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Calzone al forno: come farlo a casa buono come in pizzeria

Calzone al forno: come farlo a casa buono come in pizzeria

Una base di pasta per pizza farcita e ripiegata su se stessa: è il calzone al forno, l’alternativa alla pizza più amata di sempre, grande classico dei menù di tutte le pizzerie tradizionali.

Prima scelta di chi ama i ripieni, il calzone al forno è comodo e versatile perché si presa a tante farciture diverse: basta un po’ di fantasia.

Calzone al forno: le origini

Il calzone al forno ha una lunga storia che risale almeno alla metà del 1800. In Italia e nel mondo sono tante le preparazioni simili delle quali si è trovata traccia già secoli prima, ma del calzone così come lo conosciamo noi si ha una preziosa testimonianza nell’opera risalente alla metà del XIX secolo dal titolo “Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti” di Francesco de Bourcard. Nell’opera si legge:

«Le pizze più ordinarie, dette coll’aglio e l’oglio, han per condimento l’olio, e sopra vi si sparge, oltre il sale, l’origano e spicchi d’aglio trinciati minutamente. Altre sono coperte di formaggio grattugiato e condite collo strutto, e allora vi si pone disopra qualche foglia di basilico. Alle prime spesso si aggiunge del pesce minuto; alle seconde delle sottili fette di mozzarella. Talora si fa uso di prosciutto affettato, di pomidoro, di arselle ec. Talora ripiegando la pasta su se stessa se ne forma quel che chiamasi calzone».

Ricetta del calzone classico con pomodoro e mozzarella

Ingredienti

Per la base

330 g di acqua
20 g di olio extravergine di oliva
10 g di zucchero
10 g di lievito di birra fresco
600 g di farina 0 (oppure 200 di manitoba e 400 di 0)
10 g di sale

Per il ripieno

100 g di passata di pomodoro
1 mozzarella
basilico fresco
olio extravergine di oliva qb
sale qb

Procedimento

Per prima cosa sciogliete il lievito nell’acqua e poi mescolatelo con la farina, l’olio e lo zucchero. Solo alla fine aggiungete il sale.

Lavorate tutto per bene con le mani all’interno di un grande recipiente oppure con una planetaria finché tutti gli ingredienti saranno ben amalgamati.
Formate una palla liscia e uniforme e lasciatela riposare in un recipiente leggermente unto, coperta con la pellicola.
Lasciate tutto nel forno spento fino al raddoppio.

Una volta raddoppiato, dividete l’impasto in due parti e stendete con le mani fino ad ottenere due dischi.
Mettete al centro la passata condita con sale e poco olio, la mozzarella tagliata a pezzi o sfilacciata e le foglie di basilico.
Chiudete il calzone sigillando le estremità e cuocete in forno statico alla massima temperatura per 20 minuti, mettendo il calzone 10 minuti nella griglia più bassa del forno e 10 minuti al centro.

Calzone al forno: 3 idee per farcirlo

Calzone salsiccia e friarielli

Ricerche frequenti:

Panzerotti pugliesi per Pasquetta | La Cucina Italiana

La Cucina Italiana

L’origine risale al XVI secolo con l’arrivo del pomodoro in Italia, pare a Bari. Quel che è certo è che secondo la tradizione le massaie usavano preparare i panzerotti con gli avanzi della pasta del pane mettendo all’interno pomodoro e formaggio, proponendoli per una cena semplice e povera, ma certamente golosa.

Oggi il panzerotto è diventato un must della cucina pugliese e viene preparato in innumerevoli varianti. Ognuno ha la propria ricetta o un particolare trucchetto, come ad esempio l’aggiunta di olio, latte, patata schiacciata; ma i veri segreti sono la qualità degli ingredienti e un’ottima lievitazione.

Questa ricetta appartiene a Francesca, pugliese doc che da tanti anni ormai frigge a Milano per famiglia e amici, il suo record è stato preparare 200 panzerotti fritti in una sera! La ricetta appartiene a sua suocera che aveva la consuetudine di prepararli e portarli alla scampagnata di Pasquetta insieme al calzone di cipolle e alla pasta al forno (per stare leggeri!).

Panzerotti, la ricetta 

Ingredienti

Per l’impasto 

500 g farina 
150 g acqua 
100 g latte 
25 g lievito di birra 
20 g burro ammorbidito 
1 cucchiaino di sale

Per il ripieno

50 g olio di oliva 
200 g di pomodorini o pelati 
1 mozzarella o 1 cucchiaio di ricotta forte 
pecorino romano grattugiato 
sale e pepe q.b. 
olio di semi di girasole per friggere

Procedimento

Impastare gli ingredienti e formare una palla, inciderla e lasciarla riposare per un’ora a temperatura ambiente. 

Nel frattempo riempire una ciotola con pomodorini o pelati schiacciati e ben sgocciolati passarli in padella con olio, sale e pepe (aggiungendo la ricotta salata) affinché il tutto si insaporisca e prenda una consistenza morbida. Lasciate raffreddare un pochino. 

Dividere l’impasto in tante palline e stendere dei dischi sottili della dimensione desiderata, ma sufficiente affinché si possano riempire e richiudere. Far riposare ancora per qualche minuto, quindi adagiarvi il ripieno e il pecorino, infine chiudere formando una mezzaluna. E’ importante prestare molta attenzione alla chiusura per evitare che si aprano durante la cottura. 

Se al posto della ricotta si utilizza la mozzarella, scolarla molto bene e tagliarla a cubetti aggiungendola al pomodoro e al pecorino grattugiato direttamente sul disco di pasta. Finire con una foglia di basilico fresco, se piace.

Scaldare bene abbondante olio in una padella ampia e friggere pochi panzerotti per volta: appena prenderanno colore da un lato, è bene girarli per cuocere l’altro. Quando saranno ben dorati scolare e attendere qualche minuto prima di mangiarli.

Esistono innumerevoli varianti per il ripieno, noi proponiamo ad esempio cime di rape ripassate in padella con olio e fiordilatte oppure una farcitura più saporita con caciocavallo di media stagionatura e capocollo.

Panzerotti pugliesi per Pasquetta
Panzerotti al forno con crema di fave, pecorino e salame

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I panzerotti di Luini: la vera storia

I panzerotti di Luini: la vera storia

A Milano tutti ne hanno mangiato almeno uno perché da più di 90 anni i panzerotti di Luini sono oramai uno dei piatti tipici della città. Sono stati il primo street food milanese, li hanno mangiati tutti, dai paninari a Lady Gaga, eppure non sono gourmet. E non vogliono diventarlo

Per i milanesi il panzerotto è uno solo: quello di Luini. Chi è nato negli anni Ottanta ci andava quando si bigiava con la scuola; prima ancora ci andavano nonni e genitori. In una città decisamente poco affollata di proposte gastronomiche, il panzerotto di Luini era un must. Oggi la fila davanti alle insegne è composta di turisti con le guide turistiche in mano e davanti le influencer si scattano le foto. La storia di Luini è un pezzo di Milano lungo 90 anni di storia, che oggi è diventato un libro – edito dalla Bocconi – che racconta un esempio di intuizioni di marketing, di evoluzione dei riti cittadini e di come da Luini, mentre tutto attorno cambia, non vogliono invece cambiare nulla.

Bisceglie-Milano solo andata

Luigi Luini nasce nel 1931 a Corte Palasio, paesino del lodigiano. Il papà Agostino è fornaio mentre nonno Carlo, emigrato da Bisceglie nel 1898, e la famiglia materna gestiscono una piccola trattoria di cucina pugliese. Ha quindici anni quando arriva a Milano, in pieno fermento da ricostruzione postbellica. La strada è segnata, «farò il panettiere», e da quel momento la sua sarà una vita tutta spesa “a laurà” – a lavorare –, come dicono a Milano. Ma l’inventiva, la testardaggine e la dedizione con cui perseguirà sempre i suoi obiettivi lo porteranno ben oltre. La storia di Luini è infatti quella di un panzerotto, ma anche quella di un successo imprenditoriale milanese e italiano, che parla pugliese, e che dalla fine degli anni Quaranta ha saputo evolversi tanto da diventare una case history universitario (e guadagnarsi un Ambrogino d’Oro nel 1988).

Come il panzerotto è diventato un tipico piatto milanese

«A centonovanta passi dalla Madonnina, l’offerta commerciale sin dagli esordi si focalizza sui prodotti tipici pugliesi, elemento che da sempre ha costituito il principale fattore di spiccata differenziazione rispetto alla concorrenza», scrive nella prefazione il professore Sandro Castaldo, ordinario di Economia e gestione delle imprese presso il Dipartimento di Marketing dell’Università Bocconi. «Volevamo differenziarci dalla concorrenza, offrire qualcosa che gli altri prestinai non avevano», racconta Luini fra le pagine del libro: all’epoca i prestinee a Milano erano uno o due ogni 500 metri. Grazie a Luini il panzerotto è stato trasformato così in un cibo conosciuto in tutta la città. «Trovate un milanese che non abbia mai mangiato un panzerotto! Il panzerotto si è così radicato nelle abitudini alimentari dei milanesi da essere percepito come un prodotto locale. Invece ci è arrivato grazie a nonno Carlo». Ed effettivamente è proprio vero: chi viene a Milano vuole mangiare l’ossobuco, il risotto, la cotoletta e il panzerotto. Sembra non avere senso, ma se sei un vero Milanese imbruttito di Milano-Milano, sai il motivo.

La vita di tutti i giorni non può essere gourmet, non per tutti per lo meno. Dunque, come assicurare la qualità senza cadere nel ricatto gourmet?

Il primo street food milanese

Anche l’idea stessa di street food che oggi ci sembra naturale, è stata una grande innovazione per Milano. «Il mio è da sempre cibo verticale, consumato in piedi, in strada. Quando ho iniziato, i milanesi stavano chiusi in casa a cucinare per ore i piatti della tradizione». Luini ha precorso di quasi un secolo il trend del cibo di strada, venduto in un punto vendita di minuscole dimensioni e da mangiare in piedi, in pausa pranzo. Peccato che all’epoca i panettieri dovevano chiudere alle 13 e riaprire alle 16. «Pensai quindi a una soluzione: prendere la licenza di somministrazione e diventare una tavola fredda, anche se significava stravolgere, almeno sulla carta, l’attività iniziale». Dopo 90 anni Luini può raccontare come «in via Radegonda, a centonovanta passi dalla Madunina, ho visto Lady Gaga mangiare un mio panzerotto. Ma ho visto anche coppie di fidanzati litigare con ancora l’amore negli occhi, cortei studenteschi imbrattare vetrine, quelli operai urlare “RAI e Televisione puttane del padrone!”, Philippe Daverio sistemarsi il papillon, clochard tendere le mani ai passanti. [..] Me li ricordo, i paninari. Ma anche gli yuppies, i punk, i bocconiani: tutti facevano la fila a gruppi per non confondersi con gli altri». Da Luini ci sono passati tutti, tutti, negli anni Ottanta i giovani che si ritrovavano in centro, oggi turisti, troupe televisive e i soliti affezionati di sempre.

Non cedere al ricatto del panzerotto gourmet

Siamo onesti, oggi Luini non è più quell’indirizzo immancabile per i gourmet, perché in città ha aperto di tutto, la scelta è diventata estremamente vasta e la qualità media è cresciuta a dismisura. Luini non è un panzerotto gourmet, ma mentre lo scrivo noto la contraddizione in termini. Luini è un panzerotto, punto (basta guardare il sito web di Luini). «La vita di tutti i giorni non può essere gourmet, non per tutti per lo meno. Dunque, come assicurare la qualità senza cadere nel ricatto gourmet?». Cito il libro, che pone una domanda esistenziale alla Milano di oggi. Potevano mettersi a citare fornitori di farine, IGP, DOP, vantare giorni di calendario di lievitazione naturale, farine senza glutine e altro. Ma avrebbero fatto la fine di tutte le finte trattorie che cucinano finta tradizione per finti clienti popolari. «Arrivare alla terza generazione di panettieri, conquistare i milanesi con i panzerotti quando ancora erano sconosciuti, puntare tutto sulla continuità e la coerenza a se stessi, per poi cedere a una moda venuta da Oltreoceano? Neanche sotto tortura. Ma soprattutto, perché piegarmi ai capricci del momento per stare al passo con i tempi, avendoli già anticipati di un quarto di secolo?».
Mi è tornata voglia di un panzerotto di Luini. Non perché sia il migliore, il più fighetto, il più perfetto, ma perché è di certo il più milanese e autentico che ci sia.

Il libro.

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