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Artisti del Panettone 2023: ecco i vincitori

La Cucina Italiana

Assaggiare 18 panettoni tradizionali dei più importanti pasticceri italiani per decretare un vincitore. È praticamente un sogno quello che ho vissuto ad Artisti del Panettone 2023, in veste di giurata per La Cucina Italiana insieme ad altri 11 esperti del settore. Presidente di giuria di questa edizione del concorso – organizzato con la collaborazione di Confcommercio Milano – Sal De Riso, eccellenza non solo della Costiera Amalfitana ma dell’Italia tutta, oltre che presidente AMPI.

I 18 concorrenti di Artisti del panettone 2023

La formazione 2023 degli Artisti del Panettone, guidata dal capitano Maestro De Riso, vincitore della passata edizione, è composta da: Andrea Besuschio, Luigi Biasetto, Francesco Borioli, Lucca Cantarin, Roberto Cantolacqua, Diego Crosara, Sandro Ferretti, Salvatore Gabbiano, Santi Palazzolo, Giuseppe Pepe, Mattia Premoli, Giovanni Ricciardella, Roberto Rinaldini, Paolo Sacchetti, Vincenzo Tiri, Andrea Tortora, Carmen Vecchione e Andrea Zino.

Come sono stati valutati i panettoni?

La valutazione si è svolta a porte chiuse a Palazzo Castiglioni a Milano, sede di Confcommercio Milano. In questo trionfo di 18 panettoni da valutare, importantissimo è che i prodotti presentati rappresentassero queste caratteristiche: ogni panettone artigianale doveva essere prodotto nell’assoluto rispetto del disciplinare di legge (Decreto 22 luglio 2005 Disciplina della produzione e della vendita di taluni prodotti dolciari da forno. G.U. n. 177 del 1.8.2005).
Alla competizione erano ammessi esclusivamente panettoni tradizionali milanesi realizzati con pasta madre viva, senza glassa, con uvetta e canditi di cedro e arancio. Niente aromi di sintesi, niente semilavorati (compreso il lievito secco) e conservanti, mono e digliceridi degli acidi grassi: non sono ammessi.

I parametri di valutazione sono stati:
VISTA 20%
OLFATTO 20%
GUSTO 60%.

Chi ha vinto Artisti del panettone 2023?

Chef Alessandro Borghese ha consegnato a Diego Crosara il primo premio di Artisti del Panettone 2023. Al secondo e terzo posto – con pochissimi punti di differenza – rispettivamente Mattia Premoli e Andrea Tortora.

Chi è Diego Crosara

Diego Crosara nasce nel 1965 a Valdagno, città del tessile in provincia di Vicenza. Pasticcere a tutto tondo e devoto all’arte bianca, Crosara è stato l’anima di una sua pasticceria chiamata “Al Portego”. Curiosità e passione lo portano a mettersi alla prova con successo, ottenendo riconoscimenti internazionali. La sua precisione, sommata all’estro lavorativo, gli valgono l’appellativo di “pasticcere d’acciaio dallo spirito innovativo”. Dal 2018 Diego Crosara è nominato Pastry Creator Director per Marchesi 1824, storico brand milanese appartenente al Gruppo Prada creando nuove collezioni di pasticceria, cioccolateria e gelateria nel pieno rispetto dei principi di qualità ed eccellenza che identificano Marchesi 1824 da quasi due secoli. Nella sua pasticceria la fantasia è al potere, ma segue una ben precisa logica accostando gusti e consistenze contrastanti, il morbido con il croccante, il dolce con il salato, l’acido con l’amaro, il caldo con il freddo. Rincorre da sempre un’idea di pasticceria contemporanea applicata al mondo della ristorazione, delle vere e proprie sperimentazioni tra classico e moderno che emozionino gli altri.

SCIM 2023. La cucina dell’anima, un articolo sul valore del cibo per gli emigrati italiani

La Cucina Italiana

In occasione della SCIM 2023 – Settimana della Cucina Italiana nel mondo, eccoci a un nuovo capitolo sulla storia della cucina dell’emigrazione, presentata nel progetto de La Cucina Italiana I Racconti delle Radici,in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.  Questa volta vi presentiamo l’articolo di Elisabetta Moro, professore ordinario di Antropologia culturale all’Università di Napoli Suor Orsola Benincasa, titolare presso l’Università di Napoli Federico II dell’insegnamento di Storia della gastronomia dei paesi del Mediterraneo, membro dell’Assemblea della Commissione Nazionale Italiana Unesco e direttore del Museo virtuale della Dieta Mediterranea. Moro esamina il legame profondo con la propria “cucina materna”, instaurando un efficace parallelismo con il linguaggio: come esiste una lingua materna, infatti, così anche una alimentazione, una cucina, una gastronomia che parla il linguaggio dell’anima. Ecco di seguito l’articolo e, poi, una ricetta tratta dal volume realizzato per la SCIM 2023, I Racconti delle Radici. 

I colori dell’Italianità – di Elisabetta Moro

«L’uomo è ciò che mangia» ha detto il filosofo Ludwig Feuerbach. Ma quando l’uomo emigra, allora il mangiare diventa la sua casa dell’anima. Le ricette le sue orazioni. I sapori la sua memoria. E la tavola domenicale la linfa che alimenta il suo albero genealogico, riportandolo nel profondo delle radici, ma anche proiettandolo con nuovi rami verso il futuro. Perché il rapporto che gli uomini hanno con l’alimentazione è analogo al rapporto che hanno con il linguaggio. Cibo e parola sono naturali e culturali insieme, e obbediscono a regole parzialmente inconsce apprese addirittura nel periodo prenatale. C’è chi parla in proposito di «alimentazione materna» proprio come si parla di «lingua materna». Perché le prime esperienze alimentari, proprio come quelle linguistiche, lasciano tracce indelebili. E diventano ancora più evidenti nei piatti degli italiani all’estero. Che hanno trasformato pomodoro, parmigiano, mozzarella e basilico in altrettanti colori d’italianità. Gli italiani, infatti, portano sempre con sé il bagaglio a mano della cultura gastronomica. Lo dimostra la fiorentissima storia della cucina italiana all’estero, che da qualche secolo sforna ricette nuove e antiche al tempo stesso. Come gli spaghetti with meatballs italoamericani, eredi degli spaghetti alla chitarra con i pallottini abruzzesi e dell’uso delle polpettine negli sformati di pasta del Regno delle Due Sicilie. O come la pizza con le vongole, che non è né una novità né un’assurdità, visto che a metà del Settecento nei vicoli di Napoli, dove la pizza è nata, sul disco lievitato condito con aglio e olio si mettevano alici e arselle. Di fatto, chi emigra conserva e contamina, ricorda e rinnova. Così la tavola tricolore della domenica è ancora oggi un rito, in cui la patria viene rievocata nei pentoloni di ragù e negli odori delle lasagne abbrustolite. Un tempo preparate dalle nonne, oggi acquistate già fatte. Perché se è difficile trovare il tempo per cucinare, in compenso è vitale ricordare, per rinnovare il senso di una identità. Ma in fondo che cos’è davvero l’identità? È proprio la casa dell’anima. E se pensiamo che la parola greca díaita – dalla quale derivano l’italiano dieta, l’inglese diet, lo spagnolo dieta – significa proprio dimora, allora diventa evidente che tutte le cucine italiane, nessuna esclusa, sono le fondamenta della nostra comunità nel mondo. 

La ricetta dal Belgio-Francia: Polenta con carote e piselli

Per tanti immigrati dal Nord Italia in Francia e Belgio, prima e dopo la Seconda guerra mondiale, il cibo quotidiano era la polenta, anche dopo il miglioramento del tenore di vita nei Paesi di arrivo. Il regista del film di animazione sull’immigrazione italiana in Francia Manodopera (2023), Alain Ughetto, ha ricordato che sua «nonna Cesira si metteva a cucinare fin dal mattino: polenta e latte a colazione, polenta e coniglio in umido a mezzogiorno e polenta gratinata al forno la sera». La ricercatrice Leen Beyers ha studiato le abitudini alimentari di tre generazioni di immigrati italiani arrivati in Belgio nell’ambito del protocollo italo-belga del 1946 che prevedeva lo scambio di carbone contro lavoratori da occupare nelle miniere del Paese. Gli immigrati, provenienti dalla Ciociaria, dal Veneto e dall’Emilia, vennero ospitati tutti insieme in una struttura sprezzantemente soprannominata Château des Italiens. Mentre nei giorni di festa gli immigrati del Nord preparavano le lasagne alla bolognese con la besciamella e quelli del Sud le lasagne con le polpette, le uova sode e il pecorino, nei giorni lavorativi tutti mangiavano per lo più polenta. Beyers notò come le donne immigrate più propense ad accogliere elementi della cucina belga come segno di integrazione, avessero inventato il piatto della polenta con le carote e i piselli, ideato a imitazione dello stoemp, un piatto molto diffuso in Belgio, in cui le verdure vengono mescolate con il purè di patate. Simone Cinotto (ph Davide Maestri)

Cuoco Emanuele Frigerio
Impegno Facile 
Tempo 1 ora
Vegetariana

Ingredienti per 10 persone

500 g farina di mais per polenta
150 g piselli lessati
150 g carote
30 g cipolla
olio extravergine di oliva
sale, pepe

Procedimento

Tritate la cipolla e fatela appassire in una padella con 2 cucchiai di olio.
Mondate le carote e tagliatele a rondelle, quindi unitele alla cipolla.
Salate e pepate e cuocete per 2-3 minuti. Unite quindi i piselli, bagnate con un po’ di acqua e fate cuocere per circa 15 minuti.
Preparate la polenta, versando la farina in 1,5 litri di acqua bollente salata. Cuocetela mescolando per circa 45 minuti. Alla fine dovrà risultare piuttosto morbida.
Servitela insieme con le verdure e completate con una macinata di pepe. 

Torta Setteveli: 5 segreti del dolce più premiato (che arriva a Milano)

La Cucina Italiana

La torta Setteveli Vojage

Ispirata a Salomè

Il nome evocativo svela la suggestione che c’è dietro questa voluttuosa torta al cioccolato, definita dai suoi creatori «un viaggio sensoriale nell’universo femminile» e l’hanno descritto come «la danza della bella Salomè: ogni morso evoca emozioni intense che affiorano come il corpo della giovane principessa a ogni velo caduto». Il risultato, spiega Biasetto, «è stato così sbalorditivo da conquistare la giuria cancellando tutti gli assaggi precedenti e tutti quelli successivi alla torta, in un contesto dove il palato dei giudici era sottoposto a tantissime proposte giornaliere e già molto provato».

I numeri della Setteveli

Ci vogliono 2 giorni di lavorazione, 5 persone e 37 ingredienti per questo dolce che dal 1997 conquista i palati degli italiani e non solo. Il costo? «78 euro per una torta da 6 porzioni».

Il cioccolato più raro

«Setteveli per essere perfetta deve soddisfare il mio istinto, in primis sorprendermi. È realizzata con il miglior cioccolato al mondo, quello di una piccola piantagione in Madagascar che ha però una lunghissima persistenza in bocca. Supera il caffè a intensità, ma non copre la nocciola».

Il vino con cui abbinarla (e l’errore da non fare)

«La temperatura del servizio è importante: deve essere estratta dal frigo 24 ore prima: in questo modo i sapori si amalgamano meglio e i profumi si sprigionano. Il miglior abbinamento: il vin da Viajo. Io amo quello di una cantina di Monselice che ne produce 600 esemplari l’anno. I mercanti veneziani commerciavano questo vino dolce già in antichità: lo apprezzo perché è uno dei pochi vini che regge l’intensità del cioccolato. Un errore da non fare? Mangiare la Setteveli quando si è troppo sazi: l’ideale sarebbe a stomaco vuoto e non certo in fondo al pasto».

«A chi è dedicata? Sicuramente a mia moglie Sandra perché è colei che mi ha portato a scoprire l’Italia nella sua bellezza e spontaneità. C’è un’energia qui che si respira in pochi Paesi». 

Luigi Biasetto

Dove trovarla: ora anche a Milano

Per gustarla questi sono gli indirizzi: Padova, Prato o Pieve di Cadore, sede delle pasticcerie dei tre maestri pasticcieri che nel frattempo hanno esteso la propria rete di distribuzione. La pasticceria Beduschi, per esempio, ha una rivendita anche a Firenze. Gianluca Mannori, invece, ha aperto un nuovo negozio, nel 2013, a Sasso Marconi (Bologna). Ora è possibile assaggiare la Setteveli anche a Milano dove ha inaugurato Ai Chiostri Milano una nuova Caffetteria & Lounge nel suggestivo complesso claustrale del XV secolo sede della Fondazione Umanitaria, che da gennaio inaugurerà anche un bistrot con dehors.
Sul bancone torte a fette, plumcake, frolle, i cornetti farciti al momento, ma anche gli iconici
macaron di Biasetto (altra specialità per cui il maestro pasticciere è molto noto) e le sue imperdibili torte moderne, prima tra tutte la Setteveli Voyage. Tra le chicche in menù anche il caffè servito al tavolo con la moka.

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