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Il Volo: Piero, Ignazio e Gianluca a tavola, in cucina

La Cucina Italiana

Il Volo è tra i gruppi italiani più conosciuti all’estero e, a dispetto della loro giovane età, quest’anno
i 3 talentosi cantanti festeggiano i 15 anni di carriera internazionale tornando al Festival di Sanremo, kermesse che hanno vinto nel 2015 con Grande amore e in cui si sono piazzati al terzo gradino del podio nel 2019 con Musica che resta. Parliamo di Piero Barone, Ignazio Boschetto e Gianluca Ginoble, ovvero gli ex ragazzini di Il Volo tenuti a battesimo dalla signora della “cucina di mezzogiorno”, Antonella Clerici, nel 2009 a Ti lascio una canzone. I tre, in corsa all’Ariston con il brano Capolavoro, sono in forma smagliante e si preparano ad affrontare il palco seguendo una routine alimentare che hanno consolidato negli anni e che permette loro di affrontare senza affanni in giro per il mondo.

Come si tengono in forma Piero, Ignazio e Gianluca di Il Volo

Poche trasgressioni e molto rigore: sono questi i punti saldi della dieta di Piero Barone, Ignazio
Boschetto e Gianluca Ginoble. «Nella nostra quotidianità i nostri pranzi e le nostre cene
sono molto basic: mangiamo riso in bianco, petto di pollo o salmone grigliato accompagnati da
verdure grigliate. Evitiamo per quanto possibile grassi saturi e zuccheri» confessano
chiacchierando con noi di La Cucina Italiana a pochi giorni dalla loro terza partecipazione al
Festival della Canzone Italiana. «Anche a Sanremo seguiremo questo regime alimentare senza
trasgredire per arrivare al meglio sul palco» continuano. Alla dieta alimentare, poi, i tre cantanti
di Il Volo affiancano «tanto sport». Non è un mistero, infatti, che scelgono sempre «di alloggiare
in alberghi con la palestra: facciamo almeno trenta minuti di corsa sui tapis roulant, poi flessioni,
addominali ed esercizi per i muscoli» come hanno rivelato in alcune interviste nel passato.

Aperti alle cucine del mondo

Da globetrotter internazionali, però, i ragazzi di Il Volo non si sottraggono alle cucine del mondo.
Nonostante la dieta che si sono imposti per rimanere in forma, sono dei buongustai e amano
scoprire i sapori dei piatti tipici dei Paesi dove si esibiscono. «Quando viaggiamo proviamo tutto quello che possiamo, non siamo certo come quegli italiani che cercano la pasta in qualsiasi posto del mondo. E nemmeno tra quelle persone che dicono che qualcosa non piace loro senza prima averla assaggiata» sorridono. «Tra i piatti più strani che abbiamo deciso di provare ci sono
senz’altro le meduse piccanti che abbiamo ordinato in Giappone dove, per esempio, ci piace molto
il sushi che è completamente diverso da quello che fanno in Italia».

Api, custodi del pianeta: un volo sostenibile dalle Dolomiti alla Sicilia

Api, custodi del pianeta: un volo sostenibile dalle Dolomiti alla Sicilia

Una conversazione sull’Italia della biodiversità attraverso l’ingrediente miele e un animale simbolo della salvaguardia della Terra: le api. Insieme a noi: una start-up innovativa, un apicoltore bio di grande esperienza e una sommelier del miele. Un percorso didattico e gustativo che porta un’eccellenza del nostro Paese, nel mondo

Albert Einstein diceva che senza le api il genere umano si sarebbe estinto in quattro miseri anni. Partiamo da un’intuizione apparentemente apocalittica del grande genio per parlare di un tema chiave per la salvaguardia della nostra biodiversità: questi preziosi insetti impollinatori.

Ne hanno parlato con noi sulla piattaforma ilfuturocheciaspetta.lacucinaitaliana.it, tre grandi esperti del settore.
A partire da Diego Pagani, Presidente di Conapi – Mielizia dal 1979 il marchio degli apicoltori di Conapi, Consorzio Nazionale Apicoltori, la più importante cooperativa di apicoltori in Italia e una delle principali al mondo. «Dal Piemonte alla Sicilia, i nostri apicoltori raccolgono le migliori produzioni italiane di miele, polline, pappa reale e propoli», ci racconta lo stesso Pagani, apicoltore biologico lui stesso. «Se parliamo di biodiversità in Italia dobbiamo ricordare che abbiamo la fortuna in di avere l’ape ligustica e l’ape carnica, esportate in molti Paesi nel mondo, e in Sicilia una sottospecie autoctona, l’ape sicula, il cui miele è anche presidio Slow food».

Apicoltura non è solo biodiversità, ma anche sostenibilità e zero sprechi. «Abbiamo imparato dall’alveare» prosegue Pagani, in cui non si butta via nulla. Con la polvere di polline, ad esempio, noi di Conapi-Mielizia prepariamo integratori integratori eccellenti: normalmente sarebbe considerata materiale di scarto di lavorazione». Le api sono anche sinonimo di tutela del territorio Italiano. Alcuni apicoltori infatti operano in zone protette e oasi WWF: «noi ci prendiamo cura del territorio insieme insieme alle api», sottolinea Pagani. In Piemonte c’è il parco Parco dell’Alpe Veglia e dell’Alpe Devero ad esempio che arriva fino al confine della Svizzera. La Pollinosa, una nostra azienda affiliata in Toscana, ha portato le api sull’isola di Giannutri, dove c’è una bellissima fioritura di rosmarino. Il bello del nostro Paese è che ha un clima che va dal Mediterraneo al Mitteleuroeo, questa conformazione particolare determina una biodiversità incredibile e in virtù di quello riusciamo a produrre 50 miele monoflora: di eucalipto in Centro Italia, di corbezzolo in Toscana e in Sardegna e vi dicendo».
Concorde Elisa Prosperi, sommelier del miele appartenente all’omonimo Albo « il miele rappresenta la biodiversità grazie alle sue molteplici differenze di colore e sapore, di consistenza e profumo. Quello di acacia, ad esempio, è liquido e chiaro: dipende dal nettare e da come le api lo lavorano con i loro enzimi».

E infine api e urbanizzazione: una serie di iniziative degli ultimi anni vedono un virtuoso rapporto di collaborazione tra amministrazioni pubbliche e apicoltori. «Col Progetto Giardini Naturali Amici delle Api abbiamo contribuito all’eliminazione dei diserbanti chimici dai parchi cittadini per favorire il ritorno delle api, sì, ma anche una più sana permanenza dei bambini. Partito in Emilia Romagna si sta estendendo a varie regioni italiane, tra cui la Lombardia».
Sempre di api e città si parla con Roberto Pasi, co-founder di Beeing, start-up emiliana ormai celebre nel mondo con le sue B-Box, sorta di arnie metropolitane hi-tech, e dei complessi sistemi di monitoraggio di salute delle api. «Una volta ognuno in campagna c’era la propria arnia. Ora le api sono sempre più in pericolo a causa degli habitat compromessi.
Abbiamo voluto cercare di ricucire il rapporto delle città con gli ambienti naturali: abbiamo cercato un modo di fare delle nuove arnie più facili da utilizzare per fare gli apicoltori. Le nostre B-box non sono un gioco ma sono pensate per persone che non sono interessate a produrre grandi quantità di miele. Abbiamo studiato un camino in cui gli insetti entrano a 2 metri di altezza, come se fossero su un albero: è un prodotto di design che permette di osservarle senza disturbarle. E offriamo ai nostri clienti dei corsi di apicoltura perché le api non sono animali addomesticabili».

La risposta è stata importante ad ogni angolo del pianeta: l’apicoltura urbana è una grande opportunità per api e biodiversità perché rende le città un ambiente integrato tra uomini, insetti, edifici e natura. Da lì è nata anche la collaborazione con Conapi prima e Legambiente poi per il progetto Orti urbani. Perché?
Le api sono dei bioindicatori, volando sui fiori assorbono una traccia dell’ambiente attraverso cui volano: monitorare api e il miele dà indicazioni anche sulla qualità dell’aria. Ci raccontano della presenza delle polveri sottili, del PM10 ad esempio».
E se la tecnologia è un grande alleato nella tutela delle api, lo sarà sempre di più anche il turismo: molte strutture di ricezione (hotel, b&b, resort) hanno ormai le proprie arnie e degli apicoltori che le seguono appositamente e le fanno anche visitare agli ospiti in sicurezza: così a seconda di dove si soggiorna si può assaggiare un miele diverso. Magnifico no?»

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