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Prosecco o spumante, qual è la differenza?

La Cucina Italiana

E’ una delle domande più fatte in rete… qual è la differenza tra prosecco o spumante? Chiariamoci le idee e capiamo qual è la differenza tra prosecco e spumante, perché non sono esattamente sinonimi ma non sono nemmeno mondi così lontani come a volte si pensa!

Cos’è il prosecco

Dal punto di vista strettamente tecnico, il prosecco è un vino bianco DOC (Denominazione di Origine Controllata) o DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita), per quelli di Montello e dei Colli Asolani o il Prosecco di Conegliano Valdobbiadene.

Di cosa parliamo, quando diciamo spumante?

Parliamo di una categoria di vini: quelli che all’apertura della bottiglia producono spuma, causata dalla presenza di anidride carbonica prodotta dalla fermentazione e quindi non aggiunta. Lo spumante può essere prodotto con metodo classico, detto anche champenoise, o con metodo Martinotti-Charmat. In commercio si trovano spumanti delle varianti dry, extra dry, brut ed extra brut: questi termini indicano la dolcezza dello spumante.

La differenza tra prosecco o spumante

Lo spumante, trattandosi di una categoria di vini, può essere prodotto in qualsiasi zona e con qualsiasi vitigno. Il prosecco, invece, che è una DOC o DOCG, può essere prodotto solo in alcune zone del Veneto e del Friuli Venezia Giulia e dai vitigni Glera, Verdiso, Pinot bianco, grigio o nero e solo con metodo Charmat. Il vino, in generale, viene prodotto tramite la fermentazione alcolica: gli zuccheri naturalmente presenti nell’uva si trasformano in alcol e anidride carbonica. Per ottenere uno spumante è necessaria una seconda fermentazione in modo da catturare l’anidride carbonica all’interno della bottiglia, creando, appunto, le bollicine. Il metodo Charmat prevede che la seconda fermentazione avvenga in vasche d’acciaio inox e non in bottiglia. Il risultato è un vino fresco e aromatico, dai costi di produzione minori e subito pronto da bere.

Analogie e curiosità

Non c’è differenza, tra prosecco e spumante per quanto riguarda le varietà, influenzate dal livello di zuccheri presenti: per entrambi si parla di dry, brut e le varie sfumature intermedie. Sapevate, invece, che non è detto che il prosecco sia uno spumante? Può essere, infatti, anche frizzante (una versione con “meno bollicine” per intenderci) oppure fermo (detto anche tranquillo). Quest’ultimo è un bianco perfetto per antipasti o primi leggeri, dal colore giallo paglierino e dal sapore fresco, anche grazie alle note fruttate.

Faraona arrosto – Ricetta di Misya

Faraona arrosto

Condite l’interno della faraona con sale e pepe, quindi fatela rosolare in un tegame antiaderente con poco olio, lasciandola dorare in maniera uniforme a fiamma vivace, in modo da sigillarne i succhi.

Nel frattempo preparate gli altri ingredienti: spremete il succo dall’arancia, mondate carota e sedano, lavate bene le patate novelle.

Disponete la faraona in una teglia leggermente unta d’olio, aggiungete carota, sedano e patate, irrorate con il succo d’arancia e cuocete per circa 50 minuti, mescolando ogni tanto gli ortaggi e capovolgendo la carne verso metà cottura.

Una volta cotta la carne, tagliate la seconda arancia a fettine dopo averla lavata bene, quindi impiattate la gallina su di un piatto da portata disponendole intorno arancia, patate e ribes.

La faraona arrosto è pronta, non vi resta che spennellarla con il fondo di cottura e servirla.

Ricerche frequenti:

Il miglior pandoro artigianale: la selezione per Natale 2023

Il miglior pandoro artigianale: la selezione per Natale 2023

Qual è il miglior pandoro artigianale del 2023? Ecco – finalmente – la nostra selezione!

Il mondo, almeno a Natale, si divide in due categorie: gli oltranzisti del panettone e i fan del pandoro. Quest’ultimo è stato per lungo tempo sottovalutato, ma oggi non è più così. Il pandoro, come lo conosciamo, ha una tradizione relativamente recente: il dolce ha un anno di nascita, il 1894, e un “padre”, il pasticciere Domenico Melegatti, che “brevettò” la ricetta di un dolce fatto di farina, lievito, uova e tanto, tantissimo burro.

Quello del pandoro artigianale era ed è tuttora un impasto ricchissimo, per nulla facile da lavorare. Per questo non tutti i pasticcieri che producono panettone si cimentano nella lavorazione del dolce tipico di Verona, e per questo è considerato una sorta di banco di prova per i migliori.

Non solo: se l’impasto, così ricco, deve essere perfettamente lavorato per crescere in altezza ad assumere la forma che tutti conosciamo, le fasi successive non sono meno impegnative – dalla lievitazione lunghissima alla cottura, che deve avvenire in un apposito stampo, fino al riposo dopo la cottura. E sono i dettagli a fare la differenza: l’influenza delle temperature, la capacità manuale dell’artigiano pasticcere, la scelta delle materie prime che devono essere di primissima qualità.

E se realizzare un buon pandoro artigianale è una faccenda complicata, anche sceglierlo non è facilissimo. Se decidiamo di uscire dagli schemi e dagli scaffali del supermercato, dobbiamo farci guidare non più dalle pubblicità, ma dalle etichette e dai nostri sensi: all’assaggio il pandoro deve essere soffice, non stopposo o elastico, e deve avere un profumo di burro che avvolge e conquista. Questo è l’ingrediente chiave, che deve essere freschissimo, e possibilmente di centrifuga. Non ci sono orpelli nel pandoro, niente canditi, uva passa o frutta secca: la sua caratteristica è la semplicità, e per questo, come tutte le cose semplici, deve essere perfetto.

Differenze tra pandoro artigianale e pandoro della grande distribuzione

Come dicevamo, le differenze tra un pandoro artigianale e uno della grande distribuzione possono riguardare diversi aspetti – a partire dagli ingredienti fino al processo di produzione, passando per qualità e tradizione. Ecco alcune differenze che solitamente si riscontrano:

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