Mai provato le polpette al panettone? Ci hanno pensato due pasticceri giovani e talentuosi, Marta Boccanera e Felice Venanzi, pasticceri APEI seguiti dal mitico Iginio Massari come mentore. Li trovate nel laboratorio dellapasticceria Grué a Roma, dove oltre a produrre un ventaglio di creazioni fantastiche, hanno anche una parte di ristorazione leggera. Qui è venuto in mente loro di pensare a delle polpette al panettone, una ricetta intelligente e sfiziosa per riciclare il panettone avanzato, che potete replicare a casa facilmente.
Iginio Massari potrebbe essere il nonno di questi due coraggiosi pastry chef che hanno deciso di mollare tutto per dedicarsi alla loro passione, la pasticceria. Seguire il percorso indicato da un mito come il Maestro bresciano è la scelta migliore che potessero fare per la loro carriera professionale, non hanno dubbi. Avevano già conosciuto il Maestro prima ad un corso di pasticceria – Marta ricorda benissimo il primo giorno in cui Massari è entrato in aula, ha scritto con il cioccolato una frase d’auguri e ha sentenziato lapidario «se non saprete fare una scritta del genere non potrete mai essere dei bravi pasticceri, perché questa è la penna del pasticcere» – poi l’hanno convocato come consulente nel 2015. Sono stati 5 giorni davvero intensi, ricordano entrambi, in cui tutti venne rimesso in discussione, soppesato e pesato, tutto l’operato prendendo così la strada del successo che conosciamo oggi. Il primo riconoscimento arriva con il loro panettone al cioccolato Gianduioso, che vince il premio Panettone artigianale al cioccolato migliore d’Italia nel 2018. Da lì in poi, il percorso prende la piega giusta grazie all’esperienza, allo studio, alle prove continue.
In occasione dellaSCIM 2023 – Settimana della Cucina Italiana nel mondo, eccoci a un nuovo capitolo sulla storia della cucina dell’emigrazione, presentata nel progetto deLa Cucina ItalianaI Racconti delle Radici,in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Questa volta vi presentiamo l’articolo di Elisabetta Moro, professore ordinario di Antropologia culturale all’Università di Napoli Suor Orsola Benincasa, titolare presso l’Università di Napoli Federico II dell’insegnamento di Storia della gastronomia dei paesi del Mediterraneo, membro dell’Assemblea dellaCommissione Nazionale Italiana Unescoe direttore delMuseo virtuale della Dieta Mediterranea. Moro esamina il legame profondo con la propria “cucina materna”, instaurando un efficace parallelismo con il linguaggio: come esiste una lingua materna, infatti, così anche una alimentazione, una cucina, una gastronomia che parla il linguaggio dell’anima. Ecco di seguito l’articolo e, poi, una ricetta tratta dal volume realizzato per la SCIM 2023, I Racconti delle Radici.
I colori dell’Italianità – di Elisabetta Moro
«L’uomo è ciò che mangia» ha detto il filosofo Ludwig Feuerbach. Ma quando l’uomo emigra, allora il mangiare diventa la sua casa dell’anima. Le ricette le sue orazioni. I sapori la sua memoria. E la tavola domenicale la linfa che alimenta il suo albero genealogico, riportandolo nel profondo delle radici, ma anche proiettandolo con nuovi rami verso il futuro. Perché il rapporto che gli uomini hanno con l’alimentazione è analogo al rapporto che hanno con il linguaggio. Cibo e parola sono naturali e culturali insieme, e obbediscono a regole parzialmente inconsce apprese addirittura nel periodo prenatale. C’è chi parla in proposito di «alimentazione materna» proprio come si parla di «lingua materna». Perché le prime esperienze alimentari, proprio come quelle linguistiche, lasciano tracce indelebili. E diventano ancora più evidenti nei piatti degli italiani all’estero. Che hanno trasformato pomodoro, parmigiano, mozzarella e basilico in altrettanti colori d’italianità. Gli italiani, infatti, portano sempre con sé il bagaglio a mano della cultura gastronomica. Lo dimostra la fiorentissima storia della cucina italiana all’estero, che da qualche secolo sforna ricette nuove e antiche al tempo stesso. Come gli spaghetti with meatballs italoamericani, eredi degli spaghetti alla chitarra con i pallottini abruzzesi e dell’uso delle polpettine negli sformati di pasta del Regno delle Due Sicilie. O come la pizza con le vongole, che non è né una novità né un’assurdità, visto che a metà del Settecento nei vicoli di Napoli, dove la pizza è nata, sul disco lievitato condito con aglio e olio si mettevano alici e arselle. Di fatto, chi emigra conserva e contamina, ricorda e rinnova. Così la tavola tricolore della domenica è ancora oggi un rito, in cui la patria viene rievocata nei pentoloni di ragù e negli odori delle lasagne abbrustolite. Un tempo preparate dalle nonne, oggi acquistate già fatte. Perché se è difficile trovare il tempo per cucinare, in compenso è vitale ricordare, per rinnovare il senso di una identità. Ma in fondo che cos’è davvero l’identità? È proprio la casa dell’anima. E se pensiamo che la parola greca díaita – dalla quale derivano l’italiano dieta, l’inglese diet, lo spagnolo dieta – significa proprio dimora, allora diventa evidente che tutte le cucine italiane, nessuna esclusa, sono le fondamenta della nostra comunità nel mondo.
La ricetta dal Belgio-Francia: Polenta con carote e piselli
Cuoco Emanuele Frigerio Impegno Facile Tempo 1 ora Vegetariana
Ingredienti per 10 persone
500 g farina di mais per polenta 150 g piselli lessati 150 g carote 30 g cipolla olio extravergine di oliva sale, pepe
Procedimento
Tritate la cipolla e fatela appassire in una padella con 2 cucchiai di olio. Mondate le carote e tagliatele a rondelle, quindi unitele alla cipolla. Salate e pepate e cuocete per 2-3 minuti. Unite quindi i piselli, bagnate con un po’ di acqua e fate cuocere per circa 15 minuti. Preparate la polenta, versando la farina in 1,5 litri di acqua bollente salata. Cuocetela mescolando per circa 45 minuti. Alla fine dovrà risultare piuttosto morbida. Servitela insieme con le verdure e completate con una macinata di pepe.
Pasta: spesso ne consumiamo in quantità eccessive. Un buon escamotage per ridurre le quantità? Aggiungere le verdure. Un piatto di pasta e verdure, infatti, risulta decisamente più saziante e scongiura il pericolo di vedere la bilancia come un’acerrima nemica. Gli 80 grammi canonici non vi soddisfano? Seguite i nostri consigli.
No alle rinunce, sì alle verdure
Quando vogliamo assumere poche calorie però, trasformiamo questo cibo in una sorta di peccato gastronomico, da riservare a chissà quali occasioni. Ma se invece decidessimo di limitare le dosi e il condimento? Dopotutto un regime alimentare equilibrato definisce una razione di circa 80 g a commensale che non sono pochi e nemmeno tanti. Certo questa grammatura non ci presenterà una ciotola piena di “maccaroni al pomodoro” come quella che aveva provocato il golosissimo Alberto Sordi in Un americano a Roma, ma qualche verdura potrebbe aumentare con astuzia il volume della nostra razione, consegnandoci la vista di un piatto abbondante e ricco.
Non solo: le verdure sono ricche di acqua, fibre, sali minerali e vitamine. Riempiono lo stomaco e fanno anche bene. A fronte di un’irrisoria quantità di calorie, hanno un buon indice di sazietà. Abbinare paste. verdure di conseguenza ci permetterà di consumare meno cibo e l’apporto calorico totale del pasto risulterà inferiore
Le verdure, infine, preparano adeguatamente l’ambiente digestivo e facilitano il transito intestinale.
Queste 25 ricette di pasta e verdure, infatti, sono piatti semplici e vegetariani, perfetti per apprezzare appieno la bontà dellapasta alleggerendo l’apporto calorico del pasto. Zucchine,melanzane,peperoni,fave,asparagi,carciofiespinaci, sono perfetti per soddisfare il nostro appetito senza appesantirci. Il consiglio in più è quello di utilizzare poco olio per la preparazione del condimento ed evitare la spolverata finale di formaggio.
I piatti che vi faranno mangiare la pasta a cuor leggero, poi, sono semplicissimi da preparare.
Le nostre 25 ricette di pasta e verdure
Pasta e verdure: 25 ricette per farsi bastare 80 grammi