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Gusto! La mostra che racconta le tavole degli italiani dal 1970 al 2050

La Cucina Italiana

Non solo cibo e chef dunque, come spiegano i curatori, Montanari e Lazzaroni: «Quando abbiamo progettato questa mostra, che inaugura la trilogia italiana di M9, non abbiamo pensato solo al cibo o agli chef. Abbiamo costruito una grande casa fatta di stanze che raccontano il gusto degli italiani attraverso il paesaggio agricolo, la biodiversità dei prodotti, la cucina di casa, i ristoranti e i mercati, le tavolate e il cibo di strada, il design e i flussi migratori, le sfide dell’ambiente e della salute, l’ingegneria spaziale e le nuove filiere, la progettualità delle scuole».

Cosa vedere

Il percorso espositivo, che può contare su oggetti fisici, installazioni, video, immagini (alcuni dei quali esposti in pubblico per la prima volta e forniti da una serie di fonti e partner d’eccezione) e attività esperienziali, si apre con uno spazio introduttivo che guida i visitatori a incontrare luoghi e persone che ancora oggi rappresentano iconicamente l’Italia, facendoci viaggiare dai tempi di Pellegrino Artusi fino alle soglie della contemporaneità. Grande importanza assume il «lessico del cibo»:  per aiutare il percorso del visitatore infatti si è accompagnati da una divertente segnaletica e un “glossario” di parole chiave legate all’universo del mangiare italiano, utili per orientarsi tra le sfumature di significato dei termini cardine della mostra.

Il cibo, in tre tempi

Il cuore della mostra si snoda, attraverso un viaggio simultaneo tra presente, passato e futuro,  in tre macro aree:

Pre-Anni 70 

Si delineano i caratteri originali della cultura gastronomica italiana così come si è sviluppata nei secoli: caratteri che ancora lasciano il segno nonostante le profonde trasformazioni in corso.

Le Stanze del gusto italiano

Qui convivono narrazioni e storie che declinano il gusto attraverso immagini, oggetti, giochi e storie emblematiche (Il gusto italiano; Il gusto della casa; Il gusto fuori casa; Il gusto dell’industria; Il gusto dell’incontro; Il gusto del viaggio; Il gusto di oggi; Il racconto del gusto).

La sezione “Futuro”

A conclusione del percorso espositivo, dove si riflette sulle tendenze in atto attraverso un duplice sguardo: da un lato quello rivolto verso le innovazioni tecnologiche, dall’altro quello che abbraccia la trasformazione delle abitudini alimentari. Ecco allora che si parla di coltivazioni sperimentali avveniristiche sulla terra e su pianeti lontani, del cibo degli astronauti, di cucine di domani e di prototipi delle scuole di design. 

Gli spaghetti che verranno

La mostra si conclude con una riflessione sugli “spaghetti del futuro”, un simbolo a sintesi di ciò che cambierà sulle nostre tavole. Volete sperimentare? Sono previsti workshop, eventi e incontri che coinvolgeranno il pubblico con il contributo di cuochi, scienziati e artisti.

Ricerche frequenti:

La “Stella Verde” Gianni Tarabini racconta la cucina valtellinese

La Cucina Italiana

Le meraviglie della Lombardia sono state protagoniste della Festa dell’Orgoglio Locale, un ricco calendario di appuntamenti presso lo store di Eataly in Piazza XXV Aprile a Milano, fra masterclass e cene d’autore, come quella con Gianni Tarabini.

Lo chef patron del ristorante La Preséf ha firmato il menù del 24 febbraio con una serie di piatti che onorano la cucina valtellinese e raccontano la sua filosofia culinaria. Al centro ci sono i valori di sostenibilità e chilometro (anzi, metro) zero, che gli hanno garantito il riconoscimento della Stella Verde Michelin nel novembre 2021. Il ristorante si trova infatti all’interno dall’azienda agricola La Fiorida di Mantello, che produce autonomamente tutti gli ingredienti che poi finiscono nel piatto, dai formaggi alla carne. E lo fa attraverso un impegno quotidiano nell’utilizzo di energie ecosostenibili e nella garanzia del benessere degli oltre 200 animali allevati. 

 La Fiorida

Durante la cena, ospitata nel ristorante Pianodue, lo chef ha portato la sua Valtellina nel capoluogo meneghino con piatti come il “Lingotto morbido al caprino con pellicola ai mirtilli selvatici e uova di salmerino” o l’originale “Burrata da latte di Pura Bruna leggermente affumicata con pellicola di pomodoro e gelè di basilico dell’orto”.

«Produciamo 27 tipi di formaggi e ci è venuta l’idea di fare anche la burrata» racconta Tarabini. «Ci sono voluti due anni per ottenere il risultato che volevamo: una burrata completamente diversa da quella pugliese, perché fatta con latte di Bruna Aplina, più grasso e ricco di proteine rispetto a quello di Bufala. Temperature e alimentazione diverse danno vita a due prodotti distinti e unici: in estate piacerà di più la burrata del sud, che è più acida e pulisce la bocca, mentre in inverno si apprezzerà la pastosità e la dolcezza della nostra burrata valtellinese».

Noemi racconta la sua metamorfosi su Vanity Fair

Noemi racconta la sua metamorfosi su Vanity Fair

«Ho tagliato i ponti col passato, non è stato facile». A una settimana da Sanremo, Noemi racconta la sua metamorfosi sulla nuova cover di Vanity Fair: «Ogni donna deve avere il diritto di diventare chi vuole»

«Ognuno dev’essere libero di diventare il sogno che ha di sé, senza paura, senza nessun timore». È una Noemi trasformata quella a cui Vanity Fair dedica la copertina del numero in edicola dal 24 febbraio. In esclusiva e a una settimana dall’esibizione a​l Festival di​ Sanremo, Veronica Scopelliti, vero nome dell’artista, parla per la prima volta della metamorfosi che l’ha portata a perdere molto peso, a scoprire una voce inedita e a far punto e a capo col proprio passato.

«Nell’altro corpo non mi sentivo più io. Così ho difeso il sogno che avevo di me. Ho imparato a non avere paura dell’onestà di chiedermi “Chi sono?”. E mi sono avvicinata a quello che credo di volere». Oltre ​l’intervista esclusiva, Noemi si ​è ​raccontata anche in un monologo scritto a quattro mani con Vanity Fair, un video in cui la cantante narra le pressioni, i dubbi, gli attacchi e i giudizi che sempre circondano il corpo delle donne.

«Dopo la cover con Vanessa Incontrada, questo numero di Vanity Fair dedica un altro capitolo al corpo delle donne», dichiara il direttore di Vanity Fair, Simone Marchetti. «È un tema che ci è caro, una questione che tocca tutti, uomini e donne, soprattutto un fatto tornato prepotentemente di cronaca a causa dei recenti insulti che un docente ha riversato contro Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia. Abbiamo scelto di mettere in copertina la storia della cantante Noemi perché è la storia di una donna, di un’artista e di una persona che ha scelto di inseguire il proprio sogno. E il problema non è mai lei o il suo sogno. Ma noi: come scegliamo di rispettarlo o giudicarlo, che parole usiamo per descriverlo».

Il dibattito continua all’interno del giornale con un reportage sulle battaglie per il riconoscimento del diritto all’aborto in Sud America (lo scorso 30 dicembre l’Argentina ha reso legale l’interruzione volontaria di gravidanza), l’intervista a Male Musk, top model a 70 anni e madre di ​Elon Musk, un dialogo con ​Kitty Spencer​, nipote di Lady D, sul diritto di sognare, il racconto di Rosalìa​,​ la popstar spagnola più famosa al mondo​, sulla priorità di «​rappresentare le donne forti» e un confronto con «la signora Faceboost» Michela Taccola​ sul​la sua passione per la medicina estetica​ che non è «una guerra contro il tempo», ​ma desiderio di dare prima di tutto a se stessa la migliore immagine possibile.

In occasione di questo numero​ importante, Vanity Fair arriva​ anche​ su Clubhouse, il nuovo social che mette da parte l’immagine e lascia spazio alla voce, per parlare del corpo come strumento di protesta e di affermazione di se stessi. Il primo appuntamento è in programma giovedì 25 febbraio insieme a Carlotta Vagnoli, attivista e divulgatrice, ed​ ​a ​Ella Bottom Rouge, burlesquer e attivista. Il secondo​,​ che si terrà venerdì 26 febbraio​,​ vedrà come protagonista Marina Pierri, scrittrice e critica televisiva, per una lezione sull’evoluzione del corpo femminile nelle serie tv.​

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