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The World’s 50 Best 2021, meglio degli Oscar

The World's 50 Best 2021, meglio degli Oscar

Cronaca di una classifica da 50 a 1, vissuta e celebrata con i nostri migliori ristoranti italiani nel mondo – a colpi di gin

Se ogni anno vi appassionate alla notte degli Oscar e relativo red carpet e vi fate pure la maratona per vedere chi vincerà la celebre statuetta, sappiate che il The World’s 50 Best Restaurants è un po’ la stessa cosa, solo che si parla di ristoranti o meglio dei migliori 50 ristoranti del globo, premio sponsorizzato da S.Pellegrino e Acqua Panna. Se i primi si svolgono al Dolby Theatre di Los Angeles, i secondi cambiano location ogni anno. E per questa edizione post covid after schock, è toccato ad Anversa, nelle Fiandre del Belgio, ospitare la manifestazione. Una popolazione di foodie proveniente per lo più da tutta Europa è sbarcata ieri al Flanders Meeting & Convention Center della città. In passerella c’erano tutti i nostri chef già in classifica. Massimo Bottura in testa, unico con la sciarpa viola che significa aver vinto il gradino già alto del podio – successe a Bilbao nel 2018 – ma anche Massimiliano Alajmo, Enrico Crippa, e lui, Riccardo Camanini.

Tanti abiti da sera, anche se erano le due del pomeriggio: infatti, l’invito richiedeva il black tie per un teatro da cerimonia Oscar. Orchestra dietro una trasparenza e poi via con il countdown. Inizia la conta: 50, Wolfgat Paternoster Sud Africa, 49esimo Azurmendi Spagna, poi Atelier Crenn California, Maeemo Norvegia, Colombia, Berlino, New York, 41esimo Yannick Alleno, ancora niente Italia… La fila dietro di me di connazionali trattiene il fiato. Scendiamo ancora, Ultraviolet di Paul Pairet a Shanghai 35esimo, un altro ristorante a Berlino Tim Raue 31, Mosca con Twins Garden. Siamo a 30 e ancora zero Italia.

Poi arriva il Best Female chef che va a Pia Leòn e al suo ristorante Kjolle di Lima. Team femminile, una bella storia di inclusione ma chissà quando potremo rinunciare al premio quota rosa? Riparte il countdown, eccoci: 29esimo Niko Romito. Non è in sala, ma la gioia è alta per il nostro chef tre stelle Michelin di Castel di Sangro in Abruzzo e chef dei Bulgari Hotels. E comunque c’è Cristiana, la sorella mitica che lavora sulla sala. Riprende il countdown, ecco al 26 Le Calandre. Fino a qui bene. Se Niko ha recuperato una ventina di posizioni, Max Alajmo è passato dal 31esimo al 26 posto. Poi di nuovo due francesi come Septime e L’Arpège il mitico ristorante semi veg di Alain Passard (non si mangia carne da tempi non sospetti), e ancora giù fino al 18esimo dove troviamo il Piazza Duomo di Alba di Enrico Crippa anche lui nella parte più alta della
classifica.

E infine, eccoci alla grande sorpresa. Riccardo Camanini del Lido 84 di Gardone Riviera entra diretto come un missile nell’olimpo e arriva al 15esimo posto, come esordiente, il più alto degli italiani in classifica. Non ci crede, sale sul palco con il fratello Giancarlo, felice, umile, stordito dall’emozione. «Sono contentissimo e molto impressionato dal fatto di essere davanti a tutti. Da domani devo studiare di più fare sempre meglio. Festeggiare? No, sono una persona semplice».

Ma la classifica entra nel suo apice adesso. Ancora Spagna con Mugaritz (in tutto 4, come noi ma più alti), poi il premio Ospitalità dato da Gin Mare, partner ufficiale del premio, introdotto con un video di Massimo Bottura allo Steirereck di Vienna. E poi ora siamo nei 10. Messico: Pujol, Singapore, Lima Stoccolma, Disfrutar, ancora Lima Spagna, Danimarca, Danimarca. La Svezia silenziosa ha fatto la sua parte, la Danimarca straccia tutti con il primo posto di Noma e con Geranium al secondo esattamente secondo le previsioni.

Discorsi, emotività, la pandemia ha provato quanto i nostri sogni possano essere fragili. E poi la festa. Mentre il vino è un po’ così, il gotha si beve (numerosi) gin and tonic da Gin Mare, dove sfornano cocktail a ritmo impressionante. Colagreco (cin cin era pure il compleanno), Bottura, Crippa, Alajmo, sono tutti lì. I ragazzi del brand spagnolo ci danno dentro (non sarà un caso se gli italiani sono tutti lì visto che siamo il loro primo mercato). Unica donna di questo circuito senza premio rosa è Ana Roš, 21 esima con il ristorante Hisa Franko in Slovenia – World’s 50 Best
bellissimi, ma ragazze qui c’è da lavorare.

p.s. Molto apprezzato che tanti chef siano saliti sul palco a ritirare premi con le loro consorti, segno di riconoscimento del loro lavoro silenzioso, a iniziare da Colagreco.

Ricetta Sfoglie di pane croccante con composta di lamponi

Ricetta Sfoglie di pane croccante con composta di lamponi

Composta di lamponi con cipollotto e aceto: deliziosa su sfoglie di pane croccante oppure con le carni arrostite

  • 500 g lamponi
  • 100 g pane carasau
  • 100 g panna fresca
  • 50 g pistacchi sgusciati
  • 30 g zucchero di canna
  • 15 g zenzero fresco
  • 1 cipollotto (parte verde)
  • aceto rosso
  • sale
  • pepe

Per la ricetta delle sfoglie di pane croccante con composta di lamponi, iniziate tagliando a metà i lamponi.
Raccoglieteli in una casseruola con il cipollotto mondato e affettato molto sottilmente, lo zenzero sbucciato e tritato, lo zucchero, 2-3 cucchiai di aceto, sale e pepe.
Fate sobbollire per 10 minuti. Bilanciate il gusto della composta con altro aceto e/o sale. Spegnete e lasciate raffreddare.
Per l’aperitivo servite con pane croccante, panna montata e i pistacchi tritati.

Ricetta: Joëlle Néderlants, Testi: Laura Forti; Foto: Riccardo Lettieri, Styling: Beatrice Prada

Pomodoro: un concentrato di sole!

Pomodoro: un concentrato di sole!

La pasta e la pizza, ma anche la parmigiana e altre decine delle nostre ricette tipiche prevedono il pomodoro tra gli ingredienti. Eppure è arrivato in Italia solo nel 1500 e ha dovuto aspettare oltre due secoli prima che da pianta ornamentale varcasse la porta delle cucine. Le prime notizie sulla coltivazione del pomodoro nel Parmense risalgono al 1840, quando cominciò la vendita della «conserva nera», preparata con pomodori privati dei semi e delle bucce fatti cuocere a lungo, fino a ottenere un sugo denso e scuro, poi essiccato al sole: ne bastava la punta di un cucchiaio per insaporire le minestre e le pietanze durante i mesi invernali. Il periodo compreso tra il 1870 e l’inizio del Novecento fu fondamentale per lo sviluppo dei processi di trasformazione del pomodoro grazie alle nuove tecnologie, rese possibili dalla rivoluzione industriale, che migliorarono la qualità delle conserve.

Mille querce per la sostenibilità

La provincia di Parma è un punto di riferimento per la produzione e la lavorazione dei pomodori, grazie a una filiera corta e controllata che prevede la coltivazione in un raggio di cinquanta-cento chilometri dagli stabilimenti: questa accortezza permette di conservare intatti il profumo, il sapore e i valori nutritivi dei pomodori appena raccolti. Un approccio che fa bene anche all’ambiente, riducendo l’inquinamento ambientale dovuto invece al trasporto. Il tema della sostenibilità è una priorità di Mutti (mutti-parma.com), tanto che nel 1999 è stata la prima azienda con il marchio Produzione Integrata Certificata, a garanzia di una coltivazione volta alla riduzione del consumo di acqua ed energia e alla tracciabilità dell’intera filiera. Dal 2001 è stata aggiunta la dichiarazione di produzione non Ogm, mentre prosegue da dieci anni la collaborazione con Wwf Italia per trovare soluzioni per ridurre il consumo idrico e le emissioni di anidride carbonica. Novità di quest’anno è il progetto «Mille querce», insieme con i comuni di Montechiarugolo, Sissa Trecasali e Traversetolo: sono stati piantati 1100 alberi su una superficie di 50.000 metri quadrati destinata ad ampliarsi con l’adesione dei comuni limitrofi. Attenzione alla sostenibilità anche per un’altra azienda parmense, Rodolfi Mansueto (rodolfi.com), che dal 2011 si è dotata di un impianto fotovoltaico e ha avviato vari progetti e collaborazioni, tra i quali Biocopac, per trasformare i sottoprodotti di lavorazione in resine naturali da riutilizzare per la realizzazione di vernici per contenitori. Inoltre, sta piantumando presso i suoi conferenti piante autoctone e si sta impegnando a ridurre la concimazione chimica a favore di quella organica.

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Dai campi al tubetto

Si dice genericamente pomodoro, ma il nostro Paese ne produce diverse varietà. Il Rotondo di Parma, che dà il meglio in Emilia-Romagna e nelle regioni vicine, è il più utilizzato per salse, sughi e conserve. Il pomodoro Lungo è una varietà tipica del Sud Italia e cresce principalmente in Puglia, nell’area della Capitanata, dove i particolari terreni e il clima gli regalano un gusto intenso e fresco e una consistenza soda e polposa. Il Ciliegino, piccolo e rotondo, è un’altra varietà tipica del Sud, dove il clima caldo lo rende fresco e vivace. Il San Marzano, coltivato solo nell’area dell’Agro Sarnese-Nocerino, è una varietà Dop dal gusto fresco, intenso e non acido, e dal caratteristico colore rosso vivo. Il Datterino dalla forma allungata è coltivato sia nel Sud, prevalentemente in Puglia, sia nelle zone collinari dell’Emilia-Romagna e del litorale adriatico; è particolarmente apprezzato per la buccia sottile e il sapore delicato e naturalmente dolce. Con questa varietà Mutti produce la Polpa Datterini, indicata per condire pasta, legumi, pesci e molluschi. Rodolfi invece accosta i pomodori alle altre verdure dell’orto per la sua storica Ortolina in tubetto, una salsa nata da una vecchia ricetta del 1936, che Ida, la moglie del fondatore Mansueto, preparava per il pranzo della domenica e nelle grandi occasioni. Il marito cominciò a produrla a livello industriale negli anni Cinquanta, pubblicizzandola con lo slogan «l’orto in cucina»: per la praticità e la bontà ebbe un successo immediato, che dura ancora oggi.

Quale conserva scelgo?

Dipende da cosa si cucina. Per esempio, pizza, amatriciana o carni?

Polpa: si ottiene unendo il succo e la parte polposa del pomodoro, sminuzzata in pezzetti più fini per la pizza e più grandi per i sughi. È un condimento veloce, ideale per le preparazioni fresche e le ricette di pesce, ma aggiunge una leggera acidità ai piatti più robusti, come lo spezzatino o il brasato.
Passata: i pomodori sono tritati, raffinati, riscaldati a temperature molto alte per un tempo breve e leggermente concentrati. Con la consistenza cremosa e il gusto intenso, dolce e leggero, è insostituibile per i grandi primi italiani, come l’amatriciana e l’arrabbiata.
Concentrato: occorrono sei chili di pomodori freschi per fare un chilo di doppio concentrato e ben nove chili per il triplo concentrato. Cremoso, molto denso e con un sapore intenso, regala alle salse e ai sughi una dimensione gustativa più ricca e un colore vivido. Abbinatelo alla polpa per sughi, ragù e spezzatini o usatelo per accompagnare i bolliti.

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