Tag: ravioli ricette

Anna in Casa: ricette e non solo: Gnocchi con robiola

Anna in Casa: ricette e non solo: Gnocchi con robiola

Non ve lo aspettavate vero?

Contrariamente al mio solito, oggi posto i miei gnocchi con la robiola, pronti subito, giusto il tempo di portare l’acqua a bollore, apparecchiare e chiamare tutti a tavola.

125 g di robiola spalmabile

125 g di ricotta fresca

125 g circa di farina 00
100 cucchiai di formaggio grana grattugiato
1 uovo medio
1 pizzico di sale
1 pizzico di noce moscata a piacere

Procedimento

Riempire una pentola capiente con acqua, salare e portare a bollore. 

Versare la robiola e la ricotta in una ciotola, mescolare bene i due ingredienti; aggiungere l’uovo, il sale,

il formaggio grana. Unire la noce moscata (a piacere), la farina e amalgamare bene gli ingredienti.

Quando tutti gli ingredienti sono ben amalgamati, trasferire il composto sulla spianatoia leggermente infarinata.

Lavorare l’impasto fino ad ottenere un panetto liscio ed omogeneo (se dovesse servire aggiungere pochissima farina, meno se ne mette oltre il necessario e più delicati saranno gli gnocchi dopo la cottura).

Se non utilizzate subito l’impasto, avvolgere con pellicola trasparente e conservatelo in frigorifero, anche fino al giorno dopo.

Allungare il panetto a formare un filone, da cui staccare mano a mano i pezzi per formare dei cilindri spessi circa un dito (come per formare i gnocchi di patate).

Da ogni cilindro tagliare dei tocchetti e passarli sui rebbi di una forchetta.

Adagiare gli gnocchi sagomati su carta forno leggermente infarinata.

Tuffare gli gnocchi nell’acqua a leggero bollore e, quando vengono a galla, scolarli con un mestolo forato e condirli a piacere.

Fuori carta: i piatti del giorno diventano di tendenza

La Cucina Italiana

«Oltre il menù oggi abbiamo anche… » è al frase che più ci si sente ripetere nelle trattorie e nei ristoranti più alla moda di Milano e non solo. Quale sarebbe la novità? Un tempo si chiamava semplicemente menù del giorno, veniva scritto su una lavagna o il cameriere te lo recitava a voce con il blocchetto in mano pronto a prendere l’ordinazione. Oggi si chiamano fuori carta e la loro diffusione sistematica fotografa una nuova tendenza.

L’invenzione del menù

Il menù come lo intendiamo oggi in carta stampata nasce per le cene di gala o i ricevimenti ed elencava i piatti che sarebbero stati serviti durante la cena. La lista fra cui poter scegliere si diffonde successivamente con l’avvento dei ristoranti, nei luoghi eleganti e negli hotel. Il primo menù scritto in lingua italiana viene datato 1911, quando i Savoia adottarono l’italiano come lingua ufficiale di Corte, per descrivere piatti che restavano quelli della grande cucina francese. Nelle trattorie il menù non esisteva proprio, ogni giorno si cucinava quello che offriva il mercato e si seguiva una certa cadenza: giovedì gnocchi, venerdì di magro, e una serie di ricette della casa che si susseguivano con variazioni stagionali. La scelta era poca o nulla, l’innovazione limitata, e a tavola veniva servito sostanzialmente un grande repertorio di classici a rotazione. Più il locale era elegante, più il menù era elaborato e la descrizione dei piatti sontuosa, nei posti più popolari lo si trovava al massimo scritto a mano o affisso al muro, con a fianco il prezzo.

Classici e piatti del giorno 

La possibilità di programmare la spesa, la continuità e l’abbondanza delle forniture, le moderne tecniche di conservazione hanno permesso ai ristoratori via via di standardizzare, e di creare una lista di piatti imprescindibili, immutati al variare delle stagioni. Ai clienti il benessere economico permette di scegliere, di variare, di guardare al cibo come piacere e non solo come a mero nutrimento. Anche i menù così si evolvono, da una parte i grandi classici, i cavalli di battaglia, le specialità del locale stampati nero su bianco e plastificati per durare; dall’altra i fuori carta, qualcosa di semplice, per accontentare i clienti abituali, o da aggiungere al resto del menù all’arrivo dei carciofi, dei fiori di zucca e giusto di qualche primizia. Normale, è così in buona parte dei ristoranti di tradizione, dove ancora oggi il menù cambia ben poco. Ma molto diversa è oramai la ristorazione contemporanea.

I fuori carta

Nei ristoranti di nuova generazione la lezione della cuisine du marché, fresca ed estemporanea ha oramai imposto l’idea che il menù debba cambiare almeno quattro volte l’anno: i piatti mutano, più o meno spesso a seconda del locale, una volta a stagione nei ristorati di alta cucina, e molto più spesso, anche tutti i giorni, nelle trattorie moderne e nei bistrot. Si è “tornati indietro” alle buone abitudini di sempre, ma nonostante questo proprio lì i fuori carta sono tornati di moda.
Potrebbero essere inseriti, visto che il menù cambia spesso? Nì. Spesso sono piatti più “difficili”, solo per palati arditi e che quindi è meglio proporre solo a chi si conosce bene, a volte se ne hanno davvero poche porzioni. Ma soprattutto fa parte dell’esperienza: quando si esce a cena si vuole assaggiare qualcosa di eccezionale, di unico, che faccia sentire speciali. Da postare sui social (con gli hashtag #fuoricarta #fuorimenu), da raccontare agli amici, i fuori carta diventano al pari dei signature dish degli strumenti di comunicazione.

Fuori carta è bello

La Trattoria Trippa ha rinominato Fuori Carta la serie di appuntamenti con chef ospiti che si avvicendano nelle loro cucine per una sera, ma i fuori carta li serve correntemente ad amici e a chi sceglie l’ambito posto al posto al bancone. Stessa cosa da Frangente dove lo chef Filippo Sisti offre a mezza voce le oramai famose Tagliatelle al ragù o i Tortellini. Fuori carta, ma ordinatissimi.

«Che cosa hai mangiato ieri?» 
«Ho provato un paio di fuori carta…».

Il Cilento a Milano, nuova apertura

La Cucina Italiana

Finalmente il momento è arrivato: ad aprile aprirà Modus, che porterà per la prima volta a Milano il Cilento più autentico. E a farlo non poteva che essere lui, il panificatore e pizzaiolo cilentano per eccellenza, Paolo De Simone, già creatore e ideatore delle pizzerie Da Zero, ormai sul podio delle migliori in città. 

Ma questa volta le cose sono un po’ cambiate: nel nuovo locale di Paolo, infatti, convergerà sì tutta la parte più genuina di una terra come il Cilento, patria della Dieta Mediterranea, ma in una veste tutta nuova ed elegante.  

Il Cilento, patria della Dieta Mediterranea

Nel 2010 il Cilento è diventato Patrimonio Unesco per la Dieta Mediterranea, in quanto luogo ricco di storia e leggende, natura e sapori antichi. Insomma, un vero e proprio modello paradigmatico di biodiversità ambientale e culturale. Non a caso, il Cilento è stata anche la prima area italiana protetta e, per il suo valore naturalistico e antropico, già l’Unesco lo inserì nella prestigiosa rete delle riserve della biosfera, nella rete europea dei geoparchi e tra i siti Patrimonio mondiale dell’umanità. Molti gli studiosi che in Cilento hanno riconosciuto la salubrità e l’alto valore culturale delle pratiche locali, in primis Ancel Keys, medico nutrizionista americano che per anni visse qui, riconoscendo nello stile di vita cilentano qualcosa di unico e speciale, ma soprattutto sostenibile, forse ancor prima che questa parole esistesse.

Infatti, la tanto citata dieta mediterranea non è riducibile a un mero piatto di spaghetti al pomodoro o banalmente a ciò che mangiamo, ma riguarda proprio il come lo mangiamo: dieta deriva dal greco dìaita che significa proprio stile di vita e si rifà proprio a quello cilentano che colpì il medico americano. Nello stile di vita dei cilentani, infatti, oltre alla coltivazione dei propri terreni e al consumo dei propri prodotti, c’è un’attenzione quasi inconscia alla qualità del tempo con cui si trascorrono pranzi e cene: sono momenti conviviali di dialetto e piaceri salutari, di musica e distensione, dove l’ospitalità è di casa, dove la stagionalità è una forma di vita scontata e dove ci si scambia prodotti prima di comprarli. E poi, tutti a tavola non per mangiare, ma per mangiare insieme. Ed è proprio questa attenzione alla convivialità e alla materia prima, da sempre fondamentale per Paolo, quella che troverete da Modus. 

Chi è Paolo De Simone 

Paolo nasce il 26 aprile del 1980 a Vallo della Lucania, in Cilento. Fin da piccolo cresce a contatto con la terra e si abitua a lavorare sia in campagna che in cucina. «Per questo conosco bene le materie prime, da come si coltivano a come si cucinano». 

Paolo De Simone

Proudly powered by WordPress