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Il parmigiano reggiano diventa francese

Il parmigiano reggiano diventa francese

Il colosso Lactalis, che già controlla alcuni storici marchi italiani, ha acquisito l’intero capitale di Nuova Castelli, leader nella distribuzione dei formaggi Dop italiani

Il parmigiano reggiano diventa francese: il colosso Lactalis, che già controlla altri storici marchi italiani come Galbani, Parmalat, Cademartori, Vallelata, Invernizzi e Locatelli, ha messo una nuova bandierina sull’agroalimentare italiano. Ha rilevato, per 270 milioni, l’intero capitale sociale di Nuova Castelli (detenuto, per circa l’80%, dal fondo di investimento inglese Chartherhouse Capital Partner), società di Reggio Emilia leader nella distribuzione dei formaggi Dop italiani e principale esportatore di parmigiano reggiano nel mondo, di cui sforna circa 105mila forme all’anno.

Ingloba così un’azienda con un migliaio di dipendenti, con 13 siti produttivi in Italia e 3 all’estero, che nel 2018 ha fatturato 460 milioni di Euro, di cui il 70% proprio grazie all’esportazione dei formaggi Dop. Non solo il parmigiano, ma anche il gorgonzola e la mozzarella di bufala: i brand più conosciuti all’interno del portfolio di Nuova Castelli sono Castelli, Mandara e Alival. La multinazionale francese spiega, con una nota, di aver rafforzato «la sua leadership nella distribuzione dei formaggi italiani Dop sui mercati internazionali, dove è già protagonista con una presenza commerciale e distributiva in oltre 140 paesi».

Il percorso della cessione di Nuova Castelli era cominciato all’inizio dell’anno. Anche se il gruppo non lo ha mai confermato, tra le offerte che erano arrivate ci sarebbe stata anche quella di Granarolo e di alcuni fondi esteri, ma la proposta di Lactalis, che si dice pronta a «sostenere i prodotti Dop italiani nel mondo», è stata preferita a tutte le altre.

Coldiretti e Cia Agricoltori avevano annunciato che avrebbero fatto «di tutto per tutelare l’agroalimentare italiano dall’assalto delle multinazionali straniere» (si era parlato anche di mettere in campo una cordata italiana). E il ministro dell’Agricoltura, Gian Marco Centinaio aveva promesso di difendere il parmigiano reggiano «senza se e senza ma». Ma la loro levata di scudi non è servita a impedire la cessione.

Il Parmigiano Reggiano non è tutto uguale

Il Parmigiano Reggiano non è tutto uguale

Cosa significa Parmigiano (e cosa no), la differenza con i “formaggi da grattugiare”, le stagionature estreme, la lavorazione di montagna e le razze autoctone di pianura per una biodiversità che rende diverso il prodotto di ogni singolo caseificio. Perché da Eataly di Parmigiano non ce n’è uno solo.

Non c’è casa che non ne abbia un pezzo nel frigorifero, è un simbolo della cucina italiana e uno dei formaggi più usati, e non solo nel nostro Paese: è il Parmigiano Reggiano, un nome riconosciuto in tutto il mondo. È talmente noto che lo usiamo praticamente come sinonimo di “formaggio a pasta dura da grattugiare”, ma non è davvero uguale a tutti gli altri.

Il Parmigiano Reggiano è un prodotto con un grande valore, un rigido disciplinare e controlli che lo rendono davvero il re dei formaggi. Ci fidiamo del suo brand di alta qualità, ma oltre al logo del Consorzio e al marchio della Denominazione di Origine Protetta c’è un mondo molto più complesso, fatto di caseifici e produttori, che nel rispetto delle regole comuni seguono un proprio stile, mungono il proprio latte e lavorano con modalità produttive peculiari, spesso vecchie di secoli. Non facili da reperire nella grande distribuzione, ma non da Eataly, che in tutti i suoi negozi in giro per l’Italia ha un assortimento unico. “Tutti i prodotti che sono da Eataly sono stati selezionati seguendo come riferimento i valori di Slow Food: pulito, buono e giusto – spiega Fabio Benvenuti, Category Manager Salumi e Formaggi – Non solo pensando agli ingredienti, ma all’intera filiera, sempre molto chiusa: dall’allevamento al tipo di stagionatura. I nostri produttori hanno mani, tempi, tradizioni e convinzioni e questo dà vita a prodotti diversi. In un territorio così piccolo come quello di produzione del Parmigiano, è incredibile la varietà di prodotti che si possono trovare”. I “parmigiani” non sono tutti uguali, anzi non ce n’è uno che sia uguale ad un altro – ecco perché è un formaggio da esplorare.

Cosa significa Parmigiano (e cosa no)

Il Parmigiano Reggiano è un formaggio antico, prodotto dal Medioevo nei monasteri benedettini e cistercensi di Parma e Reggio Emilia e ancora oggi si fa così, in una sola zona dell’Emilia, solo con latte della zona d’origine, caglio naturale, sale, senza l’aggiunta di additivi e conservanti (proibiti per il Parmigiano Reggiano). Le vacche possono alimentarsi solo con foraggi locali, prodotti secondo il metodo tradizionale dell’essiccazione (la fienagione) ed è severamente proibito l’uso di foraggi fermentati come gli insilati di mais, molto diffusi. Eccoli i punti che accomunano ben 350 piccoli caseifici artigianali che lavorano con il latte, rigorosamente crudo, di circa 3000 agricoltori.

La regola delle due estati

La stagionatura è lunga, di minimo un anno, e rende il formaggio un concentrato di sostanze nutritive e poca acqua. Servono almeno 24 mesi perché arrivi alla sua massima espressione però: i casari e gli esperti battitori dicono che il formaggio deve passare due estati, deve cioè subire per due anni le trasformazioni enzimatiche che cambiano la pasta del Parmigiano Reggiano e che grazie al calore sono più intense. Queste trasformazioni avvengono al livello di proteine e grassi, rendendo questo formaggio ancora più digeribile e aumentandone la complessità di aromi e profumi. Dopo i 30 mesi viene marchiato con un bollino color oro, proprio perché attorno ai tre anni esprime la sua massima fragranza, poi la struttura assume una consistenza più gessosa e il sapore diventa quasi piccante, raggiungendo risultati inaspettati… molto amati dagli intenditori.

La biodiversità in cucina

La stagionatura non è sinonimo di qualità, ma di gusto e di utilizzo in cucina. La biodiversità del Parmigiano è un valore prezioso, che rende questo formaggio sempre diverso (e tutt’altro che standardizzato come i prodotti della grande industria). A 12-18 mesi sa di latte e yogurt, è perfetto a scaglie, come aperitivo, in piatti freddi e in abbinamento a vini bianchi frizzanti. Attorno ai 24 mesi raggiunge il giusto equilibrio tra dolce e saporito, si sviluppa l’umami, il quinto gusto sapido, è perfetto in cucina e grattugiato sui primi piatti. Dai 30 mesi la sua consistenza diventa friabile e il sapore deciso, perfetto per le paste ripiene e al forno, o come dessert in abbinamento a frutta e miele. Oltre 40 mesi regala piacevoli sentori di spezie e diventa un formaggio da meditazione, da degustare con vini come i Sauternes. Mai provato a farne “una verticale”? Come per i vini, è molto interessante assaggiare prodotti uguali ma di diverse annate – lo puoi fare a casa, o nelle degustazioni che vengono organizzate periodicamente nei negozi Eataly.

La stagionatura estrema: 90 mesi

Esiste anche un Parmigiano “estremo”, stagionato ben 90 mesi dal Caseificio Gennari. Una sfida lunga e difficile che però dà vita ad un formaggio che ricorda le note speziate di cacao e rimanda al profumo intenso e caldo del legno. Ha ben 96 mesi di stagionatura invece il Parmigiano del Caseificio Malandrone 1477, un’azienda agricola che controlla tutta la filiera, dalla coltivazione dei campi al prodotto finito. Grazie alle note marcate di fieno, frutta secca e funghi essiccati e alla consistenza asciutta, friabile e granulosa, si gusta da solo o in abbinamento con aromi più intensi e piccanti come la mostarda.

Il prodotto di montagna

Dal 2013 è stata introdotta dall’Unione Europea la dicitura “Prodotto di Montagna” per tutti i prodotti alimentari aventi origine nelle aree montuose europee. Anche il Parmigiano si può fregiare di questo marchio aggiuntivo con oltre 110 caseifici ubicati e oltre 1.200 allevatori sparsi nel territorio montano di Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna. Questo Parmigiano speciale deve essere prodotto da latte munto al 100% in stalle nelle zone di montagna, da vacche alimentate con più del 60% di foraggio dell’Appennino, ed essere rigorosamente stagionato in loco. Il sapore finale del Parmigiano di Montagna 26 mesi di Melandrone 1477 ad esempio è dolce, con profumi di erba fresca tipici delle vacche cresciute al pascolo e un bel color giallo paglierino intenso. Un sapore caratteristico, ancor più marcato nella stagionatura a 36 mesi.

Vacche rosse, vacche bianche

Le razze di vacche autoctone italiane sono tante, e ognuna produce un latte speciale e molto riconoscibile: “Non è banale, ogni razza produce un latte con un valore proteico, un sapore, e caratteristiche organolettiche sono molto diverse. Che si possono valorizzare in formaggi al 100% di razza” spiega sempre Fabio Benvenuti. Il latte di Bianca Modenese Presidio Slow Food ad esempio ha un ottimo rapporto fra tenore di grasso e indice proteico e rende deciso il gusto del Parmigiano Reggiano Dop di Bianca Modenese del Caseificio Rosola, piccolo paese nel comune di Zocca sull’Appennino: un formaggio dall’alta digeribilità, ricco di proteine, vitamine e minerali.
Il Consorzio Vacche Rosse tutela e controlla invece il Parmigiano prodotto con latte di vacche dell’antica razza Reggiana, alimentate con erba e fieno e lavorato seguendo le procedure tipiche di un tempo. Il formaggio ottenuto ha note aromatiche che ricordano il burro fuso, il fieno e la frutta secca, ed è quindi consigliato proprio in abbinamento a noci e nocciole.

Insalata Di Formaggio

Tagliare a fettine sottili 200 g di formaggio parmigiano Reggiano; tagliare a strisce un peperone arrostito; tagliare a piccoli filetti 50 g di olive e un cuore di sedano. Aggiungere in giusta misura sale, olio, aceto balsamico, pepe, senape; mescolare e servire.

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