Tag: ricetta cous cous

Una degustazione davvero straordinaria

Una degustazione davvero straordinaria
Santa Margherita
Santa Margherita
Santa Margherita
Santa Margherita

Dal Veneto alla Calabria, passando per la Lombardia, la Toscana, le Marche, la Puglia e la Sardegna, ci siamo ritrovati sulla piattaforma Zoom per un aperitivo virtuale che ha unito l’Italia in un brindisi didattico con quattro etichette di Santa Margherita Gruppo Vinicolo.

“Un bellissimo evento, un coinvolgente modo di far conoscere queste realtà produttive. Grazie all’ ottima organizzazione, abbiamo ricevuto in anticipo i vini in degustazione, per poi fare una piacevole chiacchierata magistralmente condotta dal brand ambassador di Santa Margherita Alberto Ugolini, dall’esperta giornalista enogastronomica de La Cucina Italiana Valentina Vercelli, e dal direttore de La Cucina Italiana Maddalena Fossati Dondero” ha commentato Francesco Innocente di Osimo (AN), uno dei fortunati lettori della nostra rivista che ha partecipato al tasting, condividendo poi sui nostri canali social commenti e ricette pensate in abbinamento ai vini con l’hashtag #saràstraordinario.

Degustazione Santa Margherita
Degustazione Santa Margherita
Degustazione Santa Margherita
Degustazione Santa Margherita
Degustazione Santa Margherita
Degustazione Santa Margherita

Una storia di famiglia che dura da 85 anni

Santa Margherita Gruppo Vinicolo è una storia italiana di passione e lavoro, valori e tradizione, nata nel 1935 dalla visione del conte Gaetano Marzotto, che credeva in un’agricoltura moderna, efficiente, fatta di uomini, natura e tecnologia insieme. Da quell’inizio visionario sono trascorsi 85 anni, ma i valori di riferimento sono rimasti immutati e hanno permesso a questo sogno di crescere fino a diventare una delle realtà del vino più importanti d’Italia. Un “mosaico enologico” guidato dalla terza generazione della famiglia, che raggruppa oggi dieci diverse tenute in alcune tra le più belle regioni italiane: dal Veneto Orientale alla Valle dell’Adige, dalle colline di Valdobbiadene e Refrontolo alla Franciacorta, dall’Alto Adige alla Lugana, dal Chianti Classico alla Maremma, dalla Sicilia alla Sardegna, i vini raccontano il territorio da cui provengono ai winelover di ben 94 Paesi nel mondo.

A ciascuna ricetta il suo vino

Ad aprire la degustazione online, contrassegnando il primo brindisi virtuale, è stato il Valdobbiadene Prosecco Superiore “52” Brut di Santa Margherita, una bollicina delicata e stuzzicante, perfetta per accompagnare gli sfizi dell’aperitivo e i piatti vegetariani. In redazione abbiamo pensato di proporlo in abbinamento alle mini sbrisolone al formaggio, mentre Beatrice Ortolani, in collegamento da Paderno d’Adda (LC), ci ha raccontato di averlo trovato sublime dopo aver aggiunto nel calice una pesca tagliata a pezzetti, due cubetti di ghiaccio e un paio di foglie di menta.

Siamo, quindi, passati all’Alto Adige Metodo Classico Brut di Kettmeir che, dopo quasi tre anni sui lieviti, ha rivelato nel bicchiere la sua eleganza e complessità. Per noi è sembrato da subito perfetto con i gamberi in crosta di spaghetti di riso, mentre Alessio Antompaoli di Massa lo sposerebbe anche con carni bianche e formaggi di media stagionatura.

A seguire, il Lugana Molin di Ca’ Maiol è stato giudicato all’unanimità di tutti i tester un bianco inaspettato, piacevolissimo per le sue note fresche e sapide, perfetto in abbinamento a un piatto di garganelli con spigola e zucchine, ma è molto invitante anche con la ricetta del risotto al Mojito consigliata da Riccardo Varlese di Verona, che, non a caso, di mestiere fa il cuoco.

Infine, è stato il momento del vino che ha vinto il podio delle preferenze di Viviana Cianciaruso di Mola di Bari (BA): il Carignano del Sulcis Riserva Buio Buio di Cantina Mesa, amato per i suoi profumi di mirto e di macchia mediterranea, per la sua struttura decisa, in equilibrio con una salinità che ricorda il mare di Sardegna. Per noi è imbattibile con il filetto di manzo cotto sulle mattonelle di sale aromatizzate con finocchietto, bacche di ginepro e menta.

 

Soul Food: la cucina povera nata dalla comunità afro-americana

Soul Food: la cucina povera nata dalla comunità afro-americana

Il Soul Food è la cucina della comunità afro-americana nata nel sud degli Stati Uniti, caratterizzata da ingredienti poveri e genuini e legata a doppio filo alla storia della loro cultura e della loro emancipazione

Per Soul Food, ovvero “il cibo dell’anima” si intende la cucina tradizionale della comunità africana nel sud degli Stati Uniti. Sebbene il termine sia stato coniato negli anni Sessanta, periodo in cui hanno visto la luce anche i primi ricettari, il Soul Food affonda le radici nel periodo della schiavitù e nei successivi 100 anni. La comunità afro-americana, infatti, abituata fin dal passato a utilizzare ingredienti economici e locali, ha portato avanti questa tradizione culinaria, dando vita a una cucina povera e semplice, ma ricca di sapore. Il cibo dell’anima, con il tempo, ha finito con l’influenzare la cucina di tutto il paese a con il diffondersi anche nel resto del mondo, dove è oggi molto apprezzata e riscoperta.

Storia ed evoluzione della cucina afro-americana “dell’anima”

La storia della cucina soul è andata di pari passo con quella dell’emancipazione di questa comunità e rappresenta una componente importante della questa cultura. I suoi sapori caratteristici, le lunghe preparazioni e molte delle ricette ideate e tramandate per generazioni, sono diventate famose negli anni Sessanta, proprio grazie all’ascesa dei movimenti nazionalisti neri. In particolare il termine Soul Food venne coniato nel 1962 da Amiri Baraka, attivista, poeta e figura di spicco nella lotta alla rivendicazione dei diritti dei cittadini americani di colore. Rispondendo al diffuso pregiudizio secondo il quale la sua comunità «non avesse una lingua o una cucina caratteristica», raccolse in un saggio il meglio della cucina afro-americana, specificando che si trattava appunto di una «cucina popolare dell’anima» che proveniva direttamente dai migranti del sud e che era per loro motivo di orgoglio. I primi libri di cucina soul iniziarono ad apparire nei negozi di libri progressisti negli anni 60 per poi diffondersi negli anni 70, mentre il primo ristorante fu aperto nel 1962 ad Harlem da Sylvia Woods, nota come la “regina del Soul Food”.
I ristoranti dell’anima iniziarono poi a fare la loro apparizione nelle grandi metropoli del paese, con una clientela sempre più diversificata, e questa cucina venne ben presto riconosciuta e amata a livello nazionale.

Ingredienti, caratteristiche e ricette popolari

La cucina soul è piuttosto piccante, ricca di aromi e condimenti, e contempla l’utilizzo di frattaglie e parti “di scarto” del maiale così come ingredienti poveri, accessibili, sostanziosi e versatili come la farina di mais.
Ma vediamo nello specifico quali sono gli ingredienti più utilizzati. Il re delle carni è appunto il maiale, di cui viene utilizzata ogni parte, incluso il grasso per friggere o il lardo impiegato per molte ricette dolci e salate. La farina di mais viene utilizzata in moltissimi modi e tante preparazioni, tra cui il pane di mais, una sorta di pancake fritto chiamato johnnycake e delle frittelle tonde chiamate hush puppies. Sul fronte di legumi e ortaggi, il Soul Food è caratterizzato da un’ampia varietà di fagioli e piselli, mentre le verdure si dividono tra quelle di origine africana, come l’okra e le patate dolci, o quelle americane, come cavoli e rape. Tra le ricette soul più famose spiccano il pollo fritto, la pancetta di maiale affumicata, secondi a base di pesce gatto, le costolette di manzo, l’Hoppin’ John (una zuppa fatta con bacon e fagioli dall’occhio nero) e l’insalata di patate. I piatti sono spesso conditi con una salsa piccante a base di aceto e peperoncini, con una miscela piccante di spezie chiamata Cajun o con la maionese.

I cuochi contemporanei che si cimentano nel cucinare il Soul Food, spesso lo rendono più “salutare”, limitando o evitando l’utilizzo di grassi animali quali il lardo, sostituendo l’olio di colza con altri oli vegetali e inserendo tagli di carni più magre.

Foto: frittelle di mais hush puppies_soul food_Flickr Christine Wisnieski.jpg
Foto: zuppa soul food hoppin’ john_Flickr Jeffreyw.jpg
Foto: pollo fritto soul food_Flickr stu_spivack.jpg

» Insalata di pollo e sedano

Misya.info

Innanzitutto mettete il pollo su una bistecchiera ben calda, leggermente salata, e cuocete per 30 minuti a fuoco medio, girandola a metà cottura.
Quindi eliminate pelle, tendini e ossa, e sfilacciate la carne.

Lavate il sedano, eliminate foglie e parte finale e tagliatelo a fettine.
Tritate grossolanamente le noci.

Unite in una ciotola: pollo, sedano, noci, parmigiano in scaglie (potete ricavarle con un pelapatate).
Condite con sale, pepe, olio e aceto e mescolate.

L’insalata di pollo e sedano è pronta: disponetela in un piatto da portata, decorate con qualche fogliolina di sedano e un altro po’ di aceto balsamico e servite.

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