Pane secco come lo fanno in Calabria

Pane secco come lo fanno in Calabria

Dici pane secco e pensi “da buttare”. Eppure c’è chi ha fatto del pane secco la propria ragione di vita. E di business. Non si tratta di una grande invenzione ma di un’opportunità ghiotta, perché tutta da gustare. Tutto questo succede in Calabria, in provincia di Cosenza. Due piccoli produttori, Pane Mattrasau e Pane Storto, propongono prodotti completamente artigianali, lavorati a mano con antichi grani mediterranei e a lievitazione naturale. Leggero e altamente digeribile, il “mattrasau” è un ottimo sostituto del pane lavorato anche con molte spezie e cereali, mentre lo “storto” non è solo secco, nella versione di “fresa”, ma anche pane morbido lavorato a lungo e contro le mode, ovvero senza lievito madre. E con l’aggiunta di frutta secca, tra la più variegata. Ecco come gustarli al meglio.

Come una volta

Il nome mattrasau deriva dalla “mattra”, comunemente più conosciuta come madia, ovvero l’antico contenitore in cui si impastava manualmente il pane. Il progetto nasce oltre 10 anni fa dall’idea di due amici, Stefano e Salvatore. Entrambi giovani, ma fortemente motivati e interessati alla panificazione sin dall’adolescenza, fanno esperienza prima in un laboratorio senese specializzato in dolci secchi toscani. Poi, dopo circa due anni, tornano in Calabria e decidono insieme di affrontare una nuova esperienza: dare vita a una realtà autonoma e diversa dalle solite. Il 10 agosto 2007 nasce il forno A Mattra e, dopo numerose prove, Mattrasau, da Mattra, nome del forno, e sau, in onore alla Sardegna. Il risultato è «un pane secco, leggero e croccante che si conserva anche per un anno, ottimo per arricchire le insalate, per uno snack salato, ma anche con marmellate, perché ipocalorico», racconta Iolanda, addetta alla qualità. Tra le ricette proposte, anche quella con i classici pomodori e mozzarella oppure da aggiungere nella zuppa di pesce o di legumi. La differenza con la fresa o frisella? Non necessita di bagno in acqua e anche per questo più comodo e veloce. 

Contro le mode

Dietro Pane Storto, invece, c’è Monica Florio che ha iniziato questa attività non da molto ma già è diventata un punto di riferimento nella panificazione calabrese di qualità. Nei sui prodotti, dalle frese essiccate (non tostate), alle pagnotte ci aggiunge del suo. Come datteri, fichi, uvetta che nella lentissima cottura restano “vivi”. «La mia è una micro impresa domestica – spiega Monica – ma sin da subito l’idea era di fare qualcosa di “storto”, anti convenzionale, contro il consumismo e lo spreco». Parola d’ordine: non si butta via niente. Il Pane Storto si fa con il lievito di birra, perché «non deve alveolare». Tra i tre must spiccano quello alle nocciole, mandorle e mirtilli,  «da abbinare a formaggi importanti, come gli erborinati, o con il lardo da tagliare con la lama calda, senza scaldare il pane». Quello con fichi, noci e olive infornate, «è ottimo con formaggi più grassi, di carattere». Mentre il pane con pomodori assolati (disidratati, secchi), mandorle e finocchietto selvatico «è perfetto  con la stracciatella e il pomodoro di Belmonte». Ultimo consiglio, come conservare il pane: «Nel classico luogo fresco e asciutto e nella busta di plastica, comodo da differenziare una volta consumato». Se surgelato, «lasciatelo a temperatura ambiente e torna identico!».

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