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Capitán Pastene: dove si mangiano tortellini e borlenghi in Cile

Capitán Pastene: dove si mangiano tortellini e borlenghi in Cile

La storia di Capitán Pastene inizia nei primi del ‘900.
Nel febbraio del 1904, ventitré famiglie contadine provenienti da Pavullo nel Frignano — località dell’Appennino modenese — si imbarcarono sulla nave Oruba dalle coste francesi con destinazione il Cile. Questi migranti avevano speso tutti i risparmi per un contratto con l’impresario Giorgio Ricci, loro concittadino e proprietario di una colonia nel sud del Cile, che avrebbe dovuto concedere a essi diversi ettari di terra, bestiame, attrezzi e abitazioni. Tuttavia, quando arrivarono nella tanto sognata “Nueva Italia”, si resero conto che la terra promessa era in realtà un luogo sperduto tra fitti boschi inospitali e terra incoltivabile, già conteso dai Mapuche, il popolo indigeno del posto, e da nuclei di famiglie cilene.

In questa situazione, i migranti italiani ribattezzarono il luogo come Monte Calvario, che in seguito sarebbe diventato Capitán Pastene in onore del primo navigatore italiano giunto sulle coste cilene. Nonostante le difficoltà iniziali, le famiglie italiane iniziarono a lavorare sodo, disboscare le terre, costruire dighe e mulini, collegare la ferrovia alla città e fondare una scuola. Oggi, la località è un paese di duemila abitanti dove l’agricoltura ha perso la sua importanza, sostituita dal turismo e dal commercio, in cui i piatti tipici della cucina modenese sono consumati ed esportati in tutto il Cile e dove le comunità modenesi, cilene e mapuche sono perfettamente integrate, anche attraverso il cibo.

Tortellini, crescentine e tagliatelle al ragù

È sufficiente scorrere velocemente il menù di L’Emiliano (uno dei ristoranti di Capitán Pastene) per rendersi conto del fatto che le radici modenesi non sono mai state dimenticate, anche a distanza centovent’anni. Non c’è traccia di sugo bolognese, al suo posto le vere tagliatelle al ragù, in compagnia di tortellini in brodo e crescentine con pesto di lardo al rosmarino o prosciutto e mascarpone (questa a onor del vero una deviazione dalla tradizione, molto apprezzabile). Fanno la loro comparsa addirittura le rosette di prosciutto cotto, introvabili fuori dai confini modenesi e di cui abbiamo parlato anche recentemente.
«Per promuovere le nostre radici culinarie continuiamo a preparare in modo completamente artigianale le nostre paste e i prodotti a base di carne di maiale come il prosciutto, la coppa, il culatello e altri» ci racconta Patricio Fulgeri, giovane titolare del ristorante. «Inoltre, per ogni anniversario del paese facciamo la Sagra Aniversario de Capitán Pastene, che è una delle più grandi celebrazioni della regione. E non mancano le sfogline che, proprio come succede in Emilia, lavorano nei ristoranti del paese e veicolano le tradizioni di una volta». Sempre Patricio ci spiega che i borlenghi, cibo di strada povero delle montagne modenesi, sono molto conosciuti, ma più diffusi nelle case che nei ristoranti.

Cuore di pasta: l’Italia raccontata in Cile

Cuore di pasta: l'Italia raccontata in Cile

Come si ritrova in Cile un giovane cuoco di origine milanese? Semplice, per amore. È stato seguendo la moglie Paola, ricercatrice di matematica pura, che è arrivato in questa fetta di Sud America lunga e stretta (oltre 4000 chilometri da nord a sud), nel 2014, lui, classe 1985, una formazione da cuoco autodidatta, in un Paese totalmente digiuno di sapori italiani.

Nicolò Giacometti con il figlio Filippo mentre prepara i garganelli a mano

«Parmigiano e mozzarella erano un miraggio: li facevo spedire dall’Italia, il mascarpone lo producevo da me». Nicolò Giacometti ha archiviato subito l’idea di lavorare in qualche ristorante e ha scelto invece di divulgare il meglio della nostra tradizione  regionale. È nata così la sua impresa gastronomica La buona forchetta, corsi di cucina, chef a domicilio, banqueting e catering a spasso per tutto il Paese.

Garganelli con ragù di prosciutto

«Avevo voglia di raccontare l’Italia oltre la pizza e le lasagne: insegno a preparare i mondeghili lombardi e i culurgiones sardi, i tortelli di zucca e la pasta alla gricia, la mia preferita. La prima volta che i cileni la assaggiano rimangono perplessi. «E il sugo dov’è?», mi chiedono. Però poi apprezzano il guanciale e il pecorino e molti non mettono più il formaggio cheddar sulla pizza. Mascarpone e parmigiano si trovano in quasi tutti i supermercati», confida con orgoglio.

Capesante gratinate

In Cile, racconta, dopo un duro lockdown, ora è estate, i locali sono in gran parte aperti e si gustano ricci e mitili, grande orgoglio locale, esportati in tutto il mondo insieme a mirtilli, kiwi e ciliegie. «Il livello e il numero dei ristoranti che fanno cucina italiana si è notevolmente alzato e sono comparse buone pizzerie. Il sogno? Tornare a viaggiare. E un ristorante tutto mio».

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