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L’insalata di pollo in 10 ricette, per piatti sempre nuovi

L'insalata di pollo in 10 ricette, per piatti sempre nuovi

Quando il caldo, come in questi giorni, si fa davvero insopportabile, l’insalata di pollo diventa un’ottima soluzione per tanti pranzi e tante cene. Fresca, si prepara velocemente e si presta a tante varianti di gusto che sorprendono e con pochi semplici tocchi danno la possibilità di portare in tavola piatti sempre nuovi.

Come scegliere il pollo

La carne di pollo è una delle più consumate. Leggera, veloce da preparare e piuttosto economica si presta a tante ricette. Sapreste però riconoscere la carne di pollo di qualità? Ecco 3 dritte per non sbagliare.

  1. Controllate che la pelle non appaia troppo asciutta o ispessita.
  2. Il colore non è così importante perché può variare a seconda della razza e dell’alimentazione del pollo.
  3. La carne di pollo deve essere morbida, rosata, lucida e umida. Se non la acquistate al banco macelleria, ma la scegliete già confezionata, prestate attenzione particolare alle confezioni: se si tratta di prodotti surgelati scartate quelle coperte dalla brina mentre in caso di prodotti freschi evitate le confezioni rigonfie.

L’insalata di pollo più famosa: la Caesar salad

L’insalata Caesar o Caesar salad, nonostante il nome anglosassone, ha origini un po’ italiane e un po’ messicane: la inventò, infatti, un cuoco nato in Italia, Cesare Cardini, originario del lago Maggiore. Emigrò giovanissimo negli Stati Uniti e poi in Messico, dove avviò un ristorante di successo, proprio sul confine fra Stati Uniti e Messico. Era così popolare che spesso il cuoco rimaneva a corto di provviste. Un giorno, assemblò la sua insalata mista con gli ingredienti rimasti nella credenza e con quelli che riuscì a procurarsi: lattuga, parmigiano, limone, crostini, olio, uova e salsa Worcestershire. Nacque così la Caesar salad.

Volete provare a prepararla? Ecco qui la nostra ricetta.

Insalata di pollo: 10 ricette insolite, per tutti i gusti

Se però avete voglia di qualcosa di davvero insolito, ecco 10 ricette che prevedono i più svariati abbinamenti. Insieme al pollo, infatti, ci sono le pesche – che danno un tocco di dolcezza -, la pancetta croccante, per chi ama i sapori decisi, ma anche le salse, come la salsa yogurt o la maionese di fave, che rendono il piatto ancora più cremoso.

Torino a tavola: la guida fra piatti storici e cultura contemporanea

La Cucina Italiana

Dal primo ristorante d’Italia alle piole

Nel libro si parte dalla gastronomia dai tempi dei Romani, lungo la via che scendeva verso la Liguria per scambiare grano e vino con sale, olio e acciughe, di quella del cuoco medioevale Francesco Chapusot che prevedeva una cottura della pasta di minimo mezz’ora, condita poi con burro e formaggio grattugiato, del vermouth e del peperone di Carmagnola. Nei primi capitoli – realizzati anche grazie all’archivio de La Cucina Italiana – si scava nelle opere storiche, dove non mancano le curiosità, come il fatto che nella Torino di Carlo Alberto esistesse già la pentola a pressione (le pentole autoclavi con coperchio a vite) e si parlasse di importare funghi allevati, ma anche di quali fossero i migliori macellai torinesi. In epoca moderna, più che i ricettari dei cuochi di nobili e signori, sono i ristoranti ad aver testimoniato l’evoluzione e la crescita anche sociale ed economica delle città. A Torino c’è il primo ristorante d’Italia, Del Cambio, che dal 5 ottobre 1757 si rinnova ciclicamente rimanendo sempre fedele a se stesso, ma c’erano anche le osterie popolari e le piole. Tra le più antiche, in città c’è quel Caffè Vini Emilio Ranzini che è in via Porta Palatina sin dagli anni Sessanta, ma anche il ben più “anziano” ristorante trattoria Ponte Barra che si trova in corso Casale 308, e vecchie fotografie testimoniano la sua esistenza già nel 1902. Nel volume si ripercorre la storia dei grandi ristorati del passato, la maggior parte oramai chiusi, dei loro menù che fondevano cucina francese e piemontese.

L’arrivo di prodotti e gastronomie dal Sud

Tra il 1958 e il 1963 più di 1.300.000 meridionali abbandonarono le proprie case per trasferirsi nel Centro e nel Nord Italia; tra essi sono più di 800.000 coloro che si dirigono verso le grandi città del triangolo industriale, prima tra tutte Torino. In poco meno di un decennio arrivarono dal Sud in città centinaia di migliaia di persone, lasciarono i campi per lavorare in fabbrica, e portarono in città le proprie abitudini alimentari. Negli archivi del Museo di Torino si ricorda anche una filastrocca, molto diffusa tra i bambini della Puglia: “Torino, Torino, che bella città, si mangia, si beve e bene si sta!”. Non nacquero subito però nuovi ristoranti come accade oggi, l’uscire a mangiare era un lusso, ma questa cultura rimase chiusa nelle case. A porta Palazzo però i banchi cominciarono a fiorire di ingredienti mai visti, come cime di rapa, peperoncini, soppressate e caciotte. Piuttosto che ai ristoranti, il libro guarda quindi alle gastronomie, che oltre a mettere in mostra l’eccellenza della cucina locale, portano in città anche tipicità regionali. Nascono prima panifici come il Tarallificio Il Covo e il Panificio Pugliese e poi le gastronomie regionali negli anni Novanta, precedute dalle pasticcerie, soprattutto siciliane e napoletane, che dagli anni Sessanta e Settanta fanno conoscere a tutti i torinesi la tradizione pasticcera del Sud Italia: Pisapia a San Salvario, Pasticceria Primavera in Vanchiglia, Auriemma in Barriera di Milano. I primi ad aprire ristoranti furono, come a Milano, i toscani. La prima trattoria fu Il Gatto Nero, ancora in attività dal 1952, e dove ancora si servono l’Insalata di mare (ricetta del 1960), prosciutto toscano al colletto e fiorentine, e poi Balbo, da trattoria piemontese convertita a toscana negli anni in cui la cucina di Firenze e dintorni era di moda. Nel libro si parla della Trattoria Valenza, rilevata nel 1978 dal suo patron Valter Braga, arrivato da Rovigo nel 1957 insieme al primo flusso migratorio in città avvenuto dal Veneto in seguito alla tragedia del Polesine. Targata 1969, la Trattoria San Domenico, sarda, insieme a Da Benito (1966), sono sono invece due esempi di chi per primo portò il pesce in città.

La farinata in bicicletta e la pizza al padellino

Prima della Seconda guerra mondiale a Torino non esistevano molte pizzerie, racconta sempre il libro, si conoscevano solo la farinata e il castagnaccio di tradizione toscana, ma decisamente non la pizza napoletana. Questo perché i primi pizzaioli a emigrare nella città furono proprio quelli toscani e liguri, che portarono con loro usanze e tradizioni, come appunto quella della farinata, che fino agli anni Cinquanta veniva portata in giro sul manubrio dagli ambulanti della bicicletta nella teglia tenuta calda con la carbonella. Anche se il boom è scoppiato a partire dagli anni Cinquanta, il tegamino (o padellino), la vera pizza di Torino, è comparsa in città sin dagli anni Trenta, nei forni specializzati in farinate. Tra i locali storici si citano la Pizzeria da Alba di corso Racconigi, Cecchi di via Nicola Fabrizi e di via Madama Cristina, Da Gino in via Monginevro (aperta nel 1935), Da Michi in via San Donato (aperta nel 1971), Poldo in via Dante di Nanni (aperta nel 1939), Il Cavaliere di corso Vercelli (aperta dal 1958) e ancora Cit ma Bon di corso Casale (ai piedi della collina dagli anni Settanta), Da Michele in piazza Vittorio (aperto nel 1922 con farinata e castagnaccio e, dagli anni Trenta, anche con l’offerta della pizza al tegamino).

Torino oggi, dal kebab (gourmet) alla cucina Nikkei

A Torino il kebab è arrivato a metà anni Novanta grazie agli egiziani, Sindbad Kebab ha infatti aperto nel 1993. Il primo turco, anzi curdo, ad aprire i battenti in città è stato invece Kirkuk Kaffè, 1995, ma a Torino esiste dal 2000 un ristorante unico del suo genere: il primo kebab “gourmet” del Paese. Lo ha aperto Ergülü Demir, arrivato dalla Turchia a Torino e con la voglia di far conoscere la sua cucina ai torinesi. Lo ha fatto puntando sulla qualità, e ancora oggi prepara i döner (i grandi spiedi verticali) con la carne italiana di vitello ogni giorno, per farcire panini a fianco di piatti tipici della cucina turca realizzata con ingredienti freschi piemontesi – ora in due indirizzi. Nel libro si ripercorre poi la storia della cucina cinese, di quella indiana e giapponese in città. Sino al sushi, che dà titolo al libro. Il primo locale, aperto da imprenditori cinesi, risale al 1995, mentre nel 1997 aprì invece Wasabi, primo ristorante giapponese in città il cui titolare fosse davvero nipponico. Ma per concludere questo viaggio, bisogna citare un ristorante pluripremiato che ben rappresenta la realtà attuale della ristorazione torinese, Azotea. Fa alta cucina Nikkei, quindi un mix di tradizione peruviana e giapponese, nata dalle emigrazioni nipponiche del XIX secolo, oggi diffusa soprattutto in Sud America. La prepara lo chef Alexander Robles – nativo di Cuzco e con la nonna giapponese – ed è un indirizzo diventato di culto, al pari di quello dei grandi chef stellati in città. Per un racconto originale e non stereotipato di quello che sono le influenze, e di quella che è Torino, oggi.

Ricette vegetali: idee per piatti unici con le verdure

La Cucina Italiana

Che l’orto celasse tesori preziosi, lo sapevamo già, ma è attraverso le ricette vegetali che potremo esplorarne appieno le potenzialità. Con qualche concessione. Nella nostra raccolta di ricette infatti troverete spesso il formaggio e le uova, capaci di trasformare le verdure in un vero e proprio piatto unico in stile mediterraneo. Spazio anche alle spezie, che ci consentono di ridurre le dosi di sale e di sperimentare sapori intriganti. Provando queste ricette vegetali, poi, scoprirete l’importanza delle consistenze. Per rendere davvero speciale un piatto, infatti, possiamo solleticare il palato con qualche sorpresa: ingredienti morbidi e croccanti che si incontrano nella stessa pietanza, così come i crudi e i cotti, l’agro e il dolce. Siete pronti per scoprire quanto sono buone le verdure?

Arricchire con le verdure

Per trasformare un antipasto in una ricetta vegetale da proporre come piatto unico, la parola d’ordine è arricchire. Nella nostra gallery troverete una buonissima farinata di ceci, avocado, ravanelli e misticanza che è l’esempio perfetto di questo concetto. Allo stesso modo potrete preparare una buonissima focaccia con le verdure, una bruschettona, hummus, asparagi e zucchine o le linguine alla «carbonara vignarola».

Abbinare le verdure

Relegare le verdure alla funzione di contorno in un pasto è un errore che facciamo molto spesso. La concezione che le verdure siano nel nostro piatto per accompagnare la carne, il pesce, il formaggio o le uova va però superata con un po’ di pratica. Basta quindi a quei due ciuffi di insalata verde che sembrano finiti per caso sulla tavola e via alla sperimentazione. Per partire e scoprire piatti vegetali interessanti, vi proponiamo un esercizio semplicissimo: abbinare le verdure. In questo modo aumenterete la porzione di vegetali nel piatto e scoprirete combinazioni di gusti davvero interessanti. Nella nostra gallery, ecco qualche ricetta da cui partire: gran misto di verdure in pinzimonio e in pastella, carciofi e patate ripieni.

Ricette vegetali esagerate

Spesso abbiamo l’impressione che le ricette vegetali siano punitive. Questa cattiva reputazione, però, è data dalle nostre cattive abitudini. Comporre un piatto con due carotine al vapore e tre patate lesse è una consuetudine da perdere a favore di una lampante e divertente esagerazione. Con le verdure more is more. Iniziamo a comporre piatti ricchi, vari e colorati capaci di trasformare ogni boccone in un’esperienza fantastica. Nella gallery potete sperimentare con: padellata di verdure speziate e uova, crostata con verdure e salsa olandese e un buonissimo minestrone gratinato.

Le nostre ricette 

ricette vegetali

20 ricette vegetali che non sono contorni

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