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Un’irresistibile marmellata di more di gelso

Un'irresistibile marmellata di more di gelso

Deliziosa come i frutti, la marmellata di more di gelso si gusta semplicemente su una fetta biscottata, ma si può usare anche per crostate, cheesecake e per accompagnare formaggi

Se li conoscete sapete già che sono irresistibili, che una volta assaggiati non si può più fare a meno di questi frutti dolcissimi più golosi ancora delle ciliegie. Stiamo parlando delle more di gelsi, una delizia che si trova da maggio ad agosto e che si può utilizzare in moltissimi modi in cucina, dai risotti, alle insalate al tiramisù, e poi per preparare deliziose marmellate. 

Origine delle piante da gelso

Appartengono alla famiglie delle Moracee e sono originarie dell’Asia, dove si utilizzavano per la pratica della bachicoltura. Le tipologie più diffuse del gelso sono la bianca e la nera, con i frutti dei rispettivi colori. Meno frequente è il gelso rosso, più diffuso in nord America. Si tratta di piante dall’ampia chioma, maestose, che da noi crescono soprattutto nelle regioni meridionali. I loro frutti sono ricchi di proprietà benefiche per l’organismo perché contengono un elevato contenuto di ferro e potassio, di manganese e magnesio, oltre alle vitamine C, K e del gruppo B. Sono poi una fonte importanti di polifenoli, antiossidanti utili per la prevenzione delle malattie dell’invecchiamento cellulare, delle malattie degenerative del sistema nervoso, del diabete e dei tumori. Ecco allora come preparare con le more di gelso una marmellata buona in tutti i sensi!

Come fare la marmellata di more di gelso

Ingredienti

1 kg gelsi neri, il succo di un limone, 400 g zucchero di canna, 1/2 mela rossa con la buccia.

Procedimento

Mettete in una pentola i gelsi puliti e tagliati a metà, lo zucchero, il succo di limone con le scorze e la mela tagliata a pezzetti. Lasciate in frigorifero per due-tre ore. Trascorso questo tempo, levate le scorze di limone e mettete la pentola sul fuoco, mescolando. Dopo 30 minuti frullate tutto con un mixer a immersione e rimettete sul fuoco. Fate cuocere ancora sino a che la marmellata non sia diventata della consistenza giusta. Versate poi la marmellata in vasetti che avrete precedentemente sterilizzato e che dovrete far bollire in acqua per circa 10 minuti. Toglieteli poi dall’acqua e capovolgeteli ancora caldi, per formare il sottovuoto. La vostra marmellata è pronta!

Nel tutorial trovate qualche consiglio in più per preparare e gustare la marmellata di more di gelso

Costoletta e milanese al cubo: Davide Oldani gioca ancora con la storia. La ricetta

Costoletta e milanese al cubo: Davide Oldani gioca ancora con la storia. La ricetta

Il suo maestro Marchesi la scompose a cubetti una ventina di anni fa, lo chef del D’O ha deciso di andare oltre: ecco la sua visione, di grande tecnica e classe. Naturalmente buonissima

«Non sono mai stato un cuoco che si agita, ma quando arrivava la comanda per una costoletta andavo in panico. E quando meno me l’aspettavo, spuntava lui dietro a controllare… Per il signor Marchesi era un grandissimo piatto: selezionava personalmente il carrè di vitello prima che spennellassi sulla carne grasso di rognone, sciolto in acqua, per una perfetta frollatura. Era un rito, emozionante se ci penso. E pretendeva venisse servita perfetta».
Davide Oldani fa capire quanto la preparazione della milanese rappresentasse (e rappresenti) tuttora un impegno serissimo e un punto di orgoglio per un cuoco, tanto più del territorio come lui. Nel suo caso c’è un motivo in più: da grandissimo allievo del Maestro non si dimentica che per lui era una magnifica ossessione. «È l’unico piatto che ho imparato da mio padre: amo moltissimo la costoletta, ma avrei voluto inventarla io»diceva ai suoi ragazzi.

Milano nel piatto

Non l’ha inventata, ma sicuramente l’ha re-inventata con la Costoletta 2000, creata nel 1991. Un gioiello marchesiano: tecnicamente lucido – la cottura su ogni lato del cubo, alto quanto l’osso, evita il distacco della crosta e sfrutta l’intero pezzo di carne – ed esteticamente gradevole. E nessuno prima di lui aveva pensato a questo piatto godibile senza coltello. Oldani, nel 2018, ha ripreso il concetto dei cubi nella Milano nel piatto. L’unione di tre classici della tradizione ambrosiana: risotto giallo, ossobuco e costoletta. Che per la cronaca è anche l’ordine delle preferenze personali del cuoco di Cornaredo. Il terzo elemento della preparazione era rappresentato dal filetto di vitello che veniva tagliato a cubi, cotto a bassa temperatura per 22-24 minuti a 75°, quindi arrostito. «Però lui impanava i cubi, io no», ricorda. «Il pangrattato entra solo alla fine, è saltato a parte, poi aggiunto sopra a ogni singolo pezzo per dare la nota croccante che s’accompagna alla grande morbidezza del filetto, ottenuta dalla cottura sottovuoto »

Intuizione geniale

Il lockdown ha portato al pensiero definitivo della versione attuale, che peraltro era nella mente oldaniana da un paio di anni. Si chiama Costoletta e milanese a cubi, fa parte del degustazione Essenza e lascia sorpresi: i cubi di vitello sono affiancati da un numero identico di dadi vuoti con la panatura mentre l’osso è diventato una mousse stampata a costoletta. La salsa versata al tavolo disegna il profilo di una costoletta intera e circonda i vari elementi. Prima di regalarvi la ricetta per quattro persone (originale e buonissima), ci piace richiamare il commento di Fiammetta Fadda sul piatto, in uno dei servizi del numero di agosto di La Cucina Italiana, diretto eccezionalmente proprio da Davide Oldani. «Il bravo cuoco è uno che sa fare (anche) i conti. Il cuoco bravissimo sa trasformare le considerazioni economiche in intuizioni geniali. Il punto era: la costola ricavata dal carrè pesa mezzo chilo, troppo per una persona. Ma divisa in due, la parte senza osso non si può considerare costoletta. Marchesi aveva risolto l’impasse facendola a cubi panati e fritti. Oldani ci ha pensato su ed è andato oltre». Dall’alto, sicuramente, Gualtiero avrà prima scosso la testa, sorridendo, e poi commentato «Bravo, ragazzo».

Costoletta e milanese a cubi

Per il filetto

Unire 300 grammi di filetto di vitello  a 100 grammi di burro chiarificato e aromatizzato al limone, rosmarino e sale. Cuocere per 50 minuti, sottovuoto a 52 gradi. Tagliarlo in cubi il più possibile regolari e arrostire.

Per l’impanatura

Impastare 200 grammi di farina con due uova intere, stendere sottile la pasta e arrotolarla su uno stampo a forma di parallepipedo. Fare essiccare e tagliarla in pezzi da 1,5 cm circa di altezza. Impanare con farina, uova, pan grattato e friggere in burro chiarificato.

Per l’osso

Unire 200 grammi di lombo di vitello a 100 grammi di midollo e sale. Cuocere a 65 gradi. Fare raffreddare, frullare, setacciare e stendere nello stampo a forma di osso.

Impiattamento

Porre i cubi e le impanature, nello stesso numero, all’interno del piatto con la costoletta sul bordo. Terminare versando del fondo di vitello profumato al limone e rosmarino. Guarnire con qualche foglio di germogli.

I 5 migliori ristoranti sul mare del Gargano

I 5 migliori ristoranti sul mare del Gargano

In spiaggia o sulle rocce, su un trabucco o su romantico molo in mezzo alle barche, da Vieste a Peschici non mancano gli scorci perfetti per un aperitivo o una cena con tramonto sul mare

La foto Instagram perfetta? Quella di un buon piatto di pesce e come sfondo un tramonto sul mare. Chi ha frequentato il Gargano, fra Vieste e Peschici, sa che questo è possibile in molti posti, per due motivi: qui la cucina è prevalentemente di pesce e gli scorci sono sempre mozzafiato. La combinazione del blu del mare, del rosso dei tramonti, del bianco della roccia che si tinge anch’esso di arancione quando cala il sole e del verde della macchia mediterranea è una caratteristica unica del Gargano. E poi le spiagge, lunghe, di sabbia finissima dalla tinta chiara (pantone sabbia, appunto) che culminano magari con un trabucco in punta. Ed ecco che la magia dei panorami che hanno fatto innamorare poeti e cantanti si realizza e diventa anche una parentesi gustosa, se ci si affida alle sapienti mani di chi sa lavorare il pesce da vero conoscitore della materia.

Il Trabucco di Mimì (Peschici)

Cominciamo da Peschici, dove non si può non andare al Trabucco da Mimì almeno per un aperitivo. Al tramonto, l’ora giusta per concedersi un bicchiere di champagne o, ancor meglio, di spumante locale, come l’ottimo brut di D’Araprì di San Severo, accompagnato da un crudo di pesce, immancabile in Puglia. Prenotazione d’obbligo, anche con un certo anticipo, ma vale la pena per non rischiare di perdersi lo spettacolo di questo tramonto, fra i più belli del Gargano. I trabucchi sono delle antiche macchine da pesca e quello di Mimì è ancora operativo, anche se difficilmente riesce a coprire il fabbisogno del ristorante, almeno nel mese di agosto. Per quello affidatevi comunque alla carta e chiedete magari se c’è qualche fuori menu.

Camavitè (Peschici)

Qualche chilometro più avanti, sulla strada litoranea che porta a Vieste, c’è un locale che ha di recente conquistato fama e apprezzamento di popolazione e turisti. È il Camavitè, con la sua posizione arrampicata sulla falesia, perfetta per ammirare la magnificenza del Gargano e vivere un’esperienza davvero immersiva. Anche qui si può scegliere se fermarsi per un aperitivo (si segnalano anche buoni cocktail) o una sosta più lunga a pranzo o a cena. E anche qui è d’obbligo arrivare in tempo almeno una volta per godersi il tramonto, che è un quid in più che riempie gli occhi. La pancia intanto si riempie di piatti rigorosamente a base di pesce locale, cucinati con maestria e con qualche tocco di creatività, che non guasta affatto.

Il Capriccio (Vieste)

Il più creativo, in zona è lo chef Leonardo Vescera, ormai presenza fissa da diversi anni sul molo di Vieste. Si mangia in mezzo alle barche, con lo sciabordio delle onde che riempie dolcemente le orecchie. Si può arrivare all’ora dell’aperitivo per il tramonto, che in questo caso è dietro la montagna, ma ugualmente suggestivo, oppure si può arrivare un po’ più tardi e vedere il paese alle spalle che inizia a illuminarsi. I piatti di Vescera sono una certezza nel panorama garganico, la mano è di chi ha esperienza e conosce bene la ricchezza dei prodotti del mare, non senza una riconoscibilità che ha fatto di alcuni piatti i suoi cavalli di battaglia.

Panini di mare (Vieste)

Più semplice, ma ugualmente gustosa, la proposta di Panini di mare, un locale sulla spiaggia che prende le mosse dal Trabucco di Mimì, rielaborandone i principi in chiave moderna. Si mangia sempre a base di pesce e il cavallo di battaglia sono appunto i panini di mare, come suggerisce il nome. Siamo in piena Spiaggialunga, sempre territorio viestano, alle spalle di quello che è un campeggio in piena regola. Delle paratie trasparenti consentono di godersi finché è giorno la vista sulla spiaggia. Qui si può mangiare a pranzo, a cena e fare l’aperitivo con contorno di mare garantito.

Eden (Peschici)

Torniamo un momento a Peschici per un altro spot con i piedi praticamente in mare, sempre sulla spiaggia. Arrivando al tramonto, si ammira dal basso il sole che va a riposarsi nell’acqua del mare, con barche in primo piano, perché siamo davanti al molo di Peschici, che è più che altro una rada dove vanno a riposare le barche. L’aperitivo, magari con le ostriche o una fritturina di pesce come accompagnamento, apre lo stomaco al vero cavallo di battaglia del locale, la grigliata, ovviamente di pesce. E da bonus, visto che nel programma 4 Ristoranti è stata proprio questa che ha meritato i 5 punti assegnati da Borghese.

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