Tag: Radicchio

Gusto amaro: il gusto più italiano che ci sia

La Cucina Italiana

Il gusto amaro è il gusto che meglio identifica la cucina italiana. Non è l’acido, non è il salato, non è il dolce. Neanche l’umami: è l’amaro, ossia il gusto più divisivo che ci sia. Il gusto individuale riguardo all’amaro è infatti molto personale: c’è chi lo ama e chi lo odia, ma il gusto collettivo degli italiani dice che l’amaro è presente nella nostra cultura da nord a sud. La biodiversità della flora italiana e l’uso tradizionale di erbe spontanee in cucina, ha influenzato il nostro gusto nazionale. Cicoria, radicchio, rucola, carciofi, bergamotti, ma anche l’olio extravergine di oliva e il caffè sono ingredienti tipicamente amari e tipicamente italiani al tempo stesso. Gli amari, i liquori di erbe prodotti dai monaci lungo tutta la penisola, sono poi un concetto così made in Italy che vengono chiamati così anche Oltreoceano, senza tradurre la parola. Eppure se l’amaro ha oggi un valore positivo, non piace a tutti. 

Gusto amaro = pericoloso

Se il gusto dolce è associato a un alimento altamente energetico, e quindi ci piace in modo innato, il gusto amaro è quello che ci segnala piante velenose e cibi indigesti, e quindi ci è naturalmente repellente. I bambini sono disgustati dai sapori amari dalla nascita, non per condizionamenti culturali o esperienza diretta. E gli adulti? Non è solo questione di gusti. Fino a qualche hanno fa si credeva infatti, erroneamente, che i recettori del gusto fossero posizionati sulla lingua a “settori”, e che quindi ci fossero aree specifiche destinate a percepire un sapori diversi. Oggi sappiamo che non è così, che alcune aree sembrano essere più sensibili a certi gusti di altre, ma soprattutto che ogni persona ha una predisposizione personale verso i sapori. C’è chi ha il super gusto

Il super gusto e l’avversione all’amaro

Nel 1994 Linda Bartoshuk della Yale University ha pubblicato uno studio rivoluzionario sull’influenza della genetica sul senso del gusto dopo aver testato numerosi soggetti e la loro capacità di sentire il sapore amaro. Il 50% circa dei soggetti testati era risultato un soggetto con sensibilità media, mentre il 25% un non gustatore e il restante 25% un super gustatore (super-tasters), ossia molto sensibile. Davanti allo stesso sapore, un soggetto medio percepisce un lieve sapore amaro, il non gustatore non percepisce nulla mentre il super gustatore sente l’amaro fortissimo. E questo ovviamente influenza anche i gusti a tavola. Chi è un super gustatore tende a preferire così cibi neutri ed evita sapori troppo dolci, troppo amari e speziati, mentre un non gustatore mangia più o meno tutto, anche se con poca soddisfazione. Se qualcuno quindi sembra avere reazioni esagerate a un boccone di cicoria, o proprio non ne vuole sapere della trevisana, probabilmente dal suo punto di vista sono effettivamente cibi orribili. Donne e bambini sembrano essere maggiormente super gustatori. 

L’amaro nella cucina degli chef

La cucina italiana è una cucina ricca di amarezze, grazie alla grande varietà di erbe spontanee che un tempo erano alla base dell’alimentazione e di ingredienti che sono da secoli oramai coltivati nel nostro Paese. Da fave e cicoria alle orecchiette con le cime di rapa, le ricette amare sono parte della cucina regionale, ma anche gli chef contemporanei si sono interessati di questo sapore controverso, alla ricerca delle radici del gusto italiano e di nuove frontiere gastronomiche. Oggi che il vegetale si fa sempre più largo nei menù, l’amaro diventa poi un gusto con cui confrontarsi. La mente corre ai piatti di Piergiorgio Parini ai tempi dell’Osteria del Povero Diavolo, oggi a quelli di Gianluca Gorini a San Piero In Bagno (FC), di Giuliano Baldessari da Aqua Crua a Barbarano Vicentino (VI) o delle amarezze lagunari del ristorante Venissa sull’isola di Mazzorbo. C’è chi gioca sull’«equilibrio dei contrasti», come direbbe Oldani, e chi invece ingaggia l’ospite in una sfida alla piacevolezza, oltre la comfort zone.

Togliere l’amaro

Per i cuochi di casa la sfida, invece, sembra sempre quella di togliere l’amaro, eliminandone l’eccesso. Le verdure possono essere sbianchite in acqua bollente, lasciate scolare con il sale (come si fa con le melanzane), oppure condite con il limone, l’aceto o abbinate a ingredienti salati, come acciughe o formaggio: tutte soluzioni che ne bilanciano il sapore. È bene però sapere che il sapore è determinato dai polifenoli, benefici elementi in grado di contrastare l’ossidazione dei radicali liberi, che comportano l’invecchiamento cellulare. Mangiarlo, quindi, è meglio.

Amaro: una categoria italiana di liquori, per definizione

L’amaro si può anche bere, anche se ciò non aiuta la salute. Gli amari alle erbe infatti sono diffusissimi in Italia, nazione che ne conta di più al mondo. Il motivo deriva dalla scienza erboristica e dai preparati medicamentosi che venivano realizzati estraendo le essenze delle erbe officinali, erbe aromatiche, radici, fiori, spezie, scorze di frutta, cortecce, miscelando il tutto con alcol. Erano medicinali ante litteram molto diversi da quelli che possiamo immaginare oggi e che non si bevevano per piacere, ma come medicine. Li preparavano i monaci, i farmacisti e chi aveva studi e competenze in materia. Da allora gli amari sono cambiati molto, sono dolci, meno alcolici, ma ancora oggi è giunta sino a noi la credenza (errata) che siano digestivi. Nell’Ottocento questi preparati passano dall’essere medicinali a prodotti da miscelazione in quella che sarà definita la Golden Age dei cocktail americani. In quell’epoca in terra americana patria di bourbon, ma non di vino, gli alcolici sono prevalentemente cocktail, miscelati anche con prodotti italiani. Amari o, in inglese, bitter, fra tutti il Campari. Bandiera del made in Italy nel mondo per eccellenza.

gusto amaro Radicchio in padella

Ricerche frequenti:

Radicchio, lo sfizioso “amaro in bocca” in 20 ricette

La Cucina Italiana

Il radicchio è uno degli ortaggi più usati e presenti in questa fredda stagione. Oltre ad avere notevoli proprietà benefiche, è anche molto versatile: dalle preparazioni al forno, a quelle in padella, sta bene anche crudo in insalata. Il suo caratteristico gusto amarognolo, che si alleggerisce a seconda della tipologia, offre un caleidoscopio di sapori rispetto agli abbinamenti. Proviamo a scoprirne di più sul radicchio.

Le proprietà del radicchio

Il radicchio è un ortaggio che, a seconda della specie e della varietà, è una verdura ricca di vitamina C, vitamina A, fibre alimentari, acqua e potassio. Insomma, un vero e proprio toccasana per la nostra salute! L’apporto energetico è irrisorio, poiché tutti e tre i macronutrienti sono presenti in modeste quantità. Il radicchio contiene molte fibre alimentari, sono presenti molecole steroidee vegetali, con azione metabolica opposta al colesterolo. Quello rosso è ricco di antocianine, ovvero ha proprietà antiossidanti che  da alcuni vengono paragonati a un vero e proprio antidoto naturale contro l’invecchiamento. Notevole è anche l’apporto medio di potassio e magnesio. Il radicchio verde contiene anche buone quantità di calcio e ferro. Il radicchio è un alimento che si presta a qualunque tipologia di regime nutrizionale. La ricchezza in fibre ed acqua, ma anche la scarsa densità energetica e lipidica, lo rendono adeguato ad una dieta.

Come usarlo in cucina

Si è già detto che il radicchio si può mangiare crudo e cotto. La destinazione culinaria dipende soprattutto dalla varietà in oggetto. Si può mangiare da solo, come contorno, o utilizzarlo come ingrediente per ricette elaborate come sughi per i primi piatti, risotti, contorni gratinati al formaggio e via dicendo.

Il radicchio tardivo di Treviso

Il radicchio, in generale, è un ortaggio classificato nella famiglia delle cicorie. Spesso chiamiamo radicchio ogni tipo di insalata rossa e dalle foglie allungate che ci capiti di vedere su un banco di ortaggi. In realtà, di radicchio, ce ne sono molte tipologie diverse tra loro: la varietà più nobile, il radicchio di Treviso tardivo IGP. Questo è un prodotto molto pregiato e costoso (dai 6 ai 10 euro al kg, mediamente), solo quello che proviene dai 24 comuni dall’area tipica fra le province italiane di Treviso, Padova e Venezia si può chiamare l’autentico radicchio rosso tardivo di Treviso. Il tardivo è meno amaro e più croccante. Questo prezioso ortaggio, chiamato il re dell’inverno, richiede molta acqua e freddo e nasce a cavallo tra l’alta e la bassa pianura. Qui, sotto un manto di ghiaia, risalgono spontaneamente dal terreno purissime acque di falda provenienti dalle Dolomiti. Il secondo ingrediente è il freddo perché solo dopo la seconda gelata il ciuffo di radicchio si merita il bollino di garanzia IGP. Ricordate poi che il periodo di raccolta del radicchio tardivo è generalmente novembre – gennaio – febbraio.

Cecina, verdure, gorgonzola e castagne

Cecina, verdure, gorgonzola e castagne

La cecina è la tipica torta di ceci toscana, conosciuta in Liguria e in altre zone d’Italia come farinata, ma la base è sempre la stessa: farina di ceci, acqua, sale e olio. Oggi l’abbiamo arricchita con una guarnizione autunnale davvero gustosa

Proudly powered by WordPress