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10 cibi che devono essere bio per un’alimentazione più sana

La Cucina Italiana

Ciclicamente sentiamo parlare di problematiche della filiera alimentare, dalle malattie degli animali, ai prodotti iper-trattati chimicamente. Insomma è noto a tutti che oggi i prodotti siano sempre più processati da un lato, mentre quelli animali più a rischio contaminazione se provenienti da produzioni intensive. 

Molti consumatori, infatti, oggi, si son avvicinati ad una filosofia alimentare sempre più green e consapevole che prevede un’alimentazione più incentrata su alimenti vegetali, consumando sempre meno carne, pesce e prodotti di derivazione animale, soprattutto provenienti da fiere corte e controllate. C’è chi, poi, ha scelto scelte più radicali come il veganesimo. Insomma per essere più sostenibili con se stessi e l’ambiente si possono fare scelte diverse, ma l’importante è monitorare con attenzione gli alimenti portati a tavola. Perciò è consigliabile scegliere prodotti biologici, privi di pesticidi, fertilizzanti e diserbanti che a lungo andare possono provocare problemi anche seri al nostro organismo. 

10 cibi che dovrebbero essere biologici per un’alimentazione sana

I prodotti da forno o da snack (merendine, gallette, crackers, ecc.) potrebbero contenere tracce di pesticidi anche minimi, ed un utilizzo prolungato rischia di favorirne l’accumulo nel nostro corpo. Meglio, quindi, comprare quelli biologici e controllati

Senza andare troppo lontano anche un alimento sano come la verdura può nascondere delle insidie. Molte verdure infatti vengono coltivate con diversi pesticidi per contrastare i parassiti, non certo un toccasana per il nostro organismo. Meglio quindi virare su verdure biologiche prive di prodotti chimici o comunque affindarsi al contadino di fiducia del mercato che può assicurare una coltivazione priva di chimica.

Occhio anche agli alimenti per bambini, che hanno uno stomaco molto più delicato. In questo caso si può andare sul sicuro con pappine fatte in casa, ovviamente controllando sempre la provenienza dei cibi, oppure scegliere linee di prodotti biologici che lavorano senza conservanti o chimica.

Lo sapevate che la patata è uno dei tuberi maggiormente soggetto all’attacco di insetti e parassiti, quindi riceve numerosi trattamenti chimici? La soluzione migliore è acquistare patate biologiche prive di residui chimici. Lo stesso discorso vale per i peperoni ed i pomodori, le cui bucce hanno una grande capacità di assorbire i pesticidi impiegati nella coltivazione. Meglio, quindi sceglierli di provenienza biologica.

Anche la buccia della pesca ha un’alta capacità di assorbimento di pesticidi, quindi lavarle per bene e sbucciarle non è sufficiente per mettersi al sicuro. É preferibile rivolgersi a produttori certificati che coltivano i prodotti biologicamente.

Un altro prodotto insidioso è il caffè. Infatti anche le piante del tanto amato caffè sono nel mirino dei parassiti, di conseguenza subiscono molti trattamenti chimici. La soluzione? Comprare caffè biologico e “fair trade”

Se siete amanti della la carne un consiglio è di  acquistare prodotti controllati e di provenienza biologica certificata, per essere sicuri che non siano stati utilizzati ormoni per la crescita o altri medicinali, o affidarsi direttamente all’allevatore di fiducia. Anche le uova, il latte, il formaggio è meglio consumarli con certificazione biologica, per essere certi che gli animali non abbiano subito trattamenti ormonali.

Il nuovo modello biologico arriva dalla Danimarca

La Cucina Italiana

Parliamo del modello biologico danese. La Danimarca non ha bisogno di presentazioni: è terra ormai più che nota in ambito ristorativo. Paradossale in quanto 20 anni fa mai si era sentito parlare della Danimarca o Copenhagen come meta gastronomica. Diciamo che non si distingue per la sua biodiversità e varietà di prodotti, sicuramente, però, è una terra che si è fatta conoscere per la sua predisposizione all’innovazione e per la visione al futuro. La prima pietra miliare è stata posta dal New Nordic Kitchen Manifesto, che ha messo nero su bianco i fondamenti dell’alimentazione globale, nonché gli odierni principi base del concetto di sostenibilità alimentare: dalla stagionalità allo spreco alimentare, senza trascurare il benessere alimentare. Chi ha portato in tavola per la prima volta questi aspetti è stato l’illustre Renè Redzepi con il suo Noma a Copenhagen. Di lui tutto si può dire tranne che non sia stato e sia tutt’ora un’avanguardista.

Nelle sue cucine si sono riscoperti ingredienti locali come cacciagione, alghe, muschi, funghi, licheni, bacche selvatiche, insomma tutto quello che concerne il prendere risorse dall’ambiente circostante, come il foraging. Oggi la Danimarca conta 29 ristoranti stellati. E il Noma è stato votato, per ben cinque volte, il miglior ristorante nel mondo nella classifica World’s 50 Best Restaurant. La New Nordic Cuisine ha quindi influenzato il mondo intero, ispirato gli chef di tutto il pianeta e riportato sulle tavole l’uso di prodotti biologici, a km zero, il no waste, la stagionalità e la sostenibilità della cucina. 
Come mai questo fenomeno arriva proprio dalla Danimarca? Quali sono le basi e gli esempi su cui si poggia questo paese?

Questo tema è stato al centro del discorso durante un evento tenutosi a Milano presso Horto Ristorante e organizzato da Danish Agriculture & Food Council, VisitDenmark, il Trade Council della Reale Ambasciata di Danimarca, che hanno portato come modello e caso studio le aziende biologiche Fatdane, Thise, The Good Food Group, Naturmaelk. Una case history internazionale di transizione biologica, oggi uno dei punti di forza dell’alimentare danese, all’avanguardia in un mondo che richiede sempre più prodotti alimentari sostenibili.

Il modello danese per il biologico a cui ispirarsi 

Il successo del modello danese è frutto di diversi interventi applicati da oltre 30 anni. Questo risultato si è ottenuto quindi grazie alla collaborazione tra Stato, produttori, catene di supermercati e aziende alimentari che, insieme, hanno reso accessibili i prodotti biologici, aumentando la domanda dei consumatori. Attualmente il 12% dell’area agricola in Danimarca è coltivata a biologico. Insieme a questo la Danimarca è stato il primo paese al mondo ad aver introdotto regole per la produzione biologica. L’etichetta BIO danese (marcata con la Ø) esiste infatti dal 1989. È così che lo spirito cooperativo accomuna tutti gli attori dell’intera catena del valore.

Coca-Cola si da al tè freddo biologico

Coca-Cola si da al tè freddo biologico

Cos’è e come è nato Honest, il tè biologico creato da Seth Goldman che ha lasciato la finanza per dedicarsi alla sostenibilità

Il tè freddo è uno dei nostri prodotti preferiti dell’estate. Fresco, dissetante e sempre pronto nel frigorifero, è una bevanda a cui siamo molto affezionati sin da quando eravamo bambini. E in un panorama di prodotti storici e squadre pesca contro limone, arriva una novità che promette di dettare nuove regole. A partire dal senso etico. Honest infatti è prodotto utilizzando ingredienti biologici coltivati nel pieno rispetto delle comunità agricole locali e supportando pratiche agricole biologiche che hanno un impatto positivo sull’ambiente e sulla biodiversità. Scelto da Coca-Cola per dissetare i consumatori più attenti, è arrivato sul mercato italiano imbottigliato in vetro riciclabile al 100% in due gusti: limone e fiore d’arancia, lampone e basilico.

Ma a rendere unica questa bevanda è anche la sua storia. Per approfondirla abbiamo incontrato Seth Goldman il co-fondatore del brand che nel 1998 realizzò la prima infusione nella cucina di casa sua con foglie di tè, acqua calda, succhi di frutta biologica e un tocco di zucchero di canna inventando la ricetta che ha convinto Coca-Cola a sostenere il suo progetto.

Sappiamo che Honest è nato nella cucina di casa tua. Raccontaci come è successo e quando hai capito che poteva diventare un prodotto da commercializzare.
«Era l’autunno del 1997 ed ero andato a correre a Central Park a New York. Dopo la corsa ero assetato e quando sono entrato in un negozio per comprare qualcosa mi sono reso conto che non c’era nulla che potesse placare la mia sete – tutte le bevande erano troppo dolci. Mi sono ricordato di uno studio che avevo fatto alla Yale School of Management e di come, con il mio professore Barry Nalebuff, fossimo d’accordo che esistesse un’opportunità di mercato per bevande poco dolci. Ho ricontattato Barry e gli ho detto che ero pronto ad agire. Lui era appena tornato dall’India dove aveva condotto studi sull’industria del te ed era arrivato con il nome Honest Tea – era perfetto! Ho lasciato il mio lavoro nel mondo della finanza e ho cominciato a preparare campioni di te nella cucina di casa mia. Ho portato cinque thermos di te insieme a un’etichetta incollata su una bottiglia di succo all’ufficio acquisti di Whole Food e mi hanno fatto un ordine di 15.000 bottiglie».

Dalla creazione del prodotto all’accordo con Coca-Cola quanto tempo è passato? Hai mai pensato di mollare?
«Ho lanciato l’azienda nel 1998 e Coca-Cola ha investito nella società nel 2008, quindi siamo stati collegati a Coca-Cola più a lungo di quanto non fossimo stati come azienda indipendente. Ci sono stati parecchi momenti difficili, ma non ho mai pensato di mollare – amo troppo questo business e l’impatto che genera».

Negli ultimi anni il mondo del tè ha vissuto un risveglio glamour. Lo abbiamo assaggiato in versione bubble tea, lo abbiamo usato per preparare i cocktail e persino come base per ghiaccioli estivi. Quale pensi sia il futuro di questa bevanda?
«Il te è la seconda bevanda più famosa al mondo (seconda solo all’acqua), così è stato per secoli e così mi aspetto che continui a essere. Il te è straordinariamente versatile  – non conosco una cultura in tutto il mondo che non goda di qualche forma di prodotti botanici fermentati».

Sempre a proposito di futuro. La componente sostenibile di Honest è uno dei suoi punti di forza, che ci avvicina a un consumo consapevole anche quando si parla di prodotti commerciali. Cosa possiamo fare nella nostra quotidianità per amplificare i benefici di questa scelta?
«La cosa straordinaria, e importante, del cibo è che offre a tutti noi l’opportunità di fare scelte consapevoli per l’impatto ambientale. Possiamo andare in bici al lavoro e riciclare i contenitori, ma l’impatto delle nostre scelte alimentari sovrasta questi altri elementi del vivere quotidiano.  Se siamo in grado di offrire ai consumatori alternative buone e a prezzi competitivi ed educarli sull’impatto delle loro scelte senza prediche o facendo leva sui sensi di colpa, miglioriamo di gran lunga la nostra possibilità di essere al loro fianco nel viaggio verso un modo di vivere più salutare e sostenibile».

 

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