Tag: ricette per cucinare

I dolci estivi in 50 ricette da sogno

I dolci estivi in 50 ricette da sogno

Mousse, crostate, semifreddi, torte morbide, gelati… I dolci ci piacciono anche in estate. Eccoli in 50 idee da provare

Il caldo feroce fa sì che il nostro corpo chieda qualche zucchero in più. E la natura in estate è così generosa che sarebbe un vero peccato non gustarla appieno del suo splendore: fragole, ciliegie, albicocche, pesche, anguria, fichi e altre prelibatezze zuccherine richiamano alla preparazione di dolci freschi e golosi, capaci di racchiudere la gioia della bella stagione in ogni boccone.

Dolci al cucchiaio, da servire a fette o in monoporzione, queste ricette sapranno chiudere con gioia ogni pranzo o cena d’estate, così come essere serviti come spuntino, merenda o addirittura colazione, perché la giornata inizi bene, anche sotto al sole!

Dolci
Éclair alla ricotta con salsa di fragole.

E allora preparatevi a gustare mousse di ciliegie e crema di banana all’olio di oliva, guazzetto di pesche al pepe rosa, budino tricolore ai lamponi e fragole, strudel alle ciliegie, biscottini al lime, torta di nespole, mattonella con frutta al caramello, margherita con crema al lime, gaufre di Bruxelles, cupolette alla crema di amaretto, biscotto al cioccolato con gelato di cocco, torta al cioccolato, peperoncino e frutti rossi, anguria e lamponi con gelato allo yogurt, fiadone, zuppetta di albicocche con fragole e croccante di sesamo, focaccia brioche alle prugne, crostata di frangipane e frutta, sorbetto di pesca con lamponi, sorbetto di melone e zenzero, frozen Irish Coffee, gelatina di mango e frutta fresca, tartare di pesche miste e yogurt alla menta, sorbetto di lamponi e pomodoro, coppa di more, caprino fresco e confettura di rose, caramelle di cedro, dolce di pane nero e crema di formaggio, tartellette mignon ai fichi e noci, omelette dolce con frutta fresca, sfoglia con fichi al tabacco, gelato all’amaretto e susine al vino, granita al caffè, ravioli di fragoline con sorbetto di uva, eclair alla ricotta con salsa di fragole, crespella con lamponi, yogurt e miele, torta soffice al cacao con crema di fragole, tartufi con ciliegie sotto spirito, gelato mou, salsa di fragole e lingue di gatto al sesamo, torta al farro con frangipane e fragole, crostata meringata con crema di fragole, cake di carote e albicocche, ghiacciolini di frutta mista, torta lattementa e cioccolato, budino di mirtilli, stecco di gelato ai mirtilli e zenzero, dolce soffice con prugne al caramello, cheesecake di amaretti e nespole, crostatine al cacao con albicocche alla liquirizia, caprese alle ciliegie con gelato di burrata, spuma di yogurt con frutti rossi e grissini dolci, torta di farina saracena e semifreddo di more e yogurt con croccante.

I nostri 50 dolci per l’estate

Ricerche frequenti:

In Veneto tra le Ville del Palladio che ispirarono la Casa Bianca

In Veneto tra le Ville del Palladio che ispirarono la Casa Bianca

La più famosa è La Rotonda, ma tante sono le ville nobiliari che meritano una visita tra Padova e Vicenza. Da girare anche pedalando tra i vigneti

Sono tante, una più bella dell’altra e si fa davvero fatica a scegliere quale visitare. Parliamo delle Ville Palladiane del Veneto, patrimonio Unesco dal 1996, e tra i tesori più o meno nascosti del nostro Paese. La mano – o per meglio dire la testa – che le ha progettate nella maggior parte dei casi è la stessa (Palladio appunto), l’epoca in cui sono state costruite anche, eppure queste dimore sono molto diverse tra di loro, e risultano ognuna unica e speciale a modo suo.

Ci troviamo a pochi chilometri da Venezia, in un fortunato (tri)angolo di campagna padana tra Vicenza, Padova e Treviso, dove vigne e terra fanno l’amore per regalare al mondo il loro vino migliore. Qui, in un periodo di pace e di grande ricchezza (per alcuni), i nobili veneti del Rinascimento fecero edificare dimore di rappresentanza, presso cui sovrintendere al lavoro estivo nei campi. Colui che per primo ebbe il guizzo fu Andrea Palladio (Padova, 1508 – Maser, 1580), architetto ufficiale della Serenissima, a cui si deve l’invenzione della villa aperta come la conosciamo oggi. «Nel ‘500 non c’erano più le guerre che avevano caratterizzato il tempo precedente, il castello per difendersi non serviva più e la villa dava proprio l’idea di una struttura aperta al mondo e perfettamente integrata nel contesto naturalistico e paesaggistico circostante», spiega Tiziana Spinelli, segretaria della Fondazione La Rotonda, cui fa capo una delle ville più famose.

Villa La Rotonda

Venne eretta tra il 1560 e il 1565 e in realtà non si chiama così, bensì Villa Almerico Capra, come il cognome dei suoi primi proprietari: Paolo Almerico, il fondatore, e i marchesi Capra, a cui il figlio di Almerico vendette tutto dopo aver sperperato l’intero patrimonio di famiglia. L’appellativo più famoso lo deve alla forma circolare della cupola (e non solo di quella), che richiama chiaramente il Pantheon di Roma, di cui imita anche il buco alla sommità, ma anche il colle di San Sebastiano che la sovrasta. Tutto, per Palladio, doveva essere infatti armonioso e conforme alle regole e alla geometria, proprio come lo era stato per i greci e per i romani, da cui riprese anche le colonne e i timpani degli antichi templi. A sua volta, però, anche Palladio fu ripreso, addirittura esportato: la Casa Bianca con il lungo colonnato è ispirata proprio alle sue ville, così come il Campidoglio, sede del Congresso americano, che evoca le linee di La Rotonda. Fu il terzo presidente degli Stati Uniti Thomas Jefferson a prendere spunto dal Palladio per dare (anche) alla sua nazione una connotazione artistica, bella e culturale.

Oggi Villa La Rotonda appartiene ai conti Valmarana, che ogni tanto – beati! – trascorrono a palazzo i weekend. Curiosità: proprio come nel Rinascimento quando la villa era solo una dimora di rappresentanza, a La Rotonda il mobilio si scopre a metà marzo, «e a metà novembre si ricopre», racconta Tiziana Spinelli. Tra marzo e novembre, la struttura è aperta al pubblico tutti i venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18, e solo le visite guidate sono da prenotare.

Villa Valmarana “ai Nani”

È vicinissima a La Rotonda, ci si arriva attraversando la strada in pochi metri. Come suggerisce già il nome, anche questa appartiene ai conti Vismara e prende l’appellativo ai Nani per via delle statue di nani poste sul suo muro di cinta. Risale al Diciassettesimo secolo ed è opera dell’architetto Francesco Muttoni. Si narra che la figlia degli antichi proprietari, Layana, fosse nata piccolina e loro, per non farla sentire inferiore, decisero di costruirle attorno un mondo altrettanto piccolo, fatto di servitori ad altezza contenuta, barchesse mignon (ossia gli ambienti di servizio tipici di queste ville) e, appunto, nani di pietra. La storia fin qui è molto tenera, poi cambia registro e si trasforma in tragedia: la piccola s’innamora di un ragazzo alto, scopre che il mondo non è piccolo come lei e si toglie la vita. Sigh.

La Villa è formata da tre edifici – palazzina (1669), foresteria e scuderia (1720) – situati in un grande parco con giardino all’italiana e costruito in maniera perfettamente simmetrica. Qui, l’elemento di maggiore interesse è dato dagli affreschi di Giambattista e Giandomenico Tiepolo, chiamati nel 1757 dal proprietario Giustino Valmarana a decorare la palazzina e la foresteria. Villa Valmarana si può visitare tutte le domeniche alle 10:30 e alle 11:30 e, in questo caso, si consiglia di prenotare.

La Malcontenta

Torniamo a Palladio, che la progettò nel 1559, e ci troviamo a Mira, in provincia di Venezia. A rendere speciale questa villa, di proprietà dei Foscari di Venezia (che ne sono ancora oggi i custodi), è soprattutto il contesto naturale in cui si trova, proprio sulle rive del Naviglio del Brenta, che da Palladio fu perfettamente inglobato nella sua architettura. Prima di entrare, bisogna lasciare l’auto nel parcheggio del paese perché qui si arriva rigorosamente a piedi.

Una leggenda narra che la villa debba il soprannome di Malcontenta a una dama misteriosa di casa Foscari, che visse qui da sola per trenta lunghi anni, ma non venne mai vista uscire né affacciarsi dalle finestre. Più prosaicamente, è possibile che il nome derivi dall’espressione Brenta mal contenuta, dato che il fiume straripava spesso.

La villa è aperta tutti i fine settimana dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.30.

Tour in e-bike

Se oltre a visitare queste ville meravigliose desiderate perdervi – per modo di dire – tra stradine e filari, perlopiù ciclabili e pianeggianti, prenotate un’e-bike presso l’agenzia Palladian Routes: ogni bici – ce ne sono a disposizione 120 – è dotata di un Gps integrato che vi guiderà lungo le tappe principali del vostro tour palladiano. A voi non resterà solo che pedalare.

Per dormire

Non sarà stata disegnata dal Palladio, ma è comunque una villa ricca di fascino e storia. Circondata dal verde, è vicina alle uscite dell’autostrada Vicenza Est e Vicenza Ovest ed è un ottima base per tour palladiani, ciclabili ed enogastronomici: La Locanda degli Ulivi, dimora storica del Settecento, ha soltanto 10 camere, e offre un’ospitalità autentica. Oltre che una bella vista sul lago di Fimon.

Addio a Mario, il barista delle canzoni di Ligabue

Addio a Mario, il barista delle canzoni di Ligabue

È morto a 80 anni: era il gestore dello storico Bar Mario di San Martino in Rio, dove il cantautore emiliano si ritrovava con la sua band agli inizi della carriera

Ligabue lo aveva cantato in diversi suoi successi: Bar Mario del 1988 («Mario dà un colpo di straccio al banco del bar… Mario sputa e tira fuori i conti del bar… Mario manda tutti a nanna e poi chiude il bar»), e Certe notti («Ci vediamo da Mario, prima o poi») del 1995. Ma anche in Walter il mago e I duri hanno due cuori. Mario Zanni era il gestore dello storico Bar Mario di San Martino in Rio, vicino a Correggio, in provincia di Reggio Emilia.

È morto a 80 anni e il cantautore emiliano lo ha voluto ricordare sui suoi social con parole di affetto: “Ciao Marietto. Grazie. Ora riposati», e con un video in cui Mario Zanni, mostrando la carta d’identità, dice: «Io sono Mario, questo è il mio bar, ed è una balla che Ligabue diceva che il bar Mario non esiste, che erano tutte fantasie, è 10 anni che sono qui e il signor Ligabue veniva qui quando si metteva con quei ragazzi a fare ‘sto complesso».

Anche il fan club ufficiale di Ligabue – che si chiama barMario, appunto – prende il nome dallo storico locale, che ancora oggi, nonostante la gestione non fosse più affidata a Mario Zanni, rimane una tappa fissa dei supporter del rocker emiliano. Sì, perché, come racconta “Il Resto del Carlino”, agli inizi della carriera il Bar Mario era il punto di ritrovo della band di Ligabue, gli Orazero, dopo le prove in una vicina ex stalla, a Lemizzone. Allora, il cantante faceva ancora il ragioniere in una ditta e il suo gruppo, che sognava di diventare famoso, tirava tardi nel bar.

Lo raccontava Mario stesso: «Luciano? Non beveva alcolici, solo Coca Cola. Veniva a fine prove con la fidanzata dell’epoca. C’era anche Claudio Maioli, che sarebbe diventato il suo manager. Siamo molto simili noi due: carattere semplice, buono, disponibile. Per questo andiamo d’accordo». E ancora: «Luciano e gli altri suonavano in una stalla vicina. Così non disturbavano. Quando finivano di provare, verso mezzanotte, venivano al bar. Io preparavo gnocchi fritti e tenevo le bevande in fresco. Si tirava fino alle due. Poi davo l’ormai celebre colpo di straccio al banco e mandavo tutti a letto».

Il personaggio di Mario compare anche nel primo film di Ligabue, Radiofreccia, uscito nel 1998: il barista, che nella pellicola si chiamava Adolfo, era interpretato da Francesco Guccini.

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