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Ricetta Brodo di cappone con amaretto e arancia

Ricetta Brodo di cappone con amaretto e arancia

Step 1

Scaldate a bagnomaria il liquore all’amaretto con l’arancia candita; lasciate in infusione per 25 minuti: il liquore prende l’aroma senza evaporare.

Step 2

Scaldate il burro con 1 spicchio di aglio schiacciato con la buccia, 4 foglie di salvia, 3 gherigli di noce, 1 cucchiaio di uvetta, sale e pepe. Cuocete finché il burro non prenderà un colore nocciola.

Step 3

Mettete in una grande casseruola il cappone, 1 rametto di rosmarino, 2 rametti di prezzemolo, 4 grani di pepe, il pomodoro inciso a croce, il sedano a tocchi, la cipolla sbucciata e tagliata in 4, il porro a listerelle, 5 foglie di salvia, timo.

Step 4

Versate il burro sul cappone, unite il vino e coprite tutto di acqua fredda. Fate sobbollire per 1 ora; unite poi l’amaretto con i canditi e 1 cucchiaio di sale grosso.

Step 5

Cuocete ancora per 1 ora e 30 minuti.

Come scegliere il miglior cappone per Natale

Da quelli più industriali ai capponi ruspanti, ecco come scegliere un vero “tartufo con le ali”. Da prenotare online o comprare alle fiere del cappone dell’11 e 12 dicembre

Durante l’anno il cappone è quasi introvabile, poi arriva in macelleria e nei supermercati insieme alle canzoni di Natale di Mariah Carey. Lo si usa per fare il brodo, lo si farcisce di ripieno, è il protagonista di molte della tavola delle feste e di tante ricette della tradizione. Rispetto al pollo è un animale pregiato che richiede una crescita più lenta e lunga, ha una carne più tenera e saporita, ma come in tutti i prodotti, ci sono capponi e capponi. Come sceglierne uno buono? Lo abbiamo chiesto a Mauro Fissore, presidente del Consorzio del Cappone di Morozzo, un paese in provincia di Cuneo famoso, appunto, per il cappone, tanto da aver eletto Mauro anche sindaco.

Carta d’identità del cappone

Il cappone non è altro che un gallo «castrato chirurgicamente prima che abbia raggiunto la maturità sessuale e macellato a un’età di almeno 140 giorni» (regolamento CE n. 2067/1996). Dopo la castrazione (detta capponamento) viene messo all’ingrasso per una settantina di giorni, con un’alimentazione principalmente a base di granaglie e cereali che donano al suo grasso il caratteristico giallo intenso che lo contraddistingue. Vista la sua crescita lenta, le razze più adatte a questa tipologia di allevamento sono la Padovana, la Livornese, l’Ermellinata, la Bianca di Saluzzo.

I metodi i allevamento consenti per legge

Diverse le forme di allevamento consentite dalla legge. Possono essere allevati in modo estensivo al coperto, con una densità per metro quadrato di superficie al suolo di 15 capi, ma non più di 25 kg di peso vivo, oppure all’aperto con una densità che non deve superare i 7,5 capi per metro quadrato e dove per almeno metà della durata del loro ciclo vitale devono avere a disposizione almeno 2 metri quadrati a testa. Si scende ancora di densità per l’allevamento rurale all’aperto con 6,25 capi (fino all’età di 91 giorni, 12 capi) di densità per metro quadro e 4 metri quadrati per cappone di giardino all’aperto. Esiste poi l’allevamento rurale in libertà che in più garantisce che gli animali abbiano costantemente accesso, durante le ore diurne, a spazi all’aperto di superficie illimitata. Il metodo di allevamento non è ancora obbligatorio in etichetta, e quindi per capire che cosa si sta comprando, meglio rivolgersi a marchi di qualità che, allevando prodotti ruspanti, hanno tutto l’interesse a valorizzare le loro peculiarità.

Mauro Fissore e un Cappone di Morozzo.

La qualità: scegliere in base a disciplinari e allevatori

L’acronimo PAT sta per Prodotti Agroalimentari Tradizionali, prodotti tipici italiani particolarmente legati a un territorio e alla sua storia, dai metodi di realizzazione. Esistono ben sei PAT nel caso del cappone: il cappone friulano, il cappone rustico (nostrale) delle Marche, il Cappone di Monasterolo di Savigliano (CN), il Cappone di San Damiano d’Asti (AT), il Cappone di Vesime (AT) e il Cappone di Morozzo (CN), che è stato anche il primo Presidio Slow Food. Le PAT non sono disciplinari di allevamento, però, e rispettano di base la legislazione vigente che può consentire da un allevamento a terra in capannoni a quello ruspante puro. Per scegliere un cappone di alta qualità bisogna quindi rivolgersi ai consorzi o ai singoli allevatori che, fissando disciplinari ancor più stringenti, garantiscono un prodotto più gustoso e allevato in modo più etico per il benessere animale.

Il Cappone di Morozzo: il tartufo con le ali

Il più famoso fra i capponi: il cappone di Morozzo, primo presidio Slow Food dal 1999 e prodotto dal Consorzio per la tutela e la valorizzazione del Cappone di Morozzo, un’istituzione riconosciuta che riunisce i migliori allevatori del territorio con l’obiettivo di produrre esemplari eccellenti e di qualità comprovata. Il loro presidente, nonché sindaco di Morozzo, Mauro Fissore, ci ha raccontato la storia e le peculiarità di questo animale. La storia di questo cappone parte dall’attività delle mogli dei contadini anche chiamate “capunère”, che capponavano i giovani galletti dopo pochi giorni di nascita, e poi li lasciavano crescere e scorrazzare per l’aia fino a raggiungimento del quarto mese d’età, quando venivano macellati e utilizzati come pagamento a favore di medici, notai o avvocati. «Venivano sempre regalati in coppia, come racconta anche Manzoni nei promessi sposi, non era solo un dono, era anche un medicinale: il brodo di cappone era un toccasana per guarire i malati».

La razza da cui si ottiene il Cappone di Morozzo è la razza di Morozzo, la nostrana biotipo scuro di Cuneo, e ha un’età di almeno 220 giorni; dopo la capponatura deve essere ingrassato per un periodo di almeno 77 giorni, deve essere allevato a terra, libero nell’aia o in recinti in uno spazio di almeno 5 metri quadrati a testa. Viene nutrito principalmente con granaglie (mais, orzo, grano), ma razzolando all’esterno non disdegna nutrirsi di insetti e di erba. Ogni allevatore ha una quota di 200 pulcini selezionati e solo quando tutte le regole sono rispettate al cappone viene fissato l’anello alla zampa che ne garantisce la qualità. Mangime, movimento e crescita lenta migliorano la qualità delle carni e lo rendono una carne particolarmente pregiata «Considerando tutti questi costi, dobbiamo renderci conto del vero valore di questo prodotto avicolo: è un tartufo con le piume», spiega Mauro, che guida un’associazione storica di allevatori che hanno mantenuto in vita questa tradizione. Il loro cappone è raro, ma sul sito del consorzio è possibile prenotarlo online o contattare tutti i produttori. E poi, per chi volesse, c’è la fiera del Cappone di Morozzo che si terrà, il 12 dicembre.

Gli atri capponi piemontesi

È stato fondato il Consorzio di Valorizzazione del Real Cappone di Racconigi che viene allevato nelle aree di produzione riconosciute dalla De.Co: Racconigi, Cavallermaggiore, Cavallerleone, Caramagna Piemonte, Fossano, Monasterolo di Savigliano, Marene, Polonghera, Sommariva del Bosco, Murello e Savigliano. L’obiettivo è quello di conservare la tradizione locale con un disciplinare di produzione e il comune di Racconigi offre pulcini di razza Bianca di Saluzzo e Bionda Piemontese. Fra i territori di produzione, anche Monasterolo di Savigliano che vanta una PAT di cappone senza razza indicata. A San Damiano d’Asti, per l’allevamento dei capponi si utilizza invece la razza autoctona Bionda. Il Consorzio tutelerà, attraverso un rigoroso disciplinare, la produzione del Cappone San Damiano. Anche a Vesime la tipicità del cappone è consolidata assieme alla Fiera del cappone che, come a San Damiano, si tiene l’11 e 12 di dicembre. Tra le particolarità del cappone di Vesime abbiamo il taglio della cresta e dei bargigli al momento della capponatura. Per il cappone di Vesime viene perlopiù utilizzata la razza Livornese o la razza autoctona Bianca di Saluzzo.

I capponi di Friuli e Marche

Il cappone rustico (nostrale) delle Marche è allevato a terra con ventilazione a ricambio d’aria naturale, con una densità massima a fine ciclo di 12 capi per metro quadrato, viene alimentato con almeno il 65% di cereali di cui non più del 15% di sottoprodotti. Tra le peculiarità del cappone Friulano PAT invece c’è quella che una volta macellato il cappone va venduto con la testa, le zampe, le punte delle ali e le piume della coda ancora attaccate. Il metodo di allevamento è un ciclo lungo, dura 6 mesi e in capannoni con libero accesso ai cortili all’aperto e viene macellato nel periodo di dicembre.

Le nostre ricette con il cappone

Ricerche frequenti:

Tacchino, cappone, faraona: tre ricette per le carni ripiene di Natale

Tacchino, cappone, faraona: tre ricette per le carni ripiene di Natale

Il cappone al forno, la faraona con mele, arancia e pancetta e la tacchinella con salsicce e castagne: tre idee per i secondi delle feste

Capponi, faraone e tacchinelle non sono certo carni avicole che si cucinano tutti i giorni, ma a Natale invece non possono mancare. E questo perché, se gli italiani a tavola amano la tradizione (secondo una ricerca Doxa/Unaitalia 8 su 10 preferiscono le ricette della nonna a piatti dai sapori esotici, sofisticati o veg), questo vale ancora di più durante le feste natalizie.

«Si tratta di ingredienti centrali di tante preparazioni che le famiglie di tutta Italia portano in tavola per le feste da generazioni – ha commentato Aldo Muraro, Presidente Unaitalia (Unione Nazionale Filiere Agroalimentari Carni e Uova) – Dal cappone lesso ligure ai cappelletti dell’Emilia Romagna, fino ad arrivare alla tacchinella di pasta ‘busiata’ siciliana, queste carni restano protagoniste del menù dei giorni di festa, senza distinzioni geografiche»

Ecco allora tre ricette per portare in tavola queste carni, tutte con un gustoso ripieno.

Cappone ripieno al forno

La ricetta è di Vatinee Suvimol di www.athaipianist.ifood.it, richiede un tempo preparazione di 20 minuti e due ore e mezza di cottura.

Ingredienti per 4 persone

1 Cappone da 1 kg disossato e aperto (pronto per essere ricucito)
1 mazzetto di erbe aromatiche (salvia, rosmarino e alloro)
Per il ripieno:
200 g di carne di vitello tritato
3 cucchiai di pane grattugiato
1 cucchiaio di amaretti
1 cucchiai di uvetta
olio d’oliva extravergine
sale
pepe nero
spezie miste

Procedimento

Acquistate dal macellaio un cappone già pulito e disossato. Inserite quindi nella pancia il ripieno preparato mescolando insieme tutti gli ingredienti. Richiudete il cappone con spago da cucina, quindi posizionatelo in una teglia e versate dell’olio, sale, spezie e erbe aromatiche. Infornate in forno caldo a 210 gradi per 2 ore e mezza avendo cura di verificare la cottura (la superficie deve essere dorata, girate la teglia se necessario). Servite a piacere con il sughetto che si sarà formato e con verdure di vostro gradimento.

Faraona alle mele e arancia farcita con pancetta

Per preparare questa ricetta di Monica Giustina di www.onecakeinamillion.ifood.it ci vogliono 20 minuti e due ore di cottura.

Ingredienti per 4 persone

1 faraona da 1,5 kg pulita
1 mazzetto aromatico (salvia, rosmarino e alloro)
6 fette pancetta fresca da 6-8 mm
2 arance
150 ml vino bianco
4 mele Red Love (ma vanno bene anche Renette o Granny Smith)
olio d’oliva extravergine
sale
pepe nero macinato al momento

Procedimento

Fatevi pulire dal macellaio la faraona, comprese testa e zampe. Fiammeggiate il volatile in modo da rimuovere tutte le eventuali piumette rimaste, quindi inserite nella pancia due fette di pancetta salate e pepate, poi il mazzetto aromatico ben chiuso con uno spago da cucina, e un’altra fetta di pancetta, quindi legate le estremità rimaste delle zampette con altro spago in modo da chiudere un po’ l’apertura della pancia.
Mettete tre cucchiai d’olio sul fondo di una pentola alta, poggiatevi la faraona e spremetevi sopra il succo delle arance, salate e pepate abbondantemente, fate un giro d’olio e infornate in forno caldo a 210 gradi.
Quando è bella dorata (20 minuti circa) giratela sottosopra e fate cuocere altri 20-30 minuti in modo che diventi croccante anche dall’altra parte.
Togliete la pentola dal forno e versate il vino bianco, chiudete con un coperchio e infornate per 40 minuti circa.
Abbassate il forno a 180 gradi e tritate a dadini piccoli la pancetta; pelate le mele, togliete il torsolo e tagliatele a dadoni di 2,5/3 cm, quindi prelevate la faraona dal forno, togliete il coperchio, rovesciatela e disponetevi sopra la pancetta tritata, ed ai lati le mele, quindi infornate.
Quando la pancetta in superficie è ben rosolata (dopo 15-20 minuti controllate che le mele siano cotte ma non si sfaldino), togliete dal forno, rimuovete il ripieno, tagliate a pezzi e servite con il sugo, mele e pancetta, ed eventualmente patate lessate o saltate in padella.

Tacchinella ripiena con salsiccia e castagne

Una ricetta di Alessandra Corona di www.lacucinadiziaale.ifood.it.

Ingredienti per 8 persone

1 tacchinella da 2,7 Kg già pulita ed eviscerata
3 salsicce
1 scalogno
100 g di castagne
50 g di burro
4 rametti di timo
4 rametti di rosmarino
sale
pepe

Per la bagna:
50 g di burro
100 ml di brodo vegetale o di carne
100 ml di vino bianco

Per la salsa:
2 cucchiai di farina

Per i contorni:
8 patate medie
5 scalogni
4 fette di arancia
olio extravergine di oliva
sale
pepe

Procedimento

Mettete in una ciotola il burro a pezzi e fatelo ammorbidire (potete aiutarvi passandolo per qualche secondo al microonde). Unite metà del timo e del rosmarino tritati, una bella presa di sale e una macinata di pepe. Mescolate bene per incorporare le erbe. Sollevate leggermente la pelle della tacchinella, facendo molta attenzione a non strapparla. Passate le dita delicatamente tra la carne e la pelle. Prendete un po’ di burro e iniziate a spalmarlo sulla carne, sotto la pelle, massaggiando e cercando di arrivare anche nei punti più lontani. Vi consiglio di fare questa operazione il giorno prima e di conservare poi la tacchinella ben coperta con carta stagnola in frigorifero. Preparate il ripieno unendo in una ciotola la polpa delle salsicce, lo scalogno tritato, un pizzico di sale, pepe e il timo e il rosmarino rimasti. Mescolate bene. Riprendete la tacchinella e riempite la cavità con la farcia. Legate le cosce con uno spago da cucina. Mettete la tacchinella in una teglia da forno con un filo d’olio.

Per la bagna:
Unite in una casseruola il burro, il vino e il brodo e portate a ebollizione. Spennellate abbondantemente la tacchinella con la bagna, copritela con un foglio di alluminio, quindi mettete nel forno già caldo per 45 minuti a 160 gradi. Trascorso questo tempo, bagnate nuovamente e abbondantemente la tacchinella. Ricoprite e proseguite la cottura per altri 45 minuti. Trascorso questo tempo riunite il fondo di cottura della carne in una casseruola e mettetelo da parte.

Per i contorni:
Lavate e sbucciate le patate e tagliatele in 4 parti. Sbucciate gli scalogni e tagliateli a metà. Unite tutto in una ciotola, aggiungete le fette di arancia e condite con olio, sale e pepe. Mescolate, quindi aggiungete le patate e gli scalogni in teglia (una volta trascorsa la prima ora e mezza di cottura).

A questo punto bagnate nuovamente la tacchinella e proseguite la cottura per l’ultima ora, tenendola scoperta, stavolta.

Per la salsa:
Riprendete il fondo di cottura della tacchinella che avevate tenuto da parte, mettetelo sul fuoco e aggiungete la farina. Mescolate bene con una frusta, per evitare di formare grumi. Portate a bollore e cuocete per un paio di minuti. Se dovesse addensarsi troppo, aggiungete altro brodo. Dovrete ottenere una salsa che veli il dorso di un cucchiaio (ma se vi piace potete tenerla più o meno densa).

Servite la tacchinella calda, accompagnata dalla salsa.

 

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