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Lido 84: come si mangia nell’ottavo ristorante migliore del mondo

Lido 84: come si mangia nell'ottavo ristorante migliore del mondo

Copenhagen, Lima, Barcellona, Madrid, Città del Messico… Sono le città che ospitano i migliori locali del pianeta, quelli scelti dai giurati della The World’s 50 Best Restaurants. Gardone Riviera – ridente cittadina di 2.500 abitanti in inverno , a metà della sponda bresciana del Garda – fa parte di questo gruppo, grazie a Lido 84, il ristorante dei fratelli Camanini

In cucina c’è Riccardo: a 19 anni era all’Albereta con Gualtiero Marchesi («il maestro che ha indirizzato la mia carriera» ricorda sempre) e l’educazione è proseguita tra Francia e Inghilterra, ma nessuno avrebbe pensato che l’ex-giovane bergamasco, uscito da quindici anni della vicinissima Villa Fiordaliso (stellato Michelin con specializzazione in banchetti), sarebbe diventato uno degli chef più noti al mondo. In sala, Giancarlo che per seguire il sogno del fratello ha mollato un posto sicuro come manager della Fondital di Vobarno: è diventato talmente bravo nel gestire la sala (e non solo) che nel 2017 è stato premiato dal Gambero Rosso come numero uno in Italia. Ci ha preso, visto che a fine 2014, Lido 84 – a pochi mesi dall’apertura – era già stella Michelin. Lo è ancora incredibilmente e vedremo a novembre se raddoppierà nella Revelation Star in Franciacorta: lo chiedono a gran voce – da almeno tre anni – gourmet, critici, colleghi.

Per la Michelin vale solo una Stella

E siamo al punto divertente (o grottesco, fate vobis): può l’ottavo ristorante sul pianeta non convincere la Guida delle Guide? Ebbene sì. Come è corretto discutere se sia corretta la collocazione scelta dalla The World’s 50 Best Restaurant che – restando entro i patri confini – lo mette davanti a tutti i Tre Stelle segnalati. Non è un esercizio di stile perchè lasciando da parte la straordinaria avventura imprenditoriale dei fratelli iseani (iniziata con sei collaboratori e le stoviglie del precedente locale) e il cosiddetto Metodo Camanini nella gestione del personale – mix di responsabilità sociale e crescita culturale – quello che conta è come si sta al Lido 84. Sempre pieno, va detto, e con un aumento esponenziale del pubblico straniero: non solo i mitteleuropei che sono gardesani ad honorem ma orientali, americani, inglesi, messicani…Effetto dell’ottavo posto che era quindicesimo nel 2021: a place to be per i gourmet del pianeta, che prendono la loro brava macchinina a noleggio da Linate o Orio al Serio per sedersi in riva al lago. In una sala di grande eleganza, in un terrazzo romantico o nella torretta, il massimo possibile. 

La forza dell’unicità

La cucina di Ricky Camanini? Meravigliosamente spiazzante, se prendiamo a riferimento il meglio della nostra ristorazione che tutti adoriamo. Nel senso che bisogna entrare in un pianeta lontanissimo dalle sicurezze da trattoria di lusso (Da Vittorio o Dal Pescatore), dalla sequenza di colpi ad effetto (Osteria Francescana e ultimamente anche Mauro Uliassi), da un filo logico legato al territorio o a una filosofia (Piazza Duomo, Reale, St. Hubertus), dalla sontuosità rinascimentale (Le Calandre) o dalla classicità in posti super-eleganti (Enrico Bartolini al Mudec, La Pergola, Enoteca Pinchiorri). Quindi c’è la forza delle diversità, anzi dell’unicità. Aggiungendo che non ci sente in una trattoria italiana ma neppure in un ristorante tradizionale, che a fianco di pochi specialisti della sala a servire escono i giovani (o giovanissimi) cuochi spesso stagionali o da pochi anni ai fornelli. Passa l’Italia intera al tavolo, pure questo fa riflettere: Gardone Riviera, nei mesi freddi, piace solo a quanti sono fissati con il lago. Eppure, non solo Lido 84 è quasi sempre aperto ma i ragazzi fanno la fila per venirci a lavorare. Certificazione di serietà e di fascino. 

I signature dish? Solo tre

Il piacere del Lido 84 è non trovare da una stagione all’altra – all’opposto di un mare di buoni, eccellenti locali che cambiano pochissimi – tanti piatti nuovi. Gli unici signature dish, che possono entrare su richiesta nel percorso, sono i Rigatoni cacio e pepe in vescica (cult internazionale), lo Spaghettone burro e lievito di birra (in carta nel 2016 al ristorante interno del MoMa di S. Francisco e considerato il top da Alain Ducasse: tanto per capire come lo vedono gli stranieri) e il Riso aglio nero e frutti rossi in omaggio allo scultore Stefano Bombardieri. 

I piatti finiscono nel menù che ironicamente si chiama Dalla Carta (110 euro) perchè si sanno quali arriveranno e nel celeberrimo Oscillazioni, mano libera a sette o nove portate (110 e 130 euro). Mai nome fu più azzeccato: a parte, l’essenzialità marchesiana (lo diciamo noi: tutti i figli per quanto riconoscenti al Maestro non diranno mai che spesso fanno come lui, 40 anni dopo), si gode perchè ogni portata ha grandissima personalità e non segue la tendenza. Semmai butta la provocazione che decine di cuochi seguono. 

Anna in Casa: ricette e non solo: Sbrisolona versione 3

Anna in Casa: ricette e non solo: Sbrisolona versione 3

Eccomi di nuovo.
Ritorno dopo quattro giorni in Austria e una settimana lontano da social e ricette, in attesa a metà settembre di andare finalmente al mare.

In questo periodo di pausa ho cucinato giusto lo stretto indispensabile, ma sabato ho avuto un ritorno di voglia di mettermi in cucina e in due ore ho preparato di tutto, dalla parmigiana alle focaccine, dal dolce di mele alla sbrisolona. Questa versione di sbrisolona è leggermente differente dalla solita che preparo, ho sostituito la farina fioretto, a cui mia figlia è intollerante, con un avanzo di farina di mandorle, così quando rientra dalle vacanze, trova un dolcetto ad aspettarla.

Ingredienti versione 3

200 g di burro semi morbido
200 g di zucchero semolato
350 g di farina 00
50 g di farina di farina di mandorle 
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
1 pizzico di sale
mandorle tagliate intere 
Vi metto anche gli ingredienti delle altre due versioni che preparo, così potete secgliere quella che più vi piace.

Sbrisolona versione 1

200 g di burro semi morbido
200 g di zucchero semolato
350 g di farina 00
50 g di farina di mais fioretto 
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
1 pizzico di sale
15 mandorle tagliate a pezzi ( ogni mandorla in 3-4 pezzi)

Ingredienti versione 2 ( di Elisa)
200 g di burro semi morbido
200 g di zucchero semolato
400 g di farina 00
1 pizzico di sale

Procedimento per entrambe le versioni

Scaldare il forno a 180° e imburrare o foderare con carta forno una teglia.
In una ciotola capiente versare tutti gli ingredienti (tranne le mandorle della versione 1) e lavorare l’impasto con le mani, amalgamando gli ingredienti come fossero briciole, senza impastarli o compattarli.
Quando le briciole di burro sono avvolte da farina e zucchero, sempre con le mani, versarle sulla teglia da forno, livellandolo delicatamente e senza pressare in modo che le briciole siano ben distribuite a formare un unico strato.
Nel caso stiate preparando la versione 1, a questo punto cospargete le mandorle sopra le briciole.

Per la versione 3 allineate le mandorle in modo da averne una su ogni quadretto di dolce.

Infornare la teglia per circa 20 minuti o comunque fino a quando la superficie è ben dorata.
A
torta pronta, sfornatela e subito tagliatela a quadretti di circa 4×4 cm.
Lasciate raffreddare completamente il dolce prima di servirlo.
I quadrotti di torta si conservano tranquillamente come i biscotti in contenitori ermetici o scatole di latta, lontano dall’umidità.

Perbellini, 10 modi per declinare il gusto (+1 a Trussardi alla Scala)

Perbellini, 10 modi per declinare il gusto (+1 a Trussardi alla Scala)

Giancarlo Perbellini è un cuoco che non ha proprio il tempo di annoiarsi. Non è il solo, ovviamente, considerando la complessità del lavoro. E non è neppure l’unico chef-imprenditore che gestisce (direttamente o con soci) più locali: viene facile pensare a Cerea e Alajmo (famiglie dai fatturati stratosferici), ad Antonino Cannavacciuolo (sempre più attento all’hotellerie) o a Enrico Bartolini, l’uomo delle (nove) Stelle Michelin. Ma c’è una differenza profonda: Perbellini non è ricchissimo, non ha alberghi ed è “solo” bistellato. In compenso, si occupa di una decina di realtà ristorative, diverse una dall’altra mentre i suoi bravissimi colleghi si limitano a due-tre format. «Tutto è nato dalla voglia di offrire esperienze diverse ai miei clienti, sempre lavorando con altre persone di fiducia perché la condivisione dei progetti resta fondamentale. In ogni locale, sono il maggiore azionista insieme a persone che gestiscono poi l’attività», spiega il cuoco veronese.

Il piacere della novità

Uno pensa che avere tutte queste situazioni differenti (fine dining, bistrot, osterie, ristoranti classici…) sia un problema, invece Perbellini smonta il teorema. O, meglio, spiega i pro e i contro. «Inutile ripetere che l’aspetto più complicato sia la ricerca delle risorse umane: il mondo è cambiato negli ultimi due anni e quindi mantenere un organico sulle cento persone richiede molto impegno. In compenso, niente è più divertente che studiare un nuovo locale: come avere un figlio che poi a un certo punto continui a seguire, ma viaggia sulle proprie gambe. Pensare a un menù e poi provare i piatti con la brigata è uno degli aspetti più stimolanti del mio lavoro: sono appena andato alla Locanda sul Garda e come sempre è stato divertente». Sempre sulle brigate, lo chef veronese cerca sempre di non perdere le professionalità, spostando su e giù per l’Italia i collaboratori. «Non si perde il know-how e aumenta il tasso di fedeltà al progetto», sottolinea.

La sfida del Trussardi

Quello che unisce le situazioni è la qualità e l’italianità della cucina. Sarà così anche nella nuova, attesissima avventura a Milano dove Perbellini ha già incontrato il successo con la Locanda in via della Moscova. Gestirà il Palazzo Trussardi in piazza della Scala: a pianoterra, il café (che sarà guidato dal resident chef Gianluca Rizzioli), sarà una sorta di cicchetteria con proposte salate che permetteranno di pranzare, cenare o fare l’aperitivo a tutte le ore del giorno. «Qui ci sarà anche la mia prima pasticceria a Milano con tre tipologie di brioche, 12 tipi di mignon, biscotteria e lievitati», racconta Perbellini. Il ristorante di fine dining – dall’ambiente moderno e sofisticato – sarà al primo piano, guidato dal resident chef Simone Tricarico. Impresa non facile, visto che dopo le varie stelle Michelin (due con Andrea Berton, una con Luigi Taglienti e Roberto Conti), il locale aveva perso quota ed è rimasto chiuso per due anni. Apertura in autunno, con un’idea molto chiara. «Voglio che le persone escano dicendo: “Sono stato  bene”, quindi serviremo piatti puliti e buoni. Italianissimi, ovviamente». Scontato, ma perfetto.

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