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I 10 cibi più pericolosi per la salute: lista Coldiretti 2023

La Cucina Italiana

Salmonella, aflatossine, pesticidi e non solo. C’è di tutto nella lista dei 10 cibi più pericolosi appena pubblicata da Coldiretti: una black list aggiornata ogni anno in base alle elaborazioni del Sistema di Allerta Rapido Europeo, rete da cui partono gli “allarmi”, cioè le informazioni relative ai gravi rischi per la salute di alimenti che arrivano per importazione nel territorio comunitario. Alimenti che nella maggior parte vengono rintracciati e tolti dal commercio, ma che potrebbero anche finire nel nostro carrello dato che i controlli non sono a tappeto.

La lista dei 10 cibi più pericolosi di Coldiretti

Quest’anno Coldiretti ha presentato la lista dei cibi pericolosi in occasione dell’apertura del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione e ancora una volta contiene alimenti che per la maggior parte provengono dall’estero: 8 sui 10 cibi più pericolosi finiti nella black list sono stranieri. I numeri sono questi: sul totale dei 317 allarmi rilevati nel 2022, 106 sono scaturiti da importazioni da altri stati dell’Unione Europea (33%) e 167 da Paesi extracomunitari (53%). Solo 44 (il 14%) allarmi hanno riguardato prodotti con origine nazionale. Un quadro articolato, che tra le righe racconta un altro dato: i rischi non arrivano solo dagli alimenti prodotti in Paesi in via di sviluppo, ma anche da altri Paesi Comunitari e non solo.

Quali sono i cibi che fanno male alla salute?

Andando nel dettaglio, i pericoli maggiori riguardano i fichi secchi della Turchia per le aflatossine, seguiti dal pesce spagnolo per l’alto contenuto di mercurio, mentre al terzo posto c’è la carne di pollo polacca contaminata da salmonella e al quarto cozze e vongole spagnole sempre con salmonella insieme al batterio dell’escherichia coli. E ancora, nella lista compaiono erbe e spezie indiane, ostriche francesi. Eccola completa:

La lista dei cibi pericolosi per la salute – 2023

  1. Fichi secchi – Turchia – Aflatossine
  2. Pesce spada – Spagna – Mercurio
  3. Carni di pollo – Polonia – Salmonella
  4. Cozze e vongole – Spagna – E.Coli e Salmonella
  5. Pistacchi -Turchia – Aflatossine
  6. Ostriche – Francia – Norovirus
  7. Pistacchi – Usa – Aflatossine
  8. Erbe e spezie – India – pesticidi
  9. Pistacchi – Iran – Aflatossine
  10. Litchi – Cina – Pesticidi
    Fonte: Elaborazioni Coldiretti su dati Rapporto Rassf 2022

Come tutelarsi dagli alimenti pericolosi

La soluzione resta la consapevolezza: guardare bene cosa compriamo, quali garanzie ci dà chi produce, e dove produce. Un’informazione cruciale: l’Italia è tra i Paesi con le politiche più rigide in tema di sicurezza alimentare, ed è anche per questo che i nostri prodotti sono una garanzia. Secondo i dati dell’ultimo Rapporto pubblicato da Efsa nel 2023 relativo ai dati nazionali dei residui di pesticidi, i cibi e le bevande stranieri sono oltre dieci volte più pericolosi di quelli Made in Italy, con il numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari oltre i limiti di legge che in Italia è stato pari al 6,4% nei prodotti di importazione, rispetto alla media dello 0,6% dei campioni di origine nazionale.

Il fatto è che non possiamo sempre sapere da dove viene ciò che compriamo: le informazioni riguardo la provenienza per ora sono reperibili solo una determinata lista di cibi. Dal 2025 le cose miglioreranno, perché questa lista diventerà più lunga e comprenderà anche alimenti come frutta secca, funghi non coltivati e zafferano per i quali fino ad allora non vigerà l’obbligo, ma – come fa notare Coldiretti – restano fuori molti altri alimenti che sono una presenza fissa nelle nostre dispense, che vanno dai succhi di frutta ai legumi in scatola, fino ai biscotti. «È necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute» afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, che da tempo, tra le altre, porta avanti una battaglia sulla trasparenza in etichetta che consenta a chi produce nel rispetto delle regole di distinguersi, e a noi di scegliere.

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Il cibo rende le persone migliori?

La Cucina Italiana

Il cibo può rendere persone migliori? Se sì, in che senso? Lo racconta un piccolo produttore di fagioli, il cui scopo è di salvaguardare antiche varietà che stanno scomparendo. Il legame tra cibo, comunità e sostenibilità emerge chiaramente nel racconto di Vincenzo Egizio, un appassionato coltivatore di fagioli ad Acerra, nel cuore dell’area metropolitana di Napoli. Egizio, insieme a un gruppo di produttori locali, è coinvolto nel progetto dei Presìdi Slow Food, un’iniziativa dedicata alla conservazione di antiche varietà agricole e metodi tradizionali di coltivazione.

Nel suo racconto, Egizio paragona il fagiolo dente di morto, una varietà antica e delicata di fagioli dal colore bianco opaco, a un emigrante che ha trovato accoglienza e prosperità nella sua terra adottiva. Questa metafora è il fulcro di una riflessione più grande sulla necessità di trattare le persone emigranti con lo stesso rispetto e accoglienza riservati a varietà uniche che vanno, oggi più che mai, tutelate.

Per coltivare bisogna pensare e agire in modo comunitario

Il lavoro del gruppo di produttori va oltre la mera coltivazione. Essi si definiscono attivisti, volontari e custodi del patrimonio agricolo, impegnati non solo a produrre cibo, ma anche a preservare e tramandare i semi di generazione in generazione. La loro missione è radicata nell’idea che, così come le piante sono vitali per l’uomo, l’uomo è altrettanto vitale per la sopravvivenza delle piante.

La sostenibilità è al centro della loro pratica agricola, con un’attenzione particolare alla rotazione delle colture. Questo approccio non solo garantisce un raccolto diversificato, ma assicura anche la disponibilità di prodotti durante tutto l’anno. Nel corso dell’anno precedente, il gruppo ha affrontato una sfida collettiva, producendo solo 80 chili di fagioli. La loro risposta è stata esemplare: decidere di condividere la modesta quantità tra tutti i membri del gruppo per garantirne la conservazione e la piantumazione nel ciclo successivo.

La solidarietà e la condivisione di esperienze sono valori fondamentali per questo gruppo di produttori, che fa parte della rete dei produttori di legumi di Slow Food. In occasione dell’evento Slow Beans tenutosi a Capannori il mese scorso, diversi produttori d’Italia si sono riuniti per condividere conoscenze e consolidare il proprio impegno verso la sostenibilità e l’agricoltura responsabile.

Il racconto di Vincenzo Egizio si conclude con una riflessione più ampia sul ruolo del cibo nella costruzione di comunità e nel rendere le persone migliori, sottolineando che il cibo non dovrebbe essere considerato solo come un mezzo economico, ma come parte di un progetto più profondo che coinvolge l’intera comunità. La sua visione abbraccia l’idea che il cibo è davvero di tutti quando la condivisione di conoscenze avviene per il bene di tutti gli esseri viventi, riconoscendo così la nostra interconnessione nell’ecosistema.

Fonte Slow Food

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