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Milano, quartiere Maggiolina: 5 indirizzi buoni

Milano, quartiere Maggiolina: 5 indirizzi buoni

Sono nata e cresciuta a Milano da genitori milanesi, eppure prima di trovare un appartamento su misura dei miei gusti in quartiere Maggiolina, non avevo mai sentito parlare di questa parte di città. Noto ai più come “il quartiere dei giornalisti”, si estende sinuosamente tra Melchiorre Gioia e viale Zara, sfiorando i confini della modaiola Isola e, dall’altro lato, avvicinandosi alla Stazione Centrale. Principalmente residenziale e con ancora un’abbondanza di vegetazione (quantomeno per essere a Milano), il quartiere Maggiolina ospita pochi, ma ottimi locali per chi desidera mangiare fuori. Vi svelo i miei preferiti e se passate da queste parti vi consiglio di inoltrarvi tra le viuzze dietro piazza Carbonari per immergervi in un’atmosfera da paese, tra alberi secolari, gatti che si godono il verde e sperimentazioni architettoniche davvero notevoli.

Brutti ma buoni

Brutti ma buoni
 

Ieri ho presentato formale denuncia presso la Polizia Postale, a carico del sito cotto-e-mangiato.info che da tempo viola la mia proprietà intellettuale pubblicando i miei contenuti senza il consenso.

Buoni pasto in sciopero: succede per davvero

La Cucina Italiana

Mercoledì 15 giugno, per ventiquattro ore, bar, ristoranti, ma anche supermercati, ipermercati ed esercizi del piccolo commercio non accetteranno pagamenti tramite i buoni pasto. Si tratta del primo sciopero nazionale contro il sistema dei buoni pasto promosso da Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi, e dalle principali sigle della grande distribuzione e del commercio.

Buoni pasto in Italia: commissioni altissime

Il motivo? Le alte commissioni che devono pagare gli esercenti, come i bar, i ristoranti e i supermercati. Queste commissioni, infatti, in media, infatti, ammontano a una somma compresa tra il 10% e il 20% del valore del buono (sono le più alte d’Europa). Un esempio pratico: per una spesa di 10 euro, l’esercente ne incassa solo 8.  

Questo sciopero è solo un’azione dimostrativa, che però potrebbe prefigurare una nuova realtà, quella in cui gli esercenti non accettano più i buoni come pagamento, se non si arriverà a una riforma strutturale del sistema che elimini o riduca le commissioni. E il rischio, per i lavoratori, è quello di trovarsi in tasca una forma di denaro che non riesce a spendere.

 “Questa tassa occulta che lo Stato scarica direttamente sulle imprese del nostro settore è inaccettabile», spiega Aldo Mario Cursano, vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio. «Da anni stiamo lavorando per sensibilizzare le istituzioni chiedendo una radicale modifica del sistema che salvaguardi il valore del buono pasto lungo tutta la filiera, ma finora siamo stati inascoltati. L’adesione allo sciopero di 24 ore cresce di ora in ora ed è solo l’inizio di una serie di iniziative che porteranno a non poter spendere più i buoni pasto se non ci sarà una radicale inversione di tendenza già a partire dalla prossima gara Consip del valore di 1,2 miliardi di euro».

Vantaggiosi per le aziende e per i lavoratori

I buoni pasto sono uno strumento vantaggioso per le aziende, che così non devono sobbarcarsi i costi di gestione di una mensa interna e che, dallo Stato, ottengono una serie di vantaggi fiscali (possono dedurre l’intero importo dal totale su cui si pagano Ires e Irap). I dipendenti li utilizzano non solo per acquistare i pasti delle pause pranzo al ristorante o al bar, ma anche per pagare la spesa alimentare, in un periodo storico in cui i prezzi sono schizzati in alto per via dell’inflazione. Non solo: i buoni, entro i 7 euro, sono esenti dalle tasse, mentre il denaro in più in busta paga non lo sarebbe. 

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