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Carnevale di Venezia: 7 ricette allegre e squisite

Carnevale di Venezia: 7 ricette allegre e squisite

Creme fritte – I Rombi del Doge

Il rombo, o losanga, è una figura araldica molto usata e ha finito per dare il nome alla crema fritta cucinata dai veneziani e ritagliata in questa forma geometrica, così squisita da diventare una leccornia degna di un principe, o appunto di un doge, la figura di maggior spicco della Serenissima. Tutti i bàcari veneziani, le tipiche osterie, servivano questi squisiti e profumati «rombi del doge», croccanti fuori e morbidi dentro, dal giorno di Sant’Antonio fino a martedì grasso, secondo la tradizione, possibilmente accompagnati da un bel bicchiere di passito.

La fritola – Un affare di Stato

Nate nel Trecento e proclamate nel Settecento «dolce nazionale della Serenissima», le fritole venivano preparate in esclusiva dai membri della rinomata corporazione dei fritoleri che si tramandavano la ricetta di padre in figlio, e vendute anche agli angoli delle strade, infilate ancora bollenti in uno spiedino di legno per non ungersi le dita e zuccherate abbondantemente con un apposito contenitore bucherellato. L’arte dei friggitori locali era tanto apprezzata che Goldoni, nella sua celebre commedia Il campiello, mette tra i protagonisti la fritolera Orsola, figura che pittori come Pietro Longhi hanno immortalato sulle loro tele, irrinunciabili protagoniste del Carnevale.

Maschere – In Bianco e Nero

Indossando la Bauta, il più celebre travestimento veneziano, il volto restava celato sotto una maschera bianca, la Larva, che copriva tre quarti del volto e alterava anche la voce, rendendo irriconoscibile chi la indossava, tanto che l’Inquisizione ebbe da ridire sull’uso indiscriminato che molti aristocratici ne facevano anche al di fuori del periodo carnevalesco per combinarne di cotte e di crude. La Moretta, detta anche «serva muta», era invece scura e di forma ovale; riservata alle donne, per portarla bisognava «mordere» un bottone posto al suo interno all’altezza della bocca, così che chi la indossava non poteva parlare. La preferivano popolane e borghesi.

Pasticcio alla napoletana – Un Piatto da Seduttore

Giacomo Casanova fu un protagonista del Carnevale veneziano. Raffinato buongustaio, nelle sue memorie cita tra i piatti preferiti il pasticcio di maccheroni «preparato da un bravo cuoco napoletano», perfetto per i giorni di festa e di allegria. A quei tempi il pomodoro non era ancora entrato come ingrediente comune nelle cucine e la pasta («maccherone» era nome comune di diversi formati, corti e lunghi) veniva condita anche con zucchero e miele. La nostra ricetta è ripresa da un repertorio napoletano della seconda metà del Settecento, Il cuoco galante di Vincenzo Corrado.

Il testo storico è stato scritto dall’esperta Marina Migliavacca.

Tartufo bianco d’Alba: storia e curiosità

La Cucina Italiana

È il turno del tartufo bianco d’Alba. Non c’è Paese al mondo con tanta ricchezza e varietà di prodotti, naturali come li regala il territorio o lavorati da mani esperte in modi semplici, che sono antichi e insieme i più contemporanei. Prosegue il viaggio alla scoperta delle nostre bontà, da quelle più conosciute a quelle meno note lontane dalla zona di produzione. Con il tartufo bianco di Alba la nostra cultura del cibo e del vino rimane imbattuta sul podio mondiale del gusto.

Tartufo bianco di Alba

Tartufo bianco, inglesi e francesi hanno fatto alleanza. Tempo sprecato: ventitré anni di ricerche sotto il cappello dell’istituto pubblico parigino Inrae per scoprire come coltivarlo e individuare i terreni calcarei e umidi più adatti nei due Paesi. Niente da fare, non esistono tecniche di coltivazione. Il Tuber magnatum Pico è solo italiano, più specificatamente del Piemonte, tra le Langhe, il Monferrato e l’Astigiano (senza sottovalutare quelli dell’Appennino tosco-emiliano e delle Marche intorno ad Acqualagna). Insomma, è un fungo ipogeo («Mozart dei funghi», secondo il musicista Rossini) che si trova solo in Italia, ai piedi di piante che danno nutrimenti e sali minerali. I circa 70mila cercatori – si chiamano cavatori o trifolari – custodiscono il segreto dei luoghi dove trovare i più profumati (oltre 120 le molecole volatili) e grandi. È una pratica fondata su esperienza, indizi naturali ed eventi intangibili, come le fasi lunari; perché, come diceva Cesare Pavese, nato non lontano da Alba, «alla luna bisogna credere». Essenziale è il fiuto di un buon cane. Il costo esorbitante dipende dall’annata (3mila euro al chilo il record raggiunto nel 2019) e dalla maggiore dimensione. Nel 1951 al presidente americano Harry Truman fu regalato il più grande mai trovato ad Alba: pesava 2,250 kg.

Carta d’identità del tartufo bianco d’Alba

TERRITORIO – È un fungo che cresce spontaneo sotto terra in aree caratterizzate da un equilibrio ecologico estremamente delicato. Nel 1933 il Times di Londra incoronò quello di Alba come il re dei tartufi.

STAGIONE – In base al disciplinare può essere raccolto e venduto dal 21 settembre al 31 gennaio, tenendo conto che ogni anno, secondo il clima, i tempi della maturazione possono cambiare. La raccolta avviene con l’ausilio di cani addestrati.

CONSERVAZIONE – Resiste per 5-6 giorni avvolto in carta assorbente, chiuso in un barattolo in frigo. Avendo struttura spugnosa rischia di assorbire umidità e di marcire. Si pulisce con uno spazzolino sotto l’acqua; si asciuga e si lascia riposare.

USO – Mai cuocerlo. Va affettato a lamelle sottilissime direttamente sulle pietanze, il cui calore aiuta a sprigionarne l’aroma.

Ricetta Gnocchi al radicchio, la ricetta

Ricetta Gnocchi al radicchio, la ricetta

Giovedì, gnocchi! Ma se li facessimo diversi ogni giovedì? Un’idea per portarli in tavola è il radicchio, quando questo ortaggio è di stagione, dall’autunno all’inverno.

Nella nostra ricetta degli gnocchi al radicchio abbiamo utilizzato in particolare il radicchio rosso di Treviso Igp tardivo, sia nell’impasto che nel condimento. Una volta mondato e tagliato a pezzi, abbiamo appassito il radicchio in padella con il burro, quindi lo abbiamo frullato e unito a patate lesse schiacciate, tuorli e farina per ottenere l’impasto degli gnocchi.

Dall’impasto abbiamo ricavato e poi cotto gli gnocchi che abbiamo condito, infine, con una salsa al formaggio e del radicchio crudo.

Da provare anche: Gnocchi e castagne, Gnocchi di barbabietola, Gnocchi di spinaci e Gnocchi di zucca.

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