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La tavola delle Feste di JJ Martin: eleganti consigli (video)

La Cucina Italiana

Com’è una tavola divertente?
«Le cose sono cambiate molto negli ultimi 10 anni per ciò che riguarda la preparazione della tavola: la gente ha imparato a divertirsi. Una volta usavi i piatti del tuo matrimonio ogni 3 mesi o mai. La mia tavola vuol essere un incoraggiamento a giocare con le cose che avete nella madia; ad elevare il ruolo della mise en place».

La parte che preferisce nella preparazione della sua tavola?
«Adoro decorare la tavola con piccoli vasi in vetro colorato di Murano realizzati da Salviati per la mia linea casa. Mi diverte riempirli di fiori e comporre un centrotavola informale. Questo porta tanta luce e colore alla tavola senza stampe e senza sopraffare il resto. Se volete dare più importanza e solennità, aggiungete un vaso imponente al centro, poi toglietelo, come una quinta teatrale, quando i commensali sono seduti. Io lo propongo per una tavola natalizi, ad esempio».

Tendenze?
«Le coppe di champagne accostate ai tumbler colorati. Le prime le ho scelte vintage, intagliate e trasparenti, per bilanciare le prime. I tovaglioli sono grandi e bianchi, per alleggerite una tavola molto importante. E ricamati con le mie iniziali. Nei mercatini ho trovato anche piccole saliere. Ho usato piccoli piatti di vetro trasparente con bordo oro per il pane, su una tovaglia molto decorata. I piatti grandi sono della collezione 2023/24 in palette verde, giallo e bianco con un tocco di allegria senza fare troppo Natale. Io non sono una grande fan dei servizi natalizi tradizionali. Così ho scelto calici intagliati colorati, preziosi ma non solenni, e le coppe da champagne, ma vintage. Infine tovaglioli bianchi, ricamati con le mie iniziali, per smorzare tutte queste fantasie».

Che vino usare per il vin brulé? I nostri “caldi” consigli

La Cucina Italiana

Il freddo si fa più pungente, è ora di riscaldarsi con qualcosa di caldo, come il vin brulé. Prepararlo è semplice, ma che vino usare per il vin brulé? Usanza diffusa in tutta l’Europa continentale, viene preparato con vino, spezie ed erbe aromatiche che seguono prevalentemente le ricette tradizionali del luogo in cui ci si trova ad assaporarlo. Se qualcuno però volesse prepararselo in maniera autonoma quali prescrizioni deve seguire la per la selezione dell’ingrediente più importante? Insomma, quale vino è più adatto?

Che vino usare per il vin brulé? C’è una sola regola

Il risultato finale, per quello che concerne la qualità complessiva del prodotto, dipende necessariamente dal vino che scegliete. Ma quindi qual è il vino migliore per il vin brulé? Lasciate pure sullo scaffale le proposte più economiche di vini da tavola in brick, optate invece per etichette del vostro territorio di origine o tipiche del luogo in cui vi trovate al momento. Tenete a mente che il vin brulé deve profumare, sedurre chi degusta e invitare al sorso con il suo vapore: privilegiate vini morbidi, ricchi di aromi e di struttura, possibilmente con un buon residuo zuccherino se preferite un gusto più abboccato. La regola, forse l’avete già capito, è molto semplice: per avere un buon risultato, dovete partire da una buona materia prima! Quindi, non risparmiate sul prodotto che si mostrerà decisivo nel vostro vin brulé.

I vini consigliati

Se siete in centro Italia, o in Romagna, il vino migliore per il vin brulé è il Sangiovese, da preferire per il suo carattere deciso, mentre l’Emilia terra del Lambrusco saprà donarvi profumi molto suadenti: da preferire sono le varietà Grasparossa, Salamino e Maestri per la loro carica di colore. In Veneto, invece, si cambia colore e la tradizione vede l’impiego prevalente di vini bianchi come gli internazionali Sauvignon Blanc e Chardonnay (sul fronte rossi, volendo, si può anche usare il Cabernet Sauvignon). Queste varietà non mancano in Alto Adige, ma le popolazioni locali apprezzano maggiormente il Pinot Nero e la Schiava che, presso chi parla la lingua tedesca, è nota con il nome di Vernatsch. Nelle Langhe, chi è particolarmente esigente, non esita a utilizzare il Barolo come base per il proprio vin brulé: se avete a disposizione un altro budget, potete sempre affidarvi a un ottimo Nebbiolo o a una rubescente Barbera.

Vino, cosa metto in cantina? 9 scelte di Cristina Mercuri

Vino, cosa metto in cantina? 9 scelte di Cristina Mercuri

Parliamo di vino e della prima donna italiana che sarà Master of Wine. Ha lasciato la carriera di avvocato per dedicarsi alla sua più grande passione: il vino. E da “secchiona”, come lei stessa si definisce, Cristina Mercuri ha puntato al titolo più ambizioso del mondo, quello di Master of Wine, e a breve sarà la prima donna italiana a potersene fregiare. Fondatrice di Wine Club, accademia innovativa nella didattica del vino, tiene corsi e masterclass nei più importanti eventi a tema, come il Vinitaly e la Milano Wine Week.

Modi di dire: darla a bere

Diciamoci la verità: la maggior parte di noi, pur non capendoci un tubo di vino, non resiste alla tentazione di fare il furbo e di imbonire i commensali con competenze di cui ha appena sentito parlare. Ma anche il raggiro e la truffa hanno le proprie regole: per cui, se vogliamo fare finta di essere degli esperti internazionali di vino anche se l’unica osservazione corretta che siamo in grado di fare è distinguere il rosso dal bianco, dobbiamo seguire determinati criteri. Non più parole, quindi, ma gesti: gesti semplici, misurati ed esperti, così da poter buggerare anche i più diffidenti. Se la vostra cerchia di amici, quindi, ha fatto l’errore di credervi esperto (maschile, perché i maschi sono molto più propensi a millantare), arriverà il momento in cui, a cena fuori, il sommelier arriverà con la bottiglia e chiederà: chi assaggia? «Lui» lascerete che tutti dicano con fiducia indicando voi. Questo è il primo scoglio da superare. Quando si assaggia il vino al ristorante si fa una cosa sola: si annusa. Non si guarda, non si porta alla bocca, non si fanno gargarismi come se il sommelier fosse lì per estrarci un molare. Semplicemente, si prende il bicchiere per la base e lo si porta al naso, senza agitare e roteare il vino come se fosse una muleta davanti a un toro: quello che stiamo facendo è valutare se il tappo ha fatto dei danni, e in questo caso l’odore che ci arriverà è netto, non c’è bisogno di un sommelier, il tanfo di muffa è uno di quelli che l’evoluzione ci ha addestrato a distinguere meglio. Roteando potremmo aiutare il vino a sprigionare gli aromi volatili più grati, che magari ci confonderebbero. Il vino potrebbe avere altri difetti, non dovuti al tappo, ma questo lo sentirete solo dopo, alla degustazione, quando ormai quella bottiglia l’avete accettata; e quindi vi tocca pagarla, sennò sì che passate per cafoni, hai voglia a saper annusare.

Marco Malvaldi

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