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Zuppa di cipolle: la ricetta classica e 3 famose varianti

La Cucina Italiana

Si fa presto a dire zuppa di cipolle. Ma a ben guardare le varianti per la ricetta a base di questo alimento dal sapore inconfondibile, ricco di proprietà benefiche e terapeutiche, sono davvero tante, sia per gli ingredienti che si possono utilizzare sia per i procedimenti da seguire. Proviamo ad entrare nel dettaglio scoprendo come preparare una zuppa di cipolle capace di soddisfare anche i palati più esigenti.

La ricetta classica

Di questo ortaggio, che fa bene al cuore e alle ossa, esistono tantissime varietà. Non tutte, naturalmente, sono adatte per preparare una calda zuppa di cipolle, ma molte vanno comunque più che bene per questa ricetta: dalla rossa di Tropea a quella di Cannara, dalla cipolla bianca di Brunate a quella di Certaldo, coltivata in Toscana e dalla forma tonda e la tinta viola. Per la preparazione classica basta tritare e far rosolare una costa di sedano e una carota. Poi si aggiungono le cipolle tagliate finemente e si fa insaporire il tutto, magari bagnando con un po’ di vino. Dopo aver fatto evaporare il vino, si aggiunge mezzo litro di brodo, si aggiusta di sale e si continua a cuocere a fuoco molto basso per circa un’ora. Alla fine, non resta che servire con una macinata di pepe, un po’ di olio a crudo e i classici crostini di pane.

Non solo Parmigiano Reggiano

Il formaggio è certamente uno degli ingredienti che meglio si abbinano alla zuppa di cipolle, e la insaporisce ulteriormente a fine preparazione. Il parmigiano reggiano grattugiato è senza ombra di dubbio il più indicato e il primo al quale tutti pensano quando si parla di zuppa di cipolle, ma non rappresenta l’unica possibilità. Il gruviera, ad esempio, col suo gusto dolce e il retrogusto di noce, accompagna senza stravolgere il sapore delle cipolle ed è certamente da provare. Per gli amanti dei sapori forti, invece, è consigliato il pecorino.

Zuppa di cipolle: 3 varianti

La zuppa di cipolle alla francese

Le varianti di questo piatto adatto ai mesi freddi riguardano anche la preparazione. La ricetta più nota, in questo caso, è quella della zuppa di cipolle alla francese, detta anche soup à l’oignon. Per prepararla si deve prima di tutto far sciogliere 50 grammi di burro in una casseruola, tritare finemente due chili di cipolle bianche o ramate e poi aggiungerle al burro, facendole stufare a fuoco lento per una ventina di minuti. Quando le cipolle diventano morbidissime, si aggiungono 30 grammi di farina e si mescola tutto per bene, in modo da evitare la formazione di grumi. Si sfuma con un poco di vino bianco, si aggiunge un litro di brodo, si aggiusta di pepe e sale e si lascia cuocere ancora per circa dieci minuti. In un contenitore da forno di grandi dimensioni si dispongono infine il pane a fette ricoperto di formaggio grattugiato e si versa sopra la zuppa, da cospargere con altro formaggio prima di infornare per meno di 10 minuti a 200 gradi.

Fave secche: come cucinarle senza errori e 3 facili ricette

La Cucina Italiana

Protagoniste di tante ricette tipiche diffuse soprattuto nel Sud Italia, le fave secche sono un ingrediente nutriente e prezioso. Meno utilizzate al Nord, dove si trovano prevalentemente fresche nella stagione di raccolta, al Sud si utilizzano moltissimo anche secche. Cucinare le fave secche non è difficile ma ci sono alcune cose da sapere prima di mettersi ai fornelli.

Come cucinare le fave secche

Si tratta di legumi secchi e come tali, prima di essere cucinati, necessitano di un ammollo di circa 12 ore durante il quale l’acqua va cambiata un paio di volte. Dopo l’ammollo è bene risciacquare per un’ultima volta le fave secche prima di cucinarle.
Quando cucinate le fave secche tenete presente che, dopo la cottura, il peso sarà poco più del doppio del prodotto crudo. Ad esempio 70 g di fave secche crude corrispondono a circa 170 g di fave cotte.

3 ricette con le fave secche

Purè di fave con cime di rapa

È proprio vero che le ricette più semplici talvolta sono le migliori. Il purè di fave secche con cime di rapa ne è un tipico esempio.

Ingredienti per 4 persone

  • 500 g di fave secche decorticate
  • 500 g di cime di rapa
  • 2 piccole patate
  • 1 spicchio di aglio
  • olio extra vergine di oliva qb
  • sale qb
  • peperoncino in polvere (facoltativo)

Procedimento

  1. Ammollate le fave in acqua fredda per una notte intera. Risciacquatele e mettetele all’interno di una pentola con acqua fredda (che deve superare la superficie delle fave di circa 5 cm), le patate sbucciate e tagliate a tocchetti mettono in una pentola con acqua, sale e le patate pulite e tagliate a tocchetti. Il livello dell’acqua deve superare la superficie delle fave di circa 4-5 cm.
  2. Dopo aver acceso il fornello a fiamma molto bassa, bisogna portare a bollore senza mai mescolare e rimuovendo con un cucchiaio l’eventuale schiuma che si forma in superficie. Per la cottura saranno necessarie una o due ore. Le fave saranno pronte quando saranno quasi sfaldate e avranno assorbito interamente l’acqua. Spegnete la fiamma e frullatele fino a ridurle in crema.
  3. Durante la cottura delle fave secche occupatevi delle cime di rapa. Pulitele eliminando i gambi più duri e lavatele sotto acqua corrente. Portate a bollore una pentola con acqua. Al bollore salate e scottatevi le cime di rapa per 8 minuti. Scolate bene quindi saltatele in padella con un filo di olio, lo spicchio di aglio e se vi piace un pizzico di peperoncino. Aggiustate di sale.
  4. Disponete il purè di fave secche nei singoli piatti, completate con le cime di rapa, un filo di olio extra vergine di oliva a crudo e servite accompagnando con crostoni di pane tostato.

Macco di fave

Il macco di fave è una ricetta tradizionale siciliana, un piatto semplice che vede come protagoniste le fave secche.

Ingredienti per 4 persone

  • 350 g di fave secche ammollate
  • 1 carota
  • 1 cipollotto
  • 1 spicchio di aglio
  • finocchietto selvatico
  • olio extra vergine di oliva
  • sale
  • pepe nero

Procedimento

  1. Mondate la carota e il cipollotto, tritateli finemente e fateli soffriggere all’interno di una casseruola con 4 cucchiai di olio extra vergine di oliva. Aggiungete anche l’aglio in camicia schiacciato e le fave risciacquate dall’acqua dell’ammollo.
  2. Fate insaporire per qualche minuto, coprite con acqua calda, aggiustate di sale, coprite con un coperchio e fate cuocere su fuoco basso per almeno un’ora o comunque fino a quando le fave inizieranno a disfarsi. Mescolate di frequente e aggiungete eventuale ulteriore acqua tiepida se durante la cottura la minestra dovesse asciugarsi troppo.
  3. Servite il macco di fave ben caldo e cremoso ultimando con una generosa macinata di pepe, finocchietto selvatico tritato e olio a crudo.

Fave fritte

Perfette per essere sgranocchiate durante l’aperitivo. Le fave fritte sono molto gustose e possono essere utilizzate anche per dare una nota croccante a tante ricette.

Ingredienti per 4 persone

  • 200 g di fave secche
  • 1 litro di olio di semi di arachidi
  • sale qb

Procedimento

  1. Risciacquate bene le fave secche, mettetele all’interno di ciotola, coprite con acqua fredda e lasciatele in ammollo per una notte. Risciacquatele bene, scolatele e asciugatele tamponandole con carta assorbente.
  2. Versate in una casseruola l’olio di semi e quando l’olio avrà raggiunto la temperatura di 160°C friggetevi le fave poche alla volta, fino a che saranno dorate.
  3. Recuperatele con una schiumarola e fatele scolare bene su un foglio di carta assorbente per fritti. Salate e servite.

La lepre in salmì della bisnonna Fanny: ricetta di famiglia

La lepre in salmì della bisnonna Fanny: ricetta di famiglia

Lepre in salmì, ma non solo. C’è una bella atmosfera quando si arriva a casa della signora Annapaola Zandomeneghi, vicino a Verona. «Ne ho imparate di ricette da voi». Da grande lettrice della nostra rivista, è così che ci accoglie e poi ci mostra la collezione con orgoglio (suo e, ve lo assicuro, anche nostro). Un giardino curato, un salotto immacolato, una bellissima tovaglia con tante firme: sono quelle delle persone che hanno mangiato a questo desco, che vengono poi ricamate, e fra poco ci sarà anche la mia. E poi c’è la lepre in salmì sul fuoco da una parte e la polenta dall’altra. La signora Annapaola non si scompone, anche perché con un passato di medico neurologo in ospedale ci vuole ben altro. La cucina è affollata, ci sono i figli Federico, che stappa una bottiglia di vino, ed Emanuela, che si dedica a sorvegliare il cibo, mentre sua figlia Adele, studentessa di medicina, sistema le torte appena tolte dal forno. Sono d’ispirazione dell’Alto Adige perché il padre Bruno è di Bolzano e le ha trasmesso l’arte della Linzer. Anche se oggi è la lepre la grande protagonista. «È una ricetta ricorrente in questa casa, che prepariamo quando siamo tra noi, non in giorni come Natale, per esempio, perché non è un piatto che si può mangiare in tante persone», spiega Emanuela, professoressa di psicologia in un’università milanese. «Mio padre Albino» continua, «aveva una nonna di nome Fanny che cucinava la lepre; lei ha trasmesso la ricetta a mia nonna Adele e poi a mia madre, che un giorno la darà a noi. Diciamo che sta scendendo lungo la genealogia delle donne della famiglia». Il profumo è ovunque in questa cucina. E la lepre richiede tanto lavoro, ma qui nessuno si spaventa. Ci stiamo per sedere a tavola, tutti insieme, come usa fare nel nostro bel Paese, giovani e meno giovani, con la ritualità che caratterizza il pasto all’italiana. La lepre è buonissima, con la giusta punta di acidità, la polenta morbida come si richiede a un piatto della tradizione che non cambierà mai. La signora Annapaola è felice di avere tutti riuniti intorno a sé. Grazie, signora, di avermi fatto sentire parte della famiglia.

Lepre della bisnonna Fanny, come si prepara

«Seziono una lepre perfettamente pulita in tocchetti da mezzo etto ciascuno. Li raccolgo in una capiente terrina, li copro a filo con acqua e un bicchiere di aceto e aggiungo una manciata di sale, qualche rametto di rosmarino e di salvia, grani di pepe e un po’ di cannella in stecca. Lascio marinare al fresco per dodici ore; alla fine sciacquo molto bene la lepre. Trito un etto di salame artigianale a grana grossa e un etto di lardo e li rosolo in un grande tegame di coccio con un filo di olio; quando il soffritto è pronto, unisco i tocchetti di lepre, li lascio insaporire e, non appena cominciano ad asciugarsi, aggiungo grani di pepe, pezzetti di cannella, qualche chiodo di garofano, noce moscata, una manciata di mandorle a pezzetti e una di uvetta. Bagno con un paio di bicchieri di brodo, copro con il coperchio e lascio cuocere dolcemente per un paio di ore, aggiungendo via via, se occorre, un po’ di brodo. Alla fine della cottura, quando la carne si staccherà facilmente dagli ossi, spolpo con molta cura la lepre, sfilaccio la carne e la rimetto nel tegame di coccio facendo attenzione che nel sugo rimasto non vi siano pezzettini di ossi; sfumo con un bicchiere di vino bianco; quando il vino è evaporato mescolo tutto con una spolverata di grana grattugiato. La lepre è pronta e la porto in tavola con la polenta gialla».

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