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Cena della Teranga: a tavola a Palermo per fare del bene

La Cucina Italiana

Dal seme dell’odio può nascere un’incredibile storia di solidarietà. Come nel caso della Cena della Teranga, che si terrà il 30 agosto ai Giardini del Massimo, ristorante all’interno del teatro lirico di Palermo. 

Una quattro mani per celebrare l’integrazione e la solidarietà, con le primizie del territorio a fare da connettore culturale. Protagonisti lo chef Gianvito Gaglio e Mareme Cissé, collega senegalese del ristorante Ginger di Agrigento – gestito dalla cooperativa sociale Al Kharub – che nei giorni scorsi è stata protagonista di un episodio di razzismo.

Il ricavato della Cena della Teranga, con offerta libera a partire da 80 euro, sarà interamente devoluto alla Missione Speranza e Carità di Palermo, dedicata alla memoria di Biagio Conte. 

Un viaggio attorno al Mediterraneo

Ai 60 fortunati commensali, gli chef propongono un percorso che parte dal cocktail di benvenuto, il Bissap Mediterraneo (bevanda tipica del Senegal), per proseguire con le entrée a base di Tartellettes di fichi, caprino erborinato di girgentana e miele della Valle dei Templi proposto da chef Cissé e Arancina di Mafè di chef Gaglio. L’antipasto è Alalunga, tenerumi, arachidi e zenzero del resident dei Giardini del Massimo, mentre i primi sono il Mariste, un couscous con gambero rosso di Mazara del Vallo marinato e lime su crema di kiwi e rucola, elaborato da Mareme Cissé e lo Gnocco di Thieboudienne di Gianvito Gaglio. Chiudono il menù due piatti della chef senegalese: Filetto di sgombro marinato e cotto in sottovuoto con verdure al vapore e cipolla Paglina di Castrofilippo caramellata e lo Sherbet di pera e Nero d’Avola. A sottolineare ulteriormente il legame con il territorio e le sue primizie, l’impiego di ingredienti provenienti da presidi Slow Food.

Arricchirsi con le altre culture

“Ogni persona che lascia il proprio Paese – dice la chef Mareme Cissé – che sia la Sicilia, il Senegal o qualsiasi altro, porta con sé la propria cultura, saperi e storie che finiscono inevitabilmente per arricchire la nazione ospitante. È sempre stato così. Far parte di una comunità significa per me questo: condivisione, scambio e rispetto reciproco, per costruire insieme progetti e idee nuove e di valore. In sintesi, per creare bellezza”.

da Noto a Palermo, 20 nuove aperture da non perdere | La Cucina Italiana

da Noto a Palermo, 20 nuove aperture da non perdere
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Il 2023 sembra davvero essere l’anno della consacrazione della Sicilia come destinazione. Dopo l’incredibile Effetto White Lotus (espressione coniata da “The New York Times”), generato dalla ormai nota serie tv americana, un’altra importante conferma arriva dall’ultimo Rapporto sul turismo enogastronomico italiano – curato da Roberta Garibaldi, professore di Tourism Management presso l’Università degli Studi di Bergamo – secondo cui la Sicilia si attesta, con il 46% di preferenze, come la migliore meta italiana dal punto di vista enogastronomico, seguita a ruota dall’Emilia-Romagna (44%) e dalla Campania (40%).

Per chi è in procinto di visitare la Sicilia, segnaliamo la nuova app delle Soste di Ulisse, l’associazione nata nel 2002 per iniziativa di un gruppo di chef lungimiranti e che oggi conta 47 realtà (ristoranti gourmet e tradizionali, pasticcerie storiche, hotel di charme, cantine e istituzioni private) tutte accomunate dal desiderio di valorizzazione lo straordinario patrimonio enogastronomico, paesaggistico, artistico e culturale del Continente Sicilia. In buona sostanza si tratta di uno strumento pensato per facilitare la creazione di veri e propri itinerari di viaggio, da parte degli utenti, attraverso la suddivisione della regione in tre grandi macro aeree, ovvero gli antichi “Valli”: Val di Noto nella Sicilia sud-orientale, Val di Mazara nel versante occidentale e Val Demone che comprende la provincia di Messina e l’Etna.

La nostra selezione delle mete più interessanti da Noto a Palermo

Rosticceria a Palermo, i 10 migliori indirizzi

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«Mal che vada, ci mangiamo un pezzo di rosticceria». È una frase che con molta probabilità vi capiterà di ascoltare in Sicilia durante un tour alla scoperta delle bellezze di Palermo in compagnia di un amico nativo del posto. I pezzi in questione sono pizzette, calzoni, ravazzate, rollò e altri mitici prodotti da forno figli della gastronomia locale, vero oggetto di culto e adorazione da parte di intere generazioni di palermitani Doc.

Una questione identitaria

«A Palermo, la rosticceria ha incarnato da sempre il concetto di comfort food, prima ancora che esistesse una definizione del genere per indicare l’universo di sensazioni, affetti e appetiti che una pietanza fosse in grado di generare», afferma Gaetano Lombardo, autore del libro Crocchè, il cibo di strada di Palermo nel mondo. « È una questione identitaria: ogni palermitano ha almeno un ricordo felice legato ai “pezzi” della sua vita: dalle colazioni ipercaloriche, rigorosamente salate, prima della scuola o a ricreazione, fino allo spuntino nel cuore della notte con le comitive adolescenziali. Ma anche la pausa pranzo veloce, lo sfizio fuori dai pasti o la cena “al volo” consumata di fretta per strada. Insomma, la garanzia di avere in ogni momento della giornata un’alternativa valida, golosa ed economica. E il bello è che c’è solo l’imbarazzo della scelta, perché in fondo cedere alla tentazione del pezzo di rosticceria non è mai veramente un’alternativa, bensì una scelta convinta, un atto d’amore e di gola, da rinnovare giorno dopo giorno, per sempre».

L’ingrediente principe: la brioche

Una vera storia d’amore dunque quella che lega i palermitani agli iconici pezzi di rosticceria. Comune denominatore è senza dubbio la “brioche”, un pane soffice e profumato ottenuto mescolando farina, strutto e lievito, capace di sposarsi alla perfezione con gli ingredienti del condimento ed esaltare ogni singolo sapore. A rendere unica la pasta brioche è lo zucchero: «L’impasto della rosticceria palermitana», prosegue Gaetano Lombardo, «è sempre vagamente dolciastro e incontrando il pomodoro, i formaggi e i salumi genera un’esperienza di gusto sempre diversa. Questo è il motivo per cui anche la pizzetta, il più semplice dei pezzi, è tutt’altro che una piccola pizza, ma una pietanza originale con una personalità forte e inconfondibile. A partire dai classici della tradizione, il calzone con prosciutto e mozzarella, il rollò con il wurstel, la ravazzata o la rizzuola con il ragù, il crostino con la besciamella, negli ultimi anni anche la rosticceria palermitana, nata povera come tutti i cibi da strada, è stata al centro di un processo di rivisitazione grazie all’uso di condimenti prelibati e di un rinnovato gusto estetico nella composizione, sdoganando abbinamenti inediti e forme creative. Intramontabili poi i fritti, con sua maestà l’arancina in testa alla classifica e alcuni must come lo spitino, che unisce ragù e besciamella in una composizione a strati interamente impanata e cotta nell’olio bollente».

Le 10 migliori rosticcerie palermitane

La Romanella – Via Giacomo Leopardi 12 

Ricerche frequenti:

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