paese con una missione: innovare la cucina tipica della Barbagia. «Mi piace sperimentare», racconta. «La mia è una cucina contemporanea che vuole dare un nuovo corso alla tradizione». E così, in un locale dove lo stile mixa materiali antichi come il granito a elementi di arredo moderno, propone un menù degustazione con l’Ovo frattau (la sua rivisitazione del pane frattau), gli Gnocchi di ricotta con brodo d’agnello, la sua interpretazione della Pecora in cappotto e il Ricordo di una sebadas.

Gli altri ristoranti in gara

Secondo classificato il Ristorante Sant’Elene a Dorgali. Lino, 64 anni, madre pastora e padre agricoltore, ha aperto il ristorante negli anni Ottanta insieme ai fratelli e continua a gestirlo con tutta la famiglia. Con una vista impagabile sulla macchia mediterranea che si gode dalla terrazza, qui si gustano le antiche ricette dei pastori che Lino ha approfondito con letture sulla storia e le tradizioni della Sardegna. «Propongo i piatti dimenticati dove ritrovare l’anima del popolo sardo», racconta. Il suo pane frattau è preparato con pane integrale, pomodoro fresco, uovo e un formaggio misto di latte vaccino e pecorino. In menù anche Ravioli alla dorgalese, Pecora bollita in cappotto, Zuppa del pastore, Seadas.

Terzo in classifica, l’Agriturismo Canales di Dorgali, il ristorante di proprietà di Giovanni (57 anni), detto Nanni. Pastore come il nonno e il padre, un giorno ha chiesto alla famiglia un pezzo di terra per costruire il suo agriturismo dove propone rigorosamente la tradizione dei pastori. Con le materie prime della sua azienda agricola (dove si può visitare il pinnettu originale – il rifugio dove i pastori dormivano e trasformavano il latte – del nonno), Nanni e la moglie preparano Capretto e maialetto arrosto, Pecora in umido con erbe aromatiche, Culurgiones, Casadina e gelato con latte di capra.

Ultimo in classifica (per colpa di una corda di pecora non apprezzata dagli altri ristoratori e per non aver rimediato all’errore) l’Agriturismo Su Pinnettu del 30enne Federico, che si definisce un «pastore moderno». Nipote di pastori, si è laureato in Agraria con la chiara intenzione di lasciare Cagliari e tornare a Olzai, suo paese d’origine dove ha aperto un agriturismo. La sala principale del ristorante si trova all’interno di un pinnettu ricostruito: qui si gustano piatti della tradizione come il pane frattau preparato con un pane fatto in casa, il porceddu, e proposte più contemporanee come il capretto alla birra.

 

Dieci posti golosi tra Le Cinque Vie

Dieci posti golosi tra Le Cinque Vie

Il distretto più centrale della Milano Design Week è ricco di sorprese, in una cornice di grande fascino. Tra un evento e una mostra, dove fermarsi per un drink o un piatto che meritano.

Per un curioso scherzo del destino, si vede all’evento più cool e contemporaneo della città – la Milano Design Week – il merito di aver fatto riscoprire il quartiere più antico: le Cinque Vie. Chi pensa che Milano, a differenza di altre grandi città italiane, come Roma, Napoli e Firenze, non abbia una sua storia da preservare, ma sia unicamente dedita agli affari e alla moda, dovrebbe fare una lunga, quanto piacevole, passeggiata in questo dedalo di stradine. Esistono sin dall’Impero Romano e si incrociano come una stella in un’area dove si incontrano resti di monumenti, splendidi palazzi, musei e chiese.

Boutique e gallerie d’arte

Questo distretto – nato in occasione della Design Week 2014, è un mix di cortili incantevoli e scorci sorprendenti ma anche di boutique deliziose in cui fare shopping e tante gallerie d’arte. Ha il vantaggio di una posizione centralissima visto che è compreso tra la cattedrale di Sant’Ambrogio, il Duomo, piazza Affari e via Torino.  Ovviamente merita una visita sino al 14 aprile – quando si chiuderà il Fuorisalone – ma anche una tranquilla passeggiata lontano dall’evento, magari in un fine settimana. E’ una Milano di rara bellezza e grande fascino.

Nel cuore dell’evento

Le Cinque Vie sono Via del Bollo, Via Santa Marta, Via Santa Maria Podone, Via Santa Maria Fulcorina e Via Bocchetto: vivevano uno stato di abbandono, vicino al degrado, e sono rifiorite grazie all’impegno di un’associazione quale 5Vie Art+Design (http://www.5vie.it) che per la Milano Design Week ha allestito un ricco cartellone. Prendersi una pausa è doveroso, tanto più che nel distretto (e nelle vie adiacenti, lo sottolineiamo) non mancano i posti golosi e con quel tocco di classe che solo Le Cinque Vie regalano in naturalezza.

 

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