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Il risotto preferito di Giuseppe Verdi secondo Davide Livermore

La Cucina Italiana

E se cucinare il risotto preferito di Giuseppe Verdi fosse il piatto perfetto per oggi?

Come ogni dicembre (o quasi), il 7 dicembre è la data della Prima alla Scala a Milano. Quest’anno, andrà in scena Giuseppe Verdi con il Don Carlo, che va a chiudere la “trilogia del potere” iniziata con Macbeth e proseguita lo scorso anno con Boris Godunov, come ha sottolineato il Maestro Riccardo Chailly.

Per l’occasione, resa ancora più lieta dalla proclamazione dell’Arte del Canto Lirico Italiano come Patrimonio dell’Umanità Unesco, abbiamo pensato di riproporvi la ricetta del risotto preferito del grande Giuseppe Verdi, che preparò nel 2018 nella nostra cucina di redazione Davide Livermore, l’allora regista dell’Attila che aprì la stagione 2018/19, oggi direttore del Teatro Nazionale di Genova.

Risotto quasi alla Giuseppe Verdi

Ingredienti

  • 500 g riso Carnaroli
  • 150 g funghi champignon mondati
  • 100 g oppure 1 fetta di Prosciutto di Parma Dop
  • 100 g pomodori pelati
  • 100 g panna fresca
  • 80 g Parmigiano Reggiano Dop
  • 80 g guanciale a dadini
  • 6 carciofi
  • 1 cipolla a fettine
  • brodo vegetale
  • vino bianco secco
  • prezzemolo
  • limone
  • menta
  • aglio
  • burro
  • olio extravergine d’oliva
  • sale
  • pepe

(ph Riccardo Lettieri, styling Beatrice Prada)

Procedimento

  1. Tritate finemente un bel ciuffo di prezzemolo e uno di menta.
  2. Sbucciate 1 spicchio di aglio e tagliatelo a dadini.
  3. Mondate i carciofi e immergeteli a mano a mano in una ciotola di acqua acidulata con succo di limone perché non si anneriscano.
  4. Sgocciolateli e asciugateli delicatamente.
  5. Aprite le corolle e farciteli con il guanciale, poco aglio, il trito di prezzemolo e menta, sale e pepe.
  6. Accomodate i carciofi a testa in giù in una casseruola con un paio di cucchiaio di olio.
  7. Portate sul fuoco e fate rosolare per alcuni minuti, poi sfumate con 1/2 bicchiere di vino, fate evaporare, bagnate con un paio di mestoli di brodo vegetale, riducete la fiamma, coprite e cuocete per 15 minuti circa.
  8. Prelevate 3 carciofi e affettateli finemente.
  9. Completate la cottura degli altri in 10 minuti. Infine divideteli a metà per il lungo e teneteli in caldo.
  10. Affettate gli champignon.
  11. Tagliate a striscioline il prosciutto crudo.
  12. Rosolate la cipolla in una casseruola velata d’olio, aggiungete dopo due minuti gli champignon, dopo altri 2 minuti i carciofi affettati e il prosciutto.
  13. Cuocete per un minuto, aggiungete i pomodori pelati e il riso, mescolate brevemente, sfumate con 1/2 bicchiere di vino bianco e lasciate evaporare.
  14. Portate il risotto a cottura bagnandolo via via con il brodo necessario.
  15. Toglietelo dal fuoco e mantecatelo con una generosa noce di burro e con la panna.
  16. Completate con il parmigiano grattugiato.
  17. Distribuite il risotto, unite i mezzi carciofi e servite.

Ricerche frequenti:

Pasta n’casciata, il piatto preferito di Montalbano

La Cucina Italiana

Una teglia ripiena di maccheroni al forno farciti con melanzane fritte, ragù e caciocavallo: è questa la classica pasta n’casciata, il piatto preferito del Commissario Montalbano, così goloso di questa ricetta, da riuscire a mangiarne anche quattro porzioni alla volta!

La pasta in Tv

Nell’episodio “La giostra degli scambi” Luca Zingaretti, nei panni del Commissario Montalbano, è ripreso proprio mentre insieme a Mimì Augello e all’ispettore Fazio si gusta una teglia di pasta n’casciata nella sua casa di Marinella, affacciata sul mare di Punta Secca, in provincia di Ragusa.

Un solo strato e melanzane fritte

Si tratta di una pasta al forno sui generis: intanto è fatta di un solo strato, poi viene cotta come una pasta normale, bollita in acqua e sale, e ripassata in forno alla fine, per ottenere una crosticina croccante. Ed è condita con le melanzane, rigorosamente fritte. Se il giorno prima, meglio ancora.

A Messina si fa con il ragù

Se nella provincia di Palermo esiste una versione della pasta n’casciata condita con un normalissimo sugo di pomodoro, in provincia di Messina è d’obbligo il ragù: carne trita rosolata con un soffritto di cipolla tritata e sfumata con un bicchiere di vino bianco. E poi il formaggio a legare il tutto. Ma vediamo come preparare questo piatto davvero indimenticabile.

La ricetta della pasta n’casciata alla messinese

Ingredienti

500 g pasta tipo maccheroni
400 g carne trita
1 cipolla
250 g formaggio caciocavallo
100 g Parmigiano Reggiano
2 melanzane
foglie di basilico
salsa di pomodoro
sale
olio extravergine di oliva

Procedimento

Per prima cosa lavate e affettate le melanzane a dadini. Ponetele in uno scolapasta, spolveratele con del sale grosso e lasciatele per un’ora a perdere l’acqua. Dopodiché sciacquatele sotto l’acqua e poi tamponatele con uno strofinaccio. 

Friggetele in una padella con abbondante olio extravergine di oliva, quindi scolatele e fatele riposare su un piatto ricoperto da carta assorbente, perché perdano l’olio in eccesso.

Intanto affettate la cipolla e fatela soffriggere qualche minuto in una padella con olio extravergine di oliva. Aggiungete poi la carne trita, sfumate con un bicchiere di vino e lasciate cuocere per circa dieci minuti. Unite poi qualche cucchiaio di salsa di pomodoro alla carne e continuate la cottura per un’ora circa. 

Il rosolio veneto preferito da Buckingham Palace

Il rosolio veneto preferito da Buckingham Palace

Dolce come il rosolio. Quante volte abbiamo sentito pronunciare questa espressione comparativa riferendosi a qualcosa di piacevolmente amabile? 

Eppure, più che allo sciroppo di zucchero di cui è naturalmente composto, il nome del rosolio e il suo profumo sono indissolubilmente legati alla presenza – al tempo stesso gentile e prepotente – della rosa bulgara, che con l’essenza dei suoi petali contraddistingue questo liquore. 

Un’altra tesi accreditata è che il nome derivi dal latino ros solis, rugiada del sole, a riprova che non è composto solo da rose, ma anche da scorzette di agrumi ed erbe aromatiche.

Etimologia a parte, il rosolio è un alcolico delicato, morbido e avvolgente, che evoca atmosfere del passato: gelosamente custodito nelle credenze delle nonne che lo centellinavano per gli ospiti, e fino agli anni Cinquanta protagonista dei banchetti nuziali. 

Tuttavia il rosolio sta tornando a essere apprezzato anche ai giorni nostri da chef stellati come da bartender e mixologist affermati.

Sulle mense blasonate e alla tavola reale

Un tempo il rosolio era richiestissimo in tutte le corti della Mitteleuropa: Vienna, Trieste, Budapest e Venezia. Ci sono testimonianze documentate che sia stato servito e descritto in un menù durante una cena a Buckingham Palace e in quell’occasione si trattava di un prodotto veneto: il rosolio della centenaria distilleria Carlotto & C. di Caldogno (Vicenza) che in effetti ha raggiunto le mense blasonate di tutto il mondo tanto da ricevere, nel 1991, il premio “Dino Villani” dell’Accademia Italiana della Cucina.

Il rosolio è un liquore che piace ed è diventato così celebre perché accompagna i momenti conviviali e le feste di gala conservando intatte le caratteristiche di un tempo. Colpisce per la sua raffinatezza, risultando gradito anche ai palati meno propensi a sorseggiare un liquore dolce. 
Al nord come al sud dell’Italia sono diverse le aziende che producono rosolio. La vicentina Carlotto & C., a conduzione familiare, lo prepara sulla base di un’antica ricetta tramandata dal bisnonno Onesto Potepan, di nascita ungherese e famoso liquorista a Vienna. Ed è esattamente quella che ha conquistato la sovrana del Regno Unito.

Come prepararlo in casa

Per chi volesse cimentarsi in proprio, gli ingredienti base sono alcol etilico, acqua e zucchero e per la versione classica l’aggiunta di petali di rosa. 

Ci sono tuttavia diversi modi di preparare il rosolio. Eccone uno: si dispongono i petali di rosa in un pentolino, coprendoli di zucchero, e poi si mette il recipiente al buio. Quando lo zucchero si sarà sciolto assorbito dai petali, a questo composto si versa l’alcol e si lascia macerare il tutto per una settimana, il tempo che l’alcol estragga l’essenza di rosa. Poi si scalda un pentolino con acqua che, appena tiepida, andrà versata nel barattolo agitando ed emulsionando bene tutti i componenti. A questo punto il rosolio è pronto per essere filtrato, imbottigliato e lasciato riposare per quindici giorni (meglio anche trenta) e infine essere consumato.

Come si beve

Per le abitudini odierne e il suo grado alcolico che va dai 20 ai 30 gradi, è consigliato come ammazzacaffè a fine pasto, possibilmente freddo, in piccole dosi (10 ml) e assolutamente senza ghiaccio.

Per i più golosi e per chi lo vuole degustare prima del caffè, è squisito servito in bicchierini di cioccolato fondente. 

All’analisi organolettica si presenta agli occhi di un delicato colore rosa tenue, al naso dominano i sentori di rosa e in bocca sprigiona tutto il suo dolce ed equilibrato aroma di petali.

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