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La pizza brevettata e i Mask.Calzoni al vapore dello chef Max Alajmo

La pizza brevettata e i Mask.Calzoni al vapore dello chef Max Alajmo

Tre stelle Michelin e due brevetti per la pizza a tre stelle Michelin degli Alajmo. Leggera, sofficissima e poi ripassata in forno con un procedimento unico. Che oggi si assaggia a Venezia e nel campus innovativo di H-Farm

Pizza è la parola italiana più conosciuta al mondo, nonché il cibo più amato in cinque continenti. E checché ne pensino gli italiani, anche una dei piatti più creativi. Base di impasto e topping: la pizza in fondo è questa cosa qui, che la si faccia tonda o rettangolare, con o senza pomodoro, al forno o fritta. Max Alajmo la fa al vapore e l’ha persino brevettata.

Il brevetto della pizza

Da anni gli chef si interrogano sulla necessità e sul modo per proteggere le proprie creazioni, sia dal punto di vista delle dosi della ricetta che nell’aspetto estetico. Max Alajmo ci è riuscito prima registrando il brand legato al proprio nome come marchio e poi brevettando il procedimento frutto di anni e anni di lavoro per creare la pizza al vapore e il Mask.Calzone, registrati ufficialmente nel 2017. «Per la pizza al vapore siamo partiti dalla pizza napoletana, l’abbiamo concettualizzata e poi alajmazzata, attenti a una caratteristica sopra tutto: la leggerezza di ogni passaggio», spiega lo chef tristellato. «È una preparazione che abbiamo brevettato in ogni fase, dalla precottura alla prima cottura nel forno a vapore, fino al servizio al piatto. La percezione del gusto deve essere la conseguenza di tutto il lavoro che abbiamo sviluppato per rendere eleganti assaggi normalmente pesanti». Le pizze sono quindi piccole, pizzette, proposte sia in versione soffice che croccante.
Le ricette non si possono proteggere con il copyright, ma il processo di creazione invece sì, se è ben diverso e innovativo rispetto a quelli precedenti. Il caso ha fatto scuola sulle riviste di cucina, ma nel campo della pizza non è il solo brevetto e se ne ritrovano altri per rapida cottura e per la surgelazione della pizza napoletana. C’è pure un quindicenne trevigiano che nel 2021 di macchine per impastare la pizza ne ha brevettate addirittura due!

La pizza leggerezza a Venezia e da H-FARM

Dalle grandi creazioni come il Cappuccino di seppia o altri piatti iconici com il Risotto zafferano e liquirizia, lo chef ha reinventato anche la pizza: al vapore e «resa più leggera, salutare e gustosa grazie a una spolverata d’amore, uno sbuffo di vapore e una goccia di spirito veneziano». La pizza firmata Alajmo è veneta, come venete sono le pizze gourmet di Simone Padona e Renato Bosco che hanno rivoluzionato negli ultimi 10 anni il settore. Ma la pizza degli Alajmo è più precisamente di Venezia dove è stata aperta la prima pizzeria del gruppo, AMO; con design di Philippe Stark. AMO si trova ai piedi del Ponte di Rialto di Venezia, nell’atrio di uno spazio di rara bellezza, il rinnovato T Fondaco dei Tedeschi, e alla cucina degli Alajmo affianca le pizze e i cocktail firmati Lucas Kelm. Dopo una parentesi milanese, la pizza di Alajmo la si trova anche nel progetto J-FARM, la nuova joint venture tra H-FARM e i fratelli Alajmo per la gestione dell’offerta food di H-FARM Campus, il più importante polo dell’innovazione in Europa, a Roncade (TV), alle porte di Venezia. Da AMOR insieme ad hamburger, hot dog, insalate e preparazioni per la colazione in un locale molto spazioso per accogliere gli studenti e i lavoratori della farm, e anche da AL4, la nuova pizzeria immersa nella campagna di Ca’ Tron, a pochi minuti di distanza dove viene servita in tre tipologie: al mattone, in pala e in padellino. «Dopo la ricerca sulla pizza veneziana al vapore, studiata per AMOR, abbiamo deciso di dedicare attenzione e cura alla pizza “classica” con l’obiettivo di ripercorrere i nostri principi in ogni dettaglio», spiega Max. «Con la nostra squadra, che comprende Mattia, il pizzaiolo di AL4, stiamo giocando con farine, lievitazioni e farciture differenti alla ricerca del gusto e della leggerezza».

I Mask.Calzoni e I Mask.Calzoncini

Lo si chiama Calzone, a Napoli, panzerotto in Puglia, Mask.calzone e Mask.calzini per Massimiliano Alajmo, lo chef tre stelle Michelin che guida l’impero di famiglia. «Il Mask.Calzone nasce dall’idea di ottenere un calzone-pizza rispettato nelle varie fasi di fermentazione, maturazione, lievitazione, cottura e farcitura. A differenza del calzone classico però si ritrova un velo di pasta estremamente croccante e friabile all’esterno che ricopre una mollica alveolata e soffice pronta ad accogliere un ripieno aggiunto in una seconda fase di cottura (al forno) evitando così umidità superflua e cotture compromesse. Il risultato favorisce un’alta digeribilità oltre a una percezione puntuale dei singoli ingredienti». Mask.calzino è una piccola tasca soffice di lievitato in cui come in un cono viene inserita la farcitura: Genovese con ragù genovese, besciamella alla ricotta, cicoria selvatica e cipolla fritta; Hummus con crema di ceci e barbabietola, verdure di stagione e harissa; in una tasca rosa shocking e infine Salmone con impasto al curry ripieno di salmone irlandese affumicato, avocado, insalata romana e mela verde. 4€ nella nuova pizzeria appena inaugurata nel campus di H-Farm. Mask.calzone croccante invece è prima cotto al vapore e poi in forno (non viene né impanato né fritto) e arriva caldo con farciture tradizionali come la prosciutto e funghi saltati, bersciamella e spinacino, Napul’è con pomodoro, mozzarella, pesto, oppure alla golosa Amatriciana con impasto integrale, sugo all’amatriciana, cipolla caramellata, besciamella e scamorza affumicata.

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Marche: un tesoro nascosto da scoprire

Marche: un tesoro nascosto da scoprire

«Vede, le nostre Marche sono belle come la Toscana, ma non sono di moda», dice Giovanni Meschini, ex manager di Poltrona Frau, ora dedito alla Fattoria Colmone della Marca, sulle colline argillose di San Severino Marche. «Eppure, chi ci scopre immancabilmente si innamora. Il motivo è semplice: non si sente estraneo. Anche se non possediamo il Colosseo o altri monumenti famosi, condividiamo la nostra normalità, che però è di altissima qualità. Restiamo artigiani nel produrre il vino come nell’accogliere gli ospiti. Quello che abbiamo è fatto per far star bene noi stessi, dai ristoranti alle cantine, ai piccoli hotel. Perciò i turisti si sentono a casa». Che poi gli va di lusso. Per esempio, tra vigneti che sembrano crescere su un campo da golf, la famiglia Meschini ha recentemente aperto uno spazio per le degustazioni: tra i vini, si assaggia un’edizione limitata di Terreni di Sanseverino, la Doc più piccola d’Italia, con portate di stagione. A maggio si può prenotare anatra all’uva sultanina, una ricetta locale tardogotica che si abbina gustosamente con il rosso Ciacco, mentre la vista spazia sulla Torre di Pitino e su quello stesso infinito di monti che ispirò Giacomo Leopardi.

Dante Duri invece ha la cantina più piccola della doc Serrapetrona, a Colleluce, sempre nel comune di San Severino. Quel cognome e quello sguardo si sciolgono quando parla dei grappoli che raccoglie a mano, togliendo a uno a uno gli acini rovinati; un lavoraccio per poco vino, ma è orgoglioso del suo Durante, ottenuto da uve di vernaccia nera passita, come dei concerti-aperitivo che organizza in estate sulla sua terrazza: jazz, vino genuino, pecorino, ciauscolo e tramonto sul Monte San Vicino. Insomma, la terra chiama.

A Venarotta, a dieci chilometri da Ascoli, Olga Riccitelli ha iniziato a occuparsi per divertimento di un uliveto di famiglia, finché non ha cominciato a far assaggiare il suo extravergine agli amici: «Prova l’olio mio», diceva. Quando è diventata un’attività ha tenuto il nome: Olio Mio oggi comprende un monocultivar, un blend e il Primo, fatto con la prima spremitura non filtrata. «L’olio marchigiano è una scoperta recente, ha bisogno di ambasciatori», racconta Olga, che ne ha fatto una missione. Perciò partecipa ai concorsi: «I premi servono a far conoscere il prodotto e la terra». Terra che lei stessa perlustra con curiosità per valorizzare altre specialità, come l’anice verde di Castignano, la mela rosa dei monti Sibillini, le olive all’ascolana – le sue preferite sono quelle del Vecchio Mulino di Roccafluvione – e le tagliatelle fritte di Monterubbiano, polpette di tagliatelle, besciamella, ragù, parmigiano. «L’unica cosa che ci manca è l’accoglienza. Ma sto attrezzando due strutture», conclude Olga, ricordando che includerà percorsi dedicati all’olio e al tartufo nero pregiato, altro oro dei suoi terreni.

» Pasta tonno e limone

Misya.info

innanzitutto lavate molto bene il limone sotto acqua corrente, eliminando ogni impurità, quindi grattugiatene la buccia con una grattugia a fori larghi e infine spremetene il succo.

Mettete a cuocere la pasta e scolatela al dente.
Nel frattempo, fate dorare l’aglio in una padella antiaderente con un po’ di olio, quindi unite il tonno (ben sgocciolato dall’olio di conservazione) e sfumate con il limone, infine aggiungete rucola, pasta, peperoncino e buccia di limone e aggiustate di sale.

Tutto qua: la pasta tonno e limone è pronta, servitela subito.

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