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Come fare il limoncello in casa e sentirsi in Costiera

La Cucina Italiana

Il limoncello, quello buono, non si compra. Si fa.

La ricetta è davvero semplice, quello che varia sono i tempi. C’è chi dice che si prepara in un paio di giorni, chi in una settimana, chi in un paio di mesi e anche più. Tutto dipende da quanto decidete di lasciar macerare i limoni nell’alcool. Vi proponiamo un limoncello classico e davvero molto gradevole che si prepara in due mesi circa, ma se avrete pazienza di aspettare ne varrà la pena. L’importante è avere a disposizione dei limoni non trattati, ingrediente fondamentale per la buona riuscita del vostro limoncello, e delle foglie di ulivo, un trucchetto per veri intenditori!

Una volta pronto, vi suggeriamo di travasarlo in bottiglie da 500 ml pronto per essere regalato a tutti gli amici che dopo averlo assaggiato vorranno portarlo a casa. Oppure conservatelo in frigorifero o in congelatore sempre pronto all’uso. Il limoncello va servito ghiacciato, non dimenticatelo. Potete anche utilizzarlo per rendere più profumati i vostri dolci e le torte da colazione.

Come fare il limoncello a casa

Procuratevi dell’alcool puro al 95%. Con un pelapatate prelevate la parte esterna gialla della buccia di 10 limoni non trattati lavati accuratamente. Evitate l’interno bianco. 

Tagliate a listarelle sottili la buccia di limone e immergetela in 750 ml di alcool all’interno di una grande recipiente di vetro con il coperchio. Aggiungete delle foglie di ulivo. Questo è un trucchetto che rende davvero unico il limoncello. Sono facoltative, ma vi consigliamo di provare! 

Lasciate riposare questo composto per circa 20-30 giorni. Una volta trascorso questo tempo preparate una sciroppo sciogliendo sul fuoco 1200 gr di zucchero in 1,5 litri di acqua

Fatelo raffreddare e poi unitelo all’alcool e ai limoni. 

Lasciate riposare il tutto per altri 30 giorni e poi filtrate il limoncello prima di travasare in bottiglia.

Albicocche sciroppate: ecco come farle a casa

Albicocche sciroppate: ecco come farle a casa

Albicocche sciroppate, mai provato? Albicocche da mangiare per tutto l’anno, con qualche ora di lavoro durante la stagione estiva, infatti, si possono avere a disposizione delle ottime conserve da mangiare anche in inverno, quando purtroppo questo frutto dal sapore intenso e paradisiaco non si trova. 

Chi non ama fare o mangiare la marmellata o vuole provare qualcosa di alternativo e altrettanto gustoso può preparare le albicocche sciroppate. Nonostante le supposizioni, non ci vuole molto tempo né troppa abilità per questa tipologia di conserva. 

Vi serviranno semplicemente delle albicocche di ottima qualità, non troppo mature altrimenti in cottura si ammorbidirebbero troppo e la giusta conservazione con la doppia sterilizzazione del vasetto, per essere sicuri che la conserva si mantenga in ottimo stato anche per un periodo medio lungo. 

Albicocche sciroppate: la ricetta

Ingredienti

1,5 kg di albicocche
800 ml di acqua
450 gr di zucchero semolato
1 limone

Procedimento

Per fare le albicocche sciroppate iniziate sterilizzando i vasetti che serviranno per conservarle. Con questa quantità di frutta dovrebbero servirne 3 da circa 300 g l’uno. 

Preparate quindi uno sciroppo con l’acqua, lo zucchero e tutta la buccia di un limone precedentemente lavato con cura e fate sciogliere completamente lo zucchero a fuoco lento. Lavate nel frattempo anche le albicocche, fatele a metà ed eliminate il nocciolo del frutto. 

Mettete le albicocche nei vasetti precedentemente sterilizzati e aggiungete lo sciroppo fino a coprire totalmente la frutta. Chiudete bene la confezione con il tappo e poi completate la nuova sterilizzazione per maggiore sicurezza. Potete utilizzare una pentola di grosse dimensioni con degli stracci puliti all’interno e dell’acqua: immergeteci dentro i vasetti chiusi ermeticamente, portate a bollore e fate cuocere per circa 30 minuti. Chiudete il gas e lasciate raffreddare i contenitori con le albicocche sciroppate all’interno della pentola. 

Per mangiare le albicocche al massimo del loro gusto dovrà passare almeno un mese!

Per altre ricette con le albicocche non dimenticate di sfogliare la nostra galleria di immagini!

Pane secco come lo fanno in Calabria

Pane secco come lo fanno in Calabria

Dici pane secco e pensi “da buttare”. Eppure c’è chi ha fatto del pane secco la propria ragione di vita. E di business. Non si tratta di una grande invenzione ma di un’opportunità ghiotta, perché tutta da gustare. Tutto questo succede in Calabria, in provincia di Cosenza. Due piccoli produttori, Pane Mattrasau e Pane Storto, propongono prodotti completamente artigianali, lavorati a mano con antichi grani mediterranei e a lievitazione naturale. Leggero e altamente digeribile, il “mattrasau” è un ottimo sostituto del pane lavorato anche con molte spezie e cereali, mentre lo “storto” non è solo secco, nella versione di “fresa”, ma anche pane morbido lavorato a lungo e contro le mode, ovvero senza lievito madre. E con l’aggiunta di frutta secca, tra la più variegata. Ecco come gustarli al meglio.

Come una volta

Il nome mattrasau deriva dalla “mattra”, comunemente più conosciuta come madia, ovvero l’antico contenitore in cui si impastava manualmente il pane. Il progetto nasce oltre 10 anni fa dall’idea di due amici, Stefano e Salvatore. Entrambi giovani, ma fortemente motivati e interessati alla panificazione sin dall’adolescenza, fanno esperienza prima in un laboratorio senese specializzato in dolci secchi toscani. Poi, dopo circa due anni, tornano in Calabria e decidono insieme di affrontare una nuova esperienza: dare vita a una realtà autonoma e diversa dalle solite. Il 10 agosto 2007 nasce il forno A Mattra e, dopo numerose prove, Mattrasau, da Mattra, nome del forno, e sau, in onore alla Sardegna. Il risultato è «un pane secco, leggero e croccante che si conserva anche per un anno, ottimo per arricchire le insalate, per uno snack salato, ma anche con marmellate, perché ipocalorico», racconta Iolanda, addetta alla qualità. Tra le ricette proposte, anche quella con i classici pomodori e mozzarella oppure da aggiungere nella zuppa di pesce o di legumi. La differenza con la fresa o frisella? Non necessita di bagno in acqua e anche per questo più comodo e veloce. 

Contro le mode

Dietro Pane Storto, invece, c’è Monica Florio che ha iniziato questa attività non da molto ma già è diventata un punto di riferimento nella panificazione calabrese di qualità. Nei sui prodotti, dalle frese essiccate (non tostate), alle pagnotte ci aggiunge del suo. Come datteri, fichi, uvetta che nella lentissima cottura restano “vivi”. «La mia è una micro impresa domestica – spiega Monica – ma sin da subito l’idea era di fare qualcosa di “storto”, anti convenzionale, contro il consumismo e lo spreco». Parola d’ordine: non si butta via niente. Il Pane Storto si fa con il lievito di birra, perché «non deve alveolare». Tra i tre must spiccano quello alle nocciole, mandorle e mirtilli,  «da abbinare a formaggi importanti, come gli erborinati, o con il lardo da tagliare con la lama calda, senza scaldare il pane». Quello con fichi, noci e olive infornate, «è ottimo con formaggi più grassi, di carattere». Mentre il pane con pomodori assolati (disidratati, secchi), mandorle e finocchietto selvatico «è perfetto  con la stracciatella e il pomodoro di Belmonte». Ultimo consiglio, come conservare il pane: «Nel classico luogo fresco e asciutto e nella busta di plastica, comodo da differenziare una volta consumato». Se surgelato, «lasciatelo a temperatura ambiente e torna identico!».

Ricerche frequenti:

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