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Calamarata: la ricetta classica e gli errori da evitare

La Cucina Italiana

Si chiama calamarata uno dei primi a base di pesce di orgine campana più amati e famosi nel nostro paese e nel mondo. La ricetta è talmente facile che dovrebbe essere impossibile commettere errori, eppure qualcuno ogni tanto scappa.

Questo primo prende il nome dai due ingredienti che lo compongono: i calamari e la pasta che proprio per il suo particolare formato che ricorda gli anelli di calamaro si chiama “calamarata”. Si tratta di una ricetta partenopea ormai esportata in tutta Italia e anche all’estero, perfetta in estate, ma anche per tutto il resto dell’anno.

Calamarata classica, la ricetta

Ingredienti per 4 persone

400 g pasta tipo calamarata (o mezzi paccheri) 
600g calamari 
350 g pomodorini freschi 
1 cucchiaio di concentrato di pomodoro 
1/2 bicchiere di vino bianco 
1 spicchio d’aglio 
peperoncino fresco 
1 ciuffo di prezzemolo 
sale – pepe – olio evo q.b.

Procedimento

Per prima cosa bisogna pulire i calamari staccando la testa e i tentacoli e togliendo la cartillagine intera e le interiora. Con le mani poi eliminate la pelle esterna e lavate bene tutto. Se non siete capaci di pulire i calamari o non avete tempo, lasciatelo fare al vostro pescivendolo di fiducia.

Tagliate i calamari ad anelli grandi quanto la pasta e tritate al coltello la testa e i tentacoli. Intanto in una padella soffriggete uno spicchio di aglio tritato (o intero), unite anche il peperoncino fresco e poi i calamari e lasciate cuocere per qualche minuto sfumando con del vino bianco

Aggiungete poi i pomodorini tagliati a spicchi e il concentrato di pomodoro e proseguite la cottura per altri 10 minuti a fuoco lento. 

Le erbe officinali di Caterina nascono sugli Appennini

La Cucina Italiana

«Oggi abbiamo raccolto borragine, dragoncello e otto chili di fiori di tiglio da essiccare». Caterina Ravaglia va una volta alla settimana al Giardino delle Erbe di Casola Valsenio per imparare come coltivare le erbe officinali, prodotto principale della sua azienda agricola. A ventisette anni, di cui undici passati sulle passerelle delle fashion week di Parigi, Londra, New York, ha più o meno deciso cosa farà da grande: l’imprenditrice agricola, oltre a firmare un marchio di accessori fatti con artigiani toscani (@katecatemilano). Mentre finisce di ristrutturare il casale a Marradi, sull’Appennino tosco‐emiliano, ha preso la patente per guidare il trattore e ha appena finito il corso di tecnico agrario alla Fondazione Minoprio, nel Comasco. Per Caterina il rapporto con il territorio è cruciale: «Questo angolo di Mugello è molto selvaggio, e ci abita una piccola comunità che ha scelto di stare lontano dal cemento e dalla città. Nessuno conosce Marradi a parte i pasticcieri per i marroni Igp. Anche quelli di Marchesi a Milano arrivano dai nostri castagneti secolari». 

E continua: «Quando ho deciso di mettere a produzione i terreni, mi sono guardata intorno per capire cosa e come funziona qui. Non si può turbare l’ambiente né l’economia di un posto. Nei dintorni ci sono diverse aziende di oli essenziali, così ho optato per coltivare le erbe officinali come lavanda, rosmarino, elicriso, che, a settecento metri di altitudine, crescono bene senza fertilizzanti né irrigazione». Ma sta già pensando di ampliare all’echinacea e al vetiver, che in Toscana ha una tradizione centenaria. Viene spontaneo chiederle se ha un orto. «No» risponde, «quando sono qui voglio pulire il bosco, curare le mie piante e le mie arnie (ne ha dieci); se ho bisogno di verdure buone, le compro dal contadino che vive accanto con la moglie e un cavallo. È una piccola comunità, ognuno ha il suo ruolo».

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